Il fantasma senza testa delle Isole Tremiti
di MARIO CONTINO - Le Isole Tremiti sono un arcipelago del mare Adriatico, a 22 km a nord del promontorio del Gargano, che costituiscono il "Comune sparso delle Tremiti" che conta circa 455 abitanti, facente parte della provincia di Foggia.
Il comune, il secondo meno popoloso della Puglia, fa parte del "Parco nazionale del Gargano" e parte del suo territorio costituisce la "Riserva naturale marina Isole Tremiti".
Un importantissimo centro turistico molto frequentato per le sue meraviglie naturali tutto l'anno, uno dei migliori esempi di turismo destagionalizzato della regione Puglia.
L'arcipelago è legato all'eroe Diomede, tanto che in antichità furono conosciute come Isole Diomedee. Furono i romani a denominarle Trimerus, che deriverebbe dal greco trimeros (τρίμερος), ossia "tre posti" o "tre isole". La leggenda racconta che nacquero per mano di Diomede che gettò in mare tre enormi massi (corrispondenti a San Domino, San Nicola e Capraia), portati con sé da Troia e misteriosamente tramutatisi in isole appena avrebbero toccato il fondo del mare. La leggenda vorrebbe che lo stesso eroe fosse morto sulle isole e lì qualcuno avrebbe nascosto il suo corpo, preservandone le spoglie mortali.
Un'altra è però la leggenda che oggi vorrei narrarvi, quella del presunto fantasma che infesterebbe l'isola di Cretaccio, la più piccola delle Tremiti con i suoi 400 m di lunghezza e 200 m di larghezza, quasi uno scoglio: infatti viene chiamata "Scoglio del Cretaccio", sita tra San Domino e San Nicola
Piccola, disabitata e arida, è divenuta nei secoli il palcoscenico perfetto per storie legate a fantasmi, mostri e tesori nascosti, come sempre il folklore ha saputo tramandare queste narrazioni fino ai giorni nostri ed è giusto preservarne la memoria.
La leggenda cita un prigioniero detenuto sulle prigioni isolane in epoche remote, giustiziato per decapitazione, come spesso avveniva ai tempi (alcune versioni della storia citano un'impiccagione sfociata in un' involontaria decapitazione del prigioniero). Da allora, nelle notti ventose che man mano sgretolano l'isola con un' intensa azione erosiva, al suono del vento si mescolano le disumane urla dello spettro.
Alcuni lo avrebbero intravisto, grande ed imponente, intento a muoversi furtivamente tenendo in mano la sua testa che continuerebbe ad emettere urla strazianti. I malcapitati sarebbero stati colti da un profondo terrore, forse rivivendo la stessa paura che un condannato a morte avrà sicuramente vissuto trovandosi faccia a faccia con il boia, con un uomo che giudica e condanna un suo simile, con una legge che spesso si sostituisce a Dio ed alla natura. Anche per questo è importante tramandare le leggende folkloristiche, per far sì che l'uomo non si dimentichi mai gli orrori del passato, e non commetta l'errore di perpetrarli in futuro.
L'arcipelago è legato all'eroe Diomede, tanto che in antichità furono conosciute come Isole Diomedee. Furono i romani a denominarle Trimerus, che deriverebbe dal greco trimeros (τρίμερος), ossia "tre posti" o "tre isole". La leggenda racconta che nacquero per mano di Diomede che gettò in mare tre enormi massi (corrispondenti a San Domino, San Nicola e Capraia), portati con sé da Troia e misteriosamente tramutatisi in isole appena avrebbero toccato il fondo del mare. La leggenda vorrebbe che lo stesso eroe fosse morto sulle isole e lì qualcuno avrebbe nascosto il suo corpo, preservandone le spoglie mortali.
Lo studioso del paranormale Mario Contino |
La leggenda cita un prigioniero detenuto sulle prigioni isolane in epoche remote, giustiziato per decapitazione, come spesso avveniva ai tempi (alcune versioni della storia citano un'impiccagione sfociata in un' involontaria decapitazione del prigioniero). Da allora, nelle notti ventose che man mano sgretolano l'isola con un' intensa azione erosiva, al suono del vento si mescolano le disumane urla dello spettro.
Alcuni lo avrebbero intravisto, grande ed imponente, intento a muoversi furtivamente tenendo in mano la sua testa che continuerebbe ad emettere urla strazianti. I malcapitati sarebbero stati colti da un profondo terrore, forse rivivendo la stessa paura che un condannato a morte avrà sicuramente vissuto trovandosi faccia a faccia con il boia, con un uomo che giudica e condanna un suo simile, con una legge che spesso si sostituisce a Dio ed alla natura. Anche per questo è importante tramandare le leggende folkloristiche, per far sì che l'uomo non si dimentichi mai gli orrori del passato, e non commetta l'errore di perpetrarli in futuro.
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