di FRANZ FALANGA - Le mutazioni esistono da quando è nata la terra e continueranno a presentarsi sull’orbe terracqueo, fino alla fine dei tempi. Ci sono mutazioni verso il basso, quindi negative e mutazioni verso l’alto, quindi positive. Su questo argomento sul quale sto lavorando, le mutazioni elencate saranno quasi tutte negative, non per mia scelta, ma perchè dagli anni cinquanta del 1900, cioè immediatamente dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, la “qualità della vita” (possiamo anche chiamarla “cultura della città”) è andata costantemente peggiorando. Va per intanto detto che la parola “cultura” può essere sostituita dalla parola “mentalità”. Così come la parola “diversità”, a mio parere orribile, dovrebbe essere sostituita dalla bellissima parola “varietà”. Una qualsivoglia mutazione non è percepita nella maniera più assoluta appena comincia a manifestarsi, ci vogliono anni prima di rendersi conto di quello che ci sta capitando intorno. Quando ce ne accorgiamo, i danni sono fatti e le soluzioni non esistono più nel lessico di quella particolare mutazione. Ciò detto, proverò qui di seguito a sottoporvi una particolare mutazione che ho chiamato “Perdita dell’Interfaccia”. La data di partenza è, approssimativamente, il 1950, alcuni anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. La città è Bari che conosco molto bene, ma le cose che racconterò accadevano anche nelle altre città italiane. La mutazione della quale sto parlando, si articola in Italia, tuttavia, a meno di certi coefficienti temporali, potrà riguardare anche il resto della terra.
Agli inizi del 1950, la vita culturale in Italia, vita fatta di relazioni interpersonali sia con singole persone che con gruppi di persone, era molto feconda. Gli spettacoli teatrali, i musical che a quei tempi si chiamavano “Varietà”, i concerti di musica classica e di musica jazz, erano ad alto livello, il teatro colto e il melodramma erano di casa in tutto il territorio nazionale.
Come si sa, in tutti i teatri la parte più alta del sistema dei palchi è chiamata loggione. A Bari veniva chiamata piccionaia. Un grande prova di civiltà era data dagli addetti all’ingresso del loggione del teatro Petruzzelli di Bari. Il pubblico di questa parte alta del teatro era formata per lo più da noi giovani e giovanissime. Ricordo con infinito piacere che le persone preposte a verificare che tutte e tutti fossero forniti di biglietto, vedendoci entusiasti ed estremamente curiosi di assistere allo spettacolo, generalmente ci facevano entrare gratis con una pacca sulla spalla. In quel periodo dunque noi giovani frequentavamo spettacoli di alto livello. Giova ricordare alcune/i protagoniste/i di quella irripetibile stagione culturale. Nel teatro Peppino De Filippo, Valeria Moriconi, Tino Carraro, Tino Buazzelli, Alberto Lionello, Renzo Palmer, nel campo della musica classica ci fu una notevole fioritura di grandi pianisti, cito Arturo Benedetti Michelangeli, Nikita Magaloff, nel campo della musica jazz, Louis Armstrong, Earl Hines, Roman New Orleans Jazz Band; ogni anno poi c’era un’intera stagione operistica dedicata al grande melodramma europeo, nei musical (Varietà) c’era l’imbarazzo della scelta, Nino Taranto, Totò e Anna Magnani, Billi e Riva, Wanda Osiris, Erminio Macario, Renato Rascel, Carlo Dapporto e molte altre compagnie di rivista, per non parlare della Festa della Matricola che si svolse a Bari un mesetto dopo che gli occupatori nazisti erano fuggiti a Napoli. Fu la prima volta, dopo diversi tristissimi anni, che gli abitatori di Bari tornarono a sorridere, perché finalmente scesero tutti nelle piazze nelle strade, sul Lungomare, a via Sparano divertendosi e, a loro volta, facendo divertire.
Finché un giorno, ai primi del 1954, iniziò la straordinaria era della televisione Italiana. Ci vollero pochi mesi perché ormai in tutte le case ci fosse un televisore, così come in tutti gli ambienti pubblici, addirittura nei teatri e nei cinematografi. Contemporaneamente continuavano gli spettacoli teatrali e musicali dal vivo, finchè arrivò un periodo in cui queste ultime attività andarono rarefacendosi sempre di più fino a diventare, da un prodotto culturale per un grandissimo pubblico, un prodotto di nicchia dedicato soltanto a ristretti gruppi di appassionate/i. La maggioranza delle persone cominciava ad interfacciarsi con tutta una serie di eventi “virtuali”, che avevano la grande caratteristica di essere fruiti standosene comodamente seduti nelle proprie case, evitando così serate in teatro, magari d’inverno e così via. I rapporti e le relazioni fra gruppi di persone si ridussero lentamente con gruppi di artisti, con le strutture culturali di una città si ridusse lentamente fino a non avere più la grande diretta partecipazione fisica che, prima dell’avvento della televisione, avevano invece gli abitatori della città.
Eravamo diventati fruitori di accadimenti virtuali che avevano due dimensioni, che erano già preconfezionati, per cui il concetto di contemporaneità temporale andò a farsi benedire. Ormai tutte e tutti avevamo la pappa pronta. La partecipazione diretta, in prime persona, alla vita collettiva della propria città e alla mentalità/cultura della città medesima era ormai ridotta ai minimi termini. Uno dei primi risultati di questa mutazione fu la perdita del piacere della conversazione, dello stare insieme prima durante e dopo gli eventi teatrali, tanto per fare un esempio. Il risultato fu l’avvento di una profondissima solitudine fisica e mentale alla quale tutte e tutti si abituarono rapidamente senza quasi accorgersi di che cosa gli stesse capitando fra capo e collo. La nobile parola “partecipazione”, era diventata obsoleta. Senza che ce ne accorgessimo, stavamo precipitando in una solitudine assolutamente innaturale. I primi segnali di non ritorno furono evidenti inizialmente nello sport. Agli avvenimenti sportivi non si partecipava più direttamente, si stava comodamente in poltrona a “guardarsi” la partita, il match, le gare. Uno dei giochi più belli del mondo, il gioco del calcio, egemonizzò tutta la partecipazione popolare a discapito di altre discipline sportive che divennero così di seconda, terza importanza.
Gli abituali frequentatori delle partite di calcio cambiarono notevolmente le loro caratteristiche esistenziali, da “appassionati” divennero tifosi, con tutto quel che segue. Non dimenticherò mai una mia partecipazione ad una partita di pallone prima che si appalesasse la mutazione. La partita era Casertana-Bari che si svolse a Caserta, nell’immediato dopoguerra. I “sostenitori” delle due squadre erano mescolati fra di loro e la partita oltre ad essere appassionante era anche un gran momento di socializzazione divertita e divertente fra i baresi e i casertani. Uno spettacolo civile come quella partita, all’oggi sarebbe addirittura impossibile, oltre il fatto che nessuno ci crederebbe.
Torniamo ai giorni nostri. La perdita dei rapporti con gli altri da noi, è ormai diventato totalmente coinvolgente, siamo diventati una massa informe di persone che hanno perso la loro individualità e che in più hanno aumentato la loro ferocia. Lo stare insieme, il discutere di politica, di donne, di uomini, di vita culturale, delle stagioni, sono scomparsi. La cosa più terrificante è che questa cloroformizzazione della società contemporanea, è diventata una manna scesa dal cielo perché è stata utilizzata e manipolata da un ceto politico che non è degno dell’aggettivo “politico”. Il ‘politicume’ contemporaneo è ben felice di gestire un parco buoi di diverse decine di milioni di persone. Gli effetti dovrebbero essere sotto gli occhi di tutti, ma così non è, perché questa terribile mutazione ci ha fatto anche perdere la curiosità di sapere come sono andati i fatti. Le persone che più sono state violentemente investite da questa mutazione sono soprattutto le giovani e donne e i giovani uomini. Ahimè.