Una realtà vinicola tutta pugliese: Coppi


di VITTORIO POLITO – Com’è noto il vino è una bevanda alcolica dalla gradazione variabile, ottenuta dalla fermentazione dell’uva, frutto della vite. Esistono diversi tipi di vite, classificati principalmente per la locazione geografica in cui esse crescono e donano all’uomo i propri frutti.

Che la Puglia sia una terra di vini è ormai riconosciuto da tutto il mondo. In realtà i nostri vini raggiungono ogni angolo della terra e spesso sono anche contraffatti, riportando falsamente il marchio “made in Italy”, per gabbare gli sprovveduti e coloro che non leggono attentamente le etichette o non conoscono le aziende veramente italiane che producono il “nettare degli dei”.

Molti furono i testimoni d’eccezione di questa ricchezza, da Plinio a Ovidio, a Marziale, ai quali si aggiunsero Federico II ed altri importanti personaggi che passarono da queste parti dove, sole e terreno favorevoli, hanno contribuito a mantenere solida la tradizione vitivinicola che insieme all’ulivo rappresenta la fortuna della nostra terra.

In Puglia, ad esempio, è realtà dal 1882 un’antica cantina, riportata oggi allo splendore attuale che insiste nel territorio di Turi (Ba), quindi possiamo considerarla “barese” a tutti gli effetti, dotata delle più moderne attrezzature, di ambienti per degustazione, di cucine, dell’affascinante bottaia sotterranea. Il tutto inizia nel 1966 quando il giovane enologo Antonio Coppi inizia a lavorare in questa cantina, che acquisterà nel 1979, realizzando la missione della sua vita, che viene in seguito trasmessa ai figli Lisia, Miriam e Doni. Stiamo parlando dei vini “Coppi”, conosciuti ed esportati in tutto il mondo.

Una visita alla cantina, sempre possibile (dalle 9 alle 13 e dalla 15 alle 18, previo preavviso), consentirà di fare un viaggio nel “Tempio del primitivo”, nel cuore della D.O.C. di Gioia del Colle, nel crocevia della Murgia dei Trulli, e degustare il vino accompagnato da assaggi di tipicità alimentari locali.

La produzione? Dal primitivo D.O.C. Gioia del Colle (Senatore) a quello riserva (Vanitoso), al primitivo I.G.P. Puglia (Don Antonio e Siniscalco), all’aleatico I.G.P. Puglia (Vinaccero), al negroamaro I.G.P. Salento (Pellirosso), alla malvasia nera I.G.P. Puglia (Sannace), alla falanghina I.G.P. Puglia (Guiscardo), alla malvasia bianca I.G.P. Puglia (Serralto), al Rosato I.G.P. Salento (Corè Negroamaro), alla malvasia bianca I.G.P. Puglia -  vino frizzante – (Galà), per finire all’extra dry Salento rosè I.G.P. (Bollicinecherì). Chiaramente parliamo di vini pregiati, da non confondersi con quelli comuni con nomi e qualità simili, che il mercato o i supermercati offrono.

Qualche curiosità.

Nel 1866 Pasteur affermava che “il vino è la più salutare ed igienica di tutte le bevande”. Ed io posso testimoniare che un medico negli anni ’60, in mancanza di acqua, in un ristorante, chiese di lavarsi le mani con una “lacryma christi”, il famoso vino bianco del Vesuvio.

Perché le bottiglie di vino sono da 75 centilitri? Questa unità di misura giunge dall’Inghilterra che misuravano il volume in galloni imperiali. Ogni gallone valeva 4,5 litri. Ogni cassa di vino conteneva 2 galloni, che divisa in 12 bottiglie dà come risultato 75 centilitri ognuna.

Gli ungheresi non finiscono mai il loro bicchiere. Un proverbio, poco noto in Italia ma diffuso all’estero, nasconde la storia di uno dei migliori vini ungheresi: l’Eszsencia. Si trattava di un succo d’uva appena fermentato, dolce, liquoroso e sciropposo tanto che le sue ultime gocce restavano inaccessibili sul fondo del bicchiere, nonostante la voglia di finirlo.

Nel Codice di Hammurabi (1800 a.C.) i reati riguardanti il mondo del vino venivano presi seriamente: i venditori di vino fraudolenti dovevano essere puniti tramite annegamento in un fiume.

Gli antichi greci avevano un bicchiere chiamato “Coppa di Pitagora” creato per garantire che si bevesse con moderazione. Il meccanismo era semplice: se il vino veniva versato sopra un certo livello, automaticamente l’intero contenuto veniva espulso dal fondo. Diabolicamente geniale!

Da non dimenticare che anche le cartellate baresi o pugliesi o i taralli, hanno tra gli ingredienti anche il vino che, grazie ai lieviti presenti nella sua composizione, permette di far lievitare leggermente la pasta. Usanza della tradizione popolare, proveniente da un epoca in cui il vino era più diffuso del lievito.

Cin Cin!