di FREDERIC PASCALI - Ci sono alcune epopee cinematografiche che sono entrate da tempo nell’immaginario popolare costituendone, esse stesse,un tangibile elemento di riconoscimento. È questa una categoria della quale fa parte a pieno titolo “Il pianeta delle Scimmie”. Iniziata nel 1968, giunta al nono capitolo sotto la regia di Matt Reeves, si rinnova in quello che è il terzo atto della trilogia del reboot creato nel 2011.
Il protagonista, ancora una volta, è Cesare, il capo indiscusso di un popolo di scimmie dall’intelligenza notevolmente sviluppata e perennemente in guerra con quel che resta del genere umano, decimato da un virus influenzale derivante dai quadrumani. Un esercito di umani guidati dal famigerato “Colonello” sta completando una grande operazione volta a sterminare le scimmie. Cesare decide che per il suo popolo è giunto il momento di migrare e di lasciare la foresta ma non sa che molti drammi e misteri si annidano dietro l’angolo.
La sceneggiatura, firmata dallo stesso Reeves e da Mark Bomback, cerca il colpaccio e accentua la tragedia calcando la mano sull’elemento della perdita. Un escamotage che serve anche per scavare più a fondo nell’intimo di Cesare, Andy Serkis lo interpreta a pennello, e umanizzarlo senza spogliarlo del tutto dell’aura della sua epica. La fotografia di Michael Seresin vira decisamente sul gotico districandosi, soprattutto nella seconda parte della pellicola, tra una trama che oscilla tra il war movie e il western di frontiera.
Non mancano le citazioni come il passaggio a cavallo sulla battigia del gruppo di Cesare, che ricorda le scene entrate nel mito del primo film con Charlton Heston. Ben studiata e sviluppata,probabilmente sulle orme di un “simile” targato Francis Ford Coppola, è la figura del “Colonello” interpretata da un Woody Harrelson molto carismatico ed efficace.
Quello che non convince in questo “The War” è proprio il finale nel quale il culmine che ci si sarebbe aspettati, dopo la lunga e spettacolare premessa, si risolve con una semplificazione a base di un’overdose di effetti speciali e di dialoghi decisamente scontati.
Il protagonista, ancora una volta, è Cesare, il capo indiscusso di un popolo di scimmie dall’intelligenza notevolmente sviluppata e perennemente in guerra con quel che resta del genere umano, decimato da un virus influenzale derivante dai quadrumani. Un esercito di umani guidati dal famigerato “Colonello” sta completando una grande operazione volta a sterminare le scimmie. Cesare decide che per il suo popolo è giunto il momento di migrare e di lasciare la foresta ma non sa che molti drammi e misteri si annidano dietro l’angolo.
La sceneggiatura, firmata dallo stesso Reeves e da Mark Bomback, cerca il colpaccio e accentua la tragedia calcando la mano sull’elemento della perdita. Un escamotage che serve anche per scavare più a fondo nell’intimo di Cesare, Andy Serkis lo interpreta a pennello, e umanizzarlo senza spogliarlo del tutto dell’aura della sua epica. La fotografia di Michael Seresin vira decisamente sul gotico districandosi, soprattutto nella seconda parte della pellicola, tra una trama che oscilla tra il war movie e il western di frontiera.
Non mancano le citazioni come il passaggio a cavallo sulla battigia del gruppo di Cesare, che ricorda le scene entrate nel mito del primo film con Charlton Heston. Ben studiata e sviluppata,probabilmente sulle orme di un “simile” targato Francis Ford Coppola, è la figura del “Colonello” interpretata da un Woody Harrelson molto carismatico ed efficace.
Quello che non convince in questo “The War” è proprio il finale nel quale il culmine che ci si sarebbe aspettati, dopo la lunga e spettacolare premessa, si risolve con una semplificazione a base di un’overdose di effetti speciali e di dialoghi decisamente scontati.