SVIZZERA - Mentre l'Italia si batte a livello globale per garantire accoglienza e per dimostrare alla comunità internazionale di riuscire a continuare ad essere un Paese solidale, nonostante i fenomeni migratori di massa, a differenza di altri che si chiudono sempre più in sé stessi, nella vicina Svizzera persino gli studenti italiani rischiano di essere espulsi.
A corroborare tale tendenza una sentenza del Tribunale federale (TF) pubblicata in data odierna, che ha confermato la decisione amministrativa della sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni ticinese, poi quella del Consiglio di Stato ed infine quella del Tribunale amministrativo cantonale, nei confronti di una 26enne studentessa italiana con permesso di dimora rilasciato in Ticino nel 2014 e non rinnovato nell'agosto del 2016 poiché "non fruiva più dei mezzi finanziari necessari per il proprio sostentamento". Ora la giovane dovrà lasciare la Svizzera nonostante la sua battaglia per vedersi riconosciuto il diritto a permanere nel territorio elvetico per proseguire gli studi.
La studentessa, in Ticino per ottenere un Bachelor, dal giugno 2016 percepiva infatti prestazioni assistenziali assieme al padre presso il quale alloggiava. Per questo motivo la sezione della popolazione le aveva negato il rinnovo del permesso. La 26enne nel suo ricorso al Tribunale federale lamentava in particolare il fatto che il mancato rinnovo le "precluderebbe la possibilità di portare a termine la propria formazione universitaria".
Tuttavia, ha osservato il massimo organo giurisdizionale svizzero, "un suo rientro in Italia non dovrebbe nuocere ai suoi studi dato che dovrebbe averli già terminati siccome doveva sostenere la tesi di Bachelor nel mese di febbraio 2017". Anche in caso contrario, aggiunge il tribunale supremo, "un trasloco nella fascia di confine le permetterebbe comunque di continuare la formazione iniziata in Svizzera". Infine, la giovane lamentava che "l'allontanamento dal padre pregiudicherebbe in modo inammissibile i propri equilibri familiari". Tuttavia anche in questo caso i giudici di Losanna spiegano che la ricorrente, oltre ad essere maggiorenne, "non ha preteso né dimostrato che si trova in uno stato di qualificata dipendenza dal padre".
Per questi motivi il Tribunale Federale ha, quindi, respinto il ricorso della studentessa ponendo a suo carico 1.000 franchi di spese giudiziarie e invitandola, di conseguenza, a lasciare la Svizzera. Una decisione che farà discutere, rileva Giovanni D’Agata presidente dello “Sportello dei Diritti”, e che palesa il diverso atteggiamento che hanno gli Stati nazionali “civilizzati” anche nel Vecchio Continente nei confronti del fenomeno migratorio, che si rivela ancor più assurda se si riflette che va a colpire una giovane studentessa ed il diritto universalmente riconosciuto a favorire l'istruzione e la cultura anche per coloro che non sono cittadini del paese in cui si è scelto di affrontare un percorso di studi.
A corroborare tale tendenza una sentenza del Tribunale federale (TF) pubblicata in data odierna, che ha confermato la decisione amministrativa della sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni ticinese, poi quella del Consiglio di Stato ed infine quella del Tribunale amministrativo cantonale, nei confronti di una 26enne studentessa italiana con permesso di dimora rilasciato in Ticino nel 2014 e non rinnovato nell'agosto del 2016 poiché "non fruiva più dei mezzi finanziari necessari per il proprio sostentamento". Ora la giovane dovrà lasciare la Svizzera nonostante la sua battaglia per vedersi riconosciuto il diritto a permanere nel territorio elvetico per proseguire gli studi.
La studentessa, in Ticino per ottenere un Bachelor, dal giugno 2016 percepiva infatti prestazioni assistenziali assieme al padre presso il quale alloggiava. Per questo motivo la sezione della popolazione le aveva negato il rinnovo del permesso. La 26enne nel suo ricorso al Tribunale federale lamentava in particolare il fatto che il mancato rinnovo le "precluderebbe la possibilità di portare a termine la propria formazione universitaria".
Tuttavia, ha osservato il massimo organo giurisdizionale svizzero, "un suo rientro in Italia non dovrebbe nuocere ai suoi studi dato che dovrebbe averli già terminati siccome doveva sostenere la tesi di Bachelor nel mese di febbraio 2017". Anche in caso contrario, aggiunge il tribunale supremo, "un trasloco nella fascia di confine le permetterebbe comunque di continuare la formazione iniziata in Svizzera". Infine, la giovane lamentava che "l'allontanamento dal padre pregiudicherebbe in modo inammissibile i propri equilibri familiari". Tuttavia anche in questo caso i giudici di Losanna spiegano che la ricorrente, oltre ad essere maggiorenne, "non ha preteso né dimostrato che si trova in uno stato di qualificata dipendenza dal padre".
Per questi motivi il Tribunale Federale ha, quindi, respinto il ricorso della studentessa ponendo a suo carico 1.000 franchi di spese giudiziarie e invitandola, di conseguenza, a lasciare la Svizzera. Una decisione che farà discutere, rileva Giovanni D’Agata presidente dello “Sportello dei Diritti”, e che palesa il diverso atteggiamento che hanno gli Stati nazionali “civilizzati” anche nel Vecchio Continente nei confronti del fenomeno migratorio, che si rivela ancor più assurda se si riflette che va a colpire una giovane studentessa ed il diritto universalmente riconosciuto a favorire l'istruzione e la cultura anche per coloro che non sono cittadini del paese in cui si è scelto di affrontare un percorso di studi.
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