CHIESA. San Dana 'capitale' dei popoli in cerca di pace


di FRANCESCO GRECO - Alle 6 e mezza della sera, il sagrestano Antonio suona le campane a festa: Sua Eminenza il Cardinale Ernest Simoni è arrivato da “Finibus Terrae” e col Vescovo della Diocesi Ugento - S. Maria di Leuca, Monsignor Vito Angiuli, sosta in preghiera alla “Croce”. Così la gente di San Dana da secoli chiama lo slargo 400 metri a sud dov’è stata eretta una stele che ricorda il martirio del giovane diacono Dana. III secolo, agli albori del Cristianesimo: per difendere l’Ostia Sacra che dal Santuario portava ai contadini del villaggio, accettò il martirio a colpi di pietre.
Il caldo tropicale concede una piccola tregua: un alito di tramontana fruga fra gli ulivi secolari del paesaggio e rinfresca la piccola folla assorta. Ad accoglierlo Padre Gino Buccarello, Ministro Provinciale dell’Ordine dei Trinitari e i diaconi, il sindaco della città di Gagliano (San Dana e Arigliano sono le frazioni), Carlo Nesca, il maresciallo dei Carabinieri Giuseppe Corvaglia, il comandante dei Vigili Urbani, maresciallo Salvatora Nutricati.

La Storia è bizzarra e, corsi e ricorsi, a volte ci stupisce con i suoi déja-vù. E’ lo stesso tragitto che fece San Dana. Le parabole esistenziali sono sovrapponibili anche nel martirio: nel “secolo breve”, secondo dopoguerra, poco più che ventenne, il Cardinale di Scutari (è del 1928), fu condannato a morte e imprigionato dal regime stalinista di Henver Hoxia. In carcere fu accusato di una sommossa con cui non aveva a che fare. A sua discolpa disse: “Prego per tutti, anche per i tiranni…”. La pena gli fu commutata in 25 anni di lavori forzati, cinque degli altri religiosi furono fucilati.

Intanto, sul piazzale della chiesa, i musicanti della banda di Gagliano accordano gli strumenti, don Rocco Frisullo, capo del cerimoniale del Vescovo (il 6 agosto ha compiuto gli anni), dà le ultime istruzioni a ministranti e chierici, Padre Angelo (OFM di Scorrano) inizia la recita del Rosario. Le donne del comitato–festa guidate dalla signora Pietrina Cagnazzo, instancabile, da mesi lavorano affinchè il paese faccia bella figura in questo appuntamento con la Storia.

Dall’afa spunta una signora vestita di rosso, un sorriso dolce e sincero: è la dottoressa Maria Ligorio (dieci anni di volontariato in Colombia), giunge da Roma in rappresentanza della Fondazione Internazionale “Papa Clemente XI - Albani” (il solo Pontefice di origine albanese) e del suo presidente, l’onorevole Zef Bushati, già ambasciatore (intorno al 2000) presso la Santa Sede e fondatore del partito “Alleanza Democristiana”. Le sue prime foto e riprese audio dell’evento, via whatsapp, giungono già a Tirana e in tutta l’Albania in tempo reale. Grazie a San Dana, che veniva dall’altra sponda, Valona, i due Paesi sono ancora più vicini.

Accolta da una marcia gioiosa, la carovana giunge dalla “Croce” alle 18.45. I fotogafi sono appostati sui tetti delle case e della chiesa. Il passo del Cardinale è giovanile, sicuro, ha carisma, un’energia dolce invade la piazza: la gente lo guarda con tenerezza e gioia, come una persona che si conosce da sempre e che torna a trovarci. Le signore han messo i loro abiti più belli, i vecchi si sono fatti accompagnare in auto e hanno preso posto un po’ confusi nel ruolo di protagonisti, i bambini fanno “Ohhhh!” e guardano a bocca aperta, i social portano le immagini ai parenti lontani: la bellezza del nostro tempo 2.0 .

Sua Eminenza (Papa Francesco lo nominò a novembre 2016) e il Vescovo sostano inginocchiati in preghiera nella deliziosa chiesa intitolata al Santo Patrono. Escono e la piccola processione aperta dal crucifero muove verso il palco, il coro intona il primo canto, l’aria brilla di luce pura.

Alle 7, puntuale, inizia la messa. Il Cardinale prende posto a destra del palco. Il Vicario del Vescovo, Mons. Beniamino Nuzzo, è attento a che tutto proceda da protocollo, come in effetti accadrà. Padre Pasquale Pizzuti, che regge la parrocchia, è il più emozionato. Don Luigi Bonalana pare soffrire il caldo: il sole è ancora alto nel cielo alle loro spalle e lancia potenti fulgori prima di bagnarsi dolcemente nel mare di Gallipoli. Parterre: lo storico Antonio Biasco (è sua l’idea della cittadinanza onoraria di Gagliano al Cardinale, cerimonia fissata il 9 agosto alle 10), il vicesindaco Pieranna Petracca, il consigliere Francesco Ciardo (M5S), altri di maggioranza e minoranza.

Monsignor Angiuli traccia il concept dell’evento: “L’Albania ha costruito la sua fede sul sangue dei martiri, che come San Dana hanno testimoniato la loro vita per Cristo. Sua Eminenza rappresenta la forza della fede di un intero popolo fedele a Cristo nonostante le persecuzioni”.
L’eloquio del Cardinale è sofferto, vibrante. Premette: “Ho accettato con gioia l’invito di Sua Eccellenza e di questo popolo”. Aggiunge le tre parole che ispirano la sua missione pastorale: “Generosità, accoglienza, amore”. Dice: “La croce protegge da ogni male. Gesù dona la salvezza a tutti i popoli… E’ la speranza finale di tutta l’umanità, perché in Gesù siamo immortali…”. Alla fine, emozionato, accetta il dipinto del Santo realizzato dai ragazzi diversamente abili del Centro di Riabilitazione di Gagliano (che i Trinitari mandano avanti da decenni).


Le prime ombre della sera mediterranea sensuali avvolgono la folla come un morbido abbraccio materno. Guidata da una maestosa luna piena sorta dal mare dinanzi a Valona, come in un dipinto di Ciardo, una processione gaia e sudata percorre, col passo languido di chi non dà importanza al tempo, le strade del paese. Le luci delle case sono accese in segno di saluto. Dietro al Santo un melting-pot di etnie, lingue, culture che si intrecciano nell’aria: gli arabi, gli asiatici, i neri, l’est europeo (Padre Luca Cirimotic): un “ponte” che unisce tutti i popoli, che abbatte i muri, anche quelli dentro di noi.

A un certo punto finiamo tra i campi odorosi di fieno, i pergolati di uva nera Gerusalemme, nel buio cantano le cicale. Il mare che ci separa dall’Albania dona alla folla il suo respiro caldo, denso di umori e memorie. Quando si ritorna in piazza il Santo è accolto dall’incendio della chiesa e i bambini fanno di nuovo “Ohhh!”.

Sua Eminenza non pare affaticato, anzi. In chiesa prende di nuovo la parola per ammonire: “Pregate, pregate molto… Senza stancarvi mai: io prego due ore al giorno…”. E solo la preghiera può avergli dato la forza di sopravvivere al suo calvario, fino al 1990, dopo 25 lunghissimi anni, oltre a una fede dura come il diamante, mentre vedeva andare a morte i confratelli, come i laici, i migliori intellettuali del Paese delle Aquile sfatto dall’ortodossia ideologica. La gente lo circonda, lo stringe in un abbraccio colmo d’affetto e tenerezza, ormai lo ha “adottato”, lo considera il “suo” Cardinale, come se fosse un vecchio amico, uno di famiglia tornato in visita dopo un po’ di tempo. C’è chi ha gli occhi lucidi: l’emozione è forte. Qualcuno parla di “miracoli”, altri di “santità”.

Si sposta nell’angusta sagrestia, la folla sudata si avvicina pudica, lo saluta, gli sfiora la mano, gliela bacia: il suo sguardo è timido ma fermo, il sorriso dolce: tanta sofferenza lo ha reso più forte. Vecchi e giovani, contadini neri di sole e giovani signore, bambini bellissimi, un’anziana suora balbetta qualcosa. Un bagno di folla. Da vicino ha l’aria di un curato di campagna. Non si stanca mai, andrebbe avanti ancora per ore. Non vogliono lasciarlo andare, ormai lo “vivono” come uno del paese: resterà sempre nei loro cuori.


È la cronaca del 6 agosto 2017, di una giornata speciale, meravigliosa, in cui la sofferenza di un uomo della Chiesa Universale venuto dall’altra sponda è stata offerta al mondo e a tutti gli uomini di buona volontà come testimonianza viva di fede e si è trasfigurata nella metafora della speranza, perché “Gesù salva tutti i popoli”, ma letta anche come riflessione sull’importanza del dialogo, il confronto, nel rispetto di identità e diversità, della convivenza pacifica di un reciproco arricchimento. E infatti la mission del Cardinale abbraccia tutta la terra (è in calendario un incontro col Presidente Sergio Mattarella).

Nel giorno in cui in una chiesa della Nigeria scorre ancora il sangue dei cristiani a opera dell’Islam guerrafondaio, e mentre l’Ordine dei Trinitari pensa a un convegno mondiale sui “martiri” di questo secolo (forse in autunno a Gagliano), in una giornata intensa, che è già nella storia e tramite i social corre per le contrade del mondo, da San Dana, piccola Davos del Mediterraneo parte un messaggio forte e chiaro all’umanità affinché la ricchezza interiore dell’animo umano non sia più oltraggiata e viva arda la fiamma della speranza di un mondo di pace.
I “fuochi” infine illuminano la notte profumata di sale fra il Salento e l’Albania e suggellano un evento di cui ai posteri si potrà dire: “Io c’ero…”. Buonanotte, San Dana!

(photo credit: Orazio Coclite)