di FREDERIC PASCALI - Parafrasando uno dei titoli più noti della filmografia di George Romero, il maestro americano dell’horror recentemente scomparso, pare che l’estate dei “Movie Teen Viventi” non debba aver mai fine. Lo conferma la pellicola diretta da Ry Russo-Young, giovane regista newyorkese, che riadatta il romanzo di Lauren Olivier, “E finalmente ti dirò addio”, imponendoci l’interrogativo su quale possa essere il modo più giusto per affrontare il proprio ultimo giorno in vita.
La risposta è affidata alla storia di Samantha Kingston, un’adolescente americana che il giorno in cui nel suo liceo si festeggia la festa dei cupidi e lei ha in mente di consumare la sua prima volta con Rob, il fidanzato da tutti ammirato, viene raggiunta, esattamente 39 minuti dopo la mezzanotte, dal Destino che ne ha programmato la morte in un incidente stradale con le amiche del cuore. Ma la vita non finisce e ricomincia esattamente nello stesso “ieri”. Sam è prigioniera del suo ultimo giorno e deve trovare il modo di liberarsene.
“Prima di domani” seppur si muova in un ambito già ampiamente battuto, dall’idea del poter morire/non morire, alla figura di Julie, che sembra ispirarsi alla “Carrie” di Brian De Palma, fino all’uso della voce off di Sam che ripercorre un po’ l’effetto del sempiterno “Viale del tramonto”, mantiene una propria identità definita . La sceneggiatura di Maria Maggenti e Gina Prince-Bythewood sviluppa il suo punto di svolta decisivo nella “consapevolezza” come unica fonte di salvezza per la protagonista, un’ottima Zoe Deutch, che così compie un mirabile processo salvifico di maturazione.
Si lascia il passato racchiuso nel presente per un futuro che forse non è soltanto un addio, con la descrizione delle emozioni che si disegna in punta di piedi, senza troppi acuti. In tal senso appare efficace la fotografia di Michael Fimognari che alla luce assegna il compito di sottolineare la claustrofobia del racconto senza mai deragliare in eccessi di sorta, con il tempo che diventa un apparato non più intangibile ma una costruzione definita dal pulsare digitale del proprio smartphone.
La risposta è affidata alla storia di Samantha Kingston, un’adolescente americana che il giorno in cui nel suo liceo si festeggia la festa dei cupidi e lei ha in mente di consumare la sua prima volta con Rob, il fidanzato da tutti ammirato, viene raggiunta, esattamente 39 minuti dopo la mezzanotte, dal Destino che ne ha programmato la morte in un incidente stradale con le amiche del cuore. Ma la vita non finisce e ricomincia esattamente nello stesso “ieri”. Sam è prigioniera del suo ultimo giorno e deve trovare il modo di liberarsene.
“Prima di domani” seppur si muova in un ambito già ampiamente battuto, dall’idea del poter morire/non morire, alla figura di Julie, che sembra ispirarsi alla “Carrie” di Brian De Palma, fino all’uso della voce off di Sam che ripercorre un po’ l’effetto del sempiterno “Viale del tramonto”, mantiene una propria identità definita . La sceneggiatura di Maria Maggenti e Gina Prince-Bythewood sviluppa il suo punto di svolta decisivo nella “consapevolezza” come unica fonte di salvezza per la protagonista, un’ottima Zoe Deutch, che così compie un mirabile processo salvifico di maturazione.
Si lascia il passato racchiuso nel presente per un futuro che forse non è soltanto un addio, con la descrizione delle emozioni che si disegna in punta di piedi, senza troppi acuti. In tal senso appare efficace la fotografia di Michael Fimognari che alla luce assegna il compito di sottolineare la claustrofobia del racconto senza mai deragliare in eccessi di sorta, con il tempo che diventa un apparato non più intangibile ma una costruzione definita dal pulsare digitale del proprio smartphone.