di FRANCESCO GRECO - “Mia dolcissima Noretta, puoi comprendere come passi ore e ore a immaginarvi… immaginare cori di angeli che mi conducano dalla terra al cielo…credo di essere alla conclusione del mio calvario…”. Aldo Moro scrive alla moglie, i figli, il partito, la politica, Paolo VI. E’ un uomo solo con se stesso, amareggiato, a tratti disperato, ma lucido, costretto a un bilancio degli affetti e dei percorsi politici. Sa che la fine incombe: il partito della fermezza soffoca la debole voce della trattativa dello Stato con le Brigate Rosse. Facile ricordare che 3 anni dopo (1981), lo Stato tratterà con la camorra (Raffaele Cutolo) per liberare Ciro Cirillo (consigliere Dc in Campania) e, per lo storytelling, pure con la mafia dopo le stragi inizi anni ‘90.
La koinè è immaginifica, come se la tragedia si fosse già compiuta: “Mi è stato promesso che restituiranno il corpo… Speriamo che si possa…”. Si interroga sul dopo: “Vorrei capire con i miei piccoli occhi mortali come ci si vedrà dopo. Se ci fosse luce, sarebbe bellissimo…”. Scoraggia il figlio Giovanni dalla carriera politica: “Vi sono fattori irrazionali che creano situazioni difficilissime . Sarei più tranquillo se non ti avviassi su questa strada. Io volentieri tornerei indietro… Sii prudente, saggio…”.
D’improvviso ridotto al rango di recluso, lo statista dice grandi verità, concetti alti, nobili, tanto che i politici, per negarle, con ferocia, col coro greco si chiedono: “Matto? Drogato?”. Citazione da Mosca anni Trenta: anche lì i savi “impazzivano” e la condanna al gulag era senza appello.
Pregava molto, Moro: ogni giorno recitava il rosario. La fede gli fu di conforto nell’accettare una “prova assurda e incomprensibile”. Non si sa quante lettere scrisse: i br gliele le strappavano. Da escludere però che lo abbia fatto sotto dettatura: i carcerieri non si rivelano all’altezza del suo genio politico: appaiono balbettanti, smarriti.
A quasi 40 anni da quella tragedia greca (e italiana), molti ancora i misteri: chi e dove lo hanno ucciso? E’ vero che le Br lo “cedettero” alla banda della Magliana? E che furono eterodirette, dalla politica e dall’estero? C’è ancora qualche protagonista vivo?
Un fatto è certo: per la “politica inconcludente” è più scomodo oggi che da vivo. Imbarazzati i politicanti si girano dall’altra parte: l’omicidio che lacerò la fragile democrazia italiana è ancora un nervo scoperto della storia patria, più si tenta di rimuoverlo più lo strappo si allarga, la ferita sanguina.
Attualizza il rapimento e l’assassinio (16 marzo-9 maggio 1978) “La verità nascosta”, opera da camera in 4 episodi per baritono, coro cameristico (come nelle tragedie classiche), strumenti a percussione e pianoforte del leccese Biagio Putignano (premiato col “Velasquez”): “E’ un’idea che avevo da anni – confida il maestro – penso che il compositore deve ritrovare il suo ruolo sociale, testimoniare le storie del suo tempo anche per evitare che si dimentichi”.
In scena, frammenti dalle “Lettere della prigionia” dello statista di Maglie selezionate da Enzo Quarto e rese organiche, teatrali da Putignano (insegna al Conservatorio di Bari) che propongono, intrecciati, il Moro pubblico e l’uomo privato che si cruccia perché non potrà portare i nipoti ai giardinetti. Più privato che politico: “Vorrei avere la fede che avete tu e la nonna… Morirei felice, se avessi un cenno di una vostra presenza… Ci rivedremo, ci ritroveremo… (alla moglie) Sei stata la cosa più importante della mia vita…”.
Lo spettacolo è andato in scena il 9 maggio al “Paisiello” (Lecce) e il 17 al “Garibaldi” (Bisceglie). Sold out: la ferita è sempre aperta nell’immaginario collettivo. Commozione, lacrime, silenzio, furore.
A settembre sarà riproposto in altre location (scuole?). Il Vaticano è interessato: è in corso la causa di beatificazione (postulatore Nicola Giampaolo). C’è un contatto anche con un editore tedesco, Graus di Berlino.
Particolare che pone ispidi interrogativi: né a Lecce né a Bisceglie si è visto un politico che fosse uno: da Maglie, Lecce o Bari. Una fuga all’italiana. Con i social nessuno può dire non lo sapevo. Si sono inventate scuse amene: il burraco al circolo, le coliche violente. Perfino Gero Grassi, che gira col santino di Moro in tasca, ha marcato visita. Quarto poi invece si è assurdamente autoboicottato: il Tg Puglia non ne ha fatto cenno. (“Tàciti i migliori amici…”, il coro). E meno male che ha incontrato più di una volta la signora Eleonora.
“Centinaia di parlamentari volevano votare contro il governo. E ora nessuno si pone un problema di coscienza? Accetto con stupore, con amarezza, con angoscia quello che accade… Ricevo come premio la condanna a morte… Non assolverò, non giustificherò nessuno… Con il mio è il grido della mia famiglia ferita a morte, chiedo che ai miei funerali non partecipino né Autorità dello Stato né uomini di partito…” (Moro alla classe politica di ieri, i degni eredi oggi sono impegnati nel kamasutra per una ricandidatura).
“Moltissimi amici non si sono mossi come avrebbero dovuto… sono diventati così timidi?”. Come leggere la “diserzione”? Incapacità di rapportarsi a un dramma umano e politico? Sensi di colpa perché i politici lo immolarono abbandonandolo al suo destino per salvarsi come casta? Pigmei davanti a un gigante della Storia? In platea c’era solo il senatore della Dc anni Ottanta Giorgio De Giuseppe, un politico per bene, di un’altra razza e storia. Un gigante a sua volta.
Un’ora di emozioni profonde, che lascia il pubblico attonito, silenzioso. Qualcuno piange. Putignano sarà il 10 ottobre ad Ascoli Piceno con un’opera buffa tratta da un testo di Valeria Parrella, forse scriverà qualcosa su Renata Fonte. Credits: Aldo Moro (Stefano Stella, baritono), due brigatisti (Gianluca Carrisi, Daniela Guercia). Coro Cameristico del Consevatorio “Niccolò Piccinni” di Bari: Federica Altomare, Erika Mezzina, Lucrezia Porta (soprani), Anastasia Abryutina, Rosa Angela Algenga, Anna Cimarusti (contralti), Giovanni De Bari, Li Sijie, Xiang Wenpeng (tenori), Angelo Congedo, Cao Péiyun, Geng Zihao (bassi). Ensemble strumentale: Edoardo Parente (vibrafono e altre percussioni), Niccolò Fino (Marimba e temple blocks), Lorenzo Putignano (pianoforte). Direttore M° Filippo Lattanzi. Direttore del Coro: M° Emanuela Aymone. Regia di Deborah De Blasi. Sipario!
un immenso Grazie a Biagio Putignano, per aver immortalato con la sua opera una delle più grandi Ingiuste Tragedie della politica italiana. Molti italiani, fin dal primo momento, non hanno mai creduto nella favola delle BR come unico mandante nell'esecuzione di questo delitto. Ma oggi non ha più senso chiedersi chi l'ha ucciso, oggi abbiamo il dovere morale di ricordare quest'uomo, la sua intelligenza, il suo buon cuore, il suo coraggio. Biagio Putignano ci è riuscito benissimo. Sono convinto che quest'opera piacerà sempre di più
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