Gagliano, storie di straordinaria emigrazione
Figlio di contadini (il padre metteva a dimora le vigne, rimondava gli ulivi, l’inverno lavorava nei frantoi come “nachiru”), ultimo di 6 figli (4 maschi e due donne), il ragazzo trovò lavoro in un albergo a Thun (vicino Berna). Ricorda: “Le pentole da lavare erano più alti di me…”.
La prima difficoltà è sempre la lingua: “L’italiano lo sapevo a stento”. Oggi invece lo parla benissimo, e anche inglese, tedesco, spagnolo e francese: “Gli altri andavano in discoteca, io sgobbavo sui libri…”.
Step dopo step, sacrifici, buona educazione e disponibilità, dalla cucina è passato alla sala, e infine è diventato direttore di un albergo a 5 stelle che ospitava anche una rassegna jazz e i concerti di star internazionali, fra gli altri hanno cantato Liza Minnelli, Harry Nilsson, Barry White, ecc.
Oggi Mario è in pensione per problemi di salute. Sulle sue stesse orme, il figlio Vincenzo, che ad appena 30 anni dirige 5 alberghi nella zona di Berna e Zurigo (molto apprezzata la sua professionalità, anche dall’Ambasciatore d’Italia).
Storie di straordinaria emigrazione. Questi sono gli uomini migliori, i più coraggiosi, che con le loro vite di successo danno lustro all’Italia, e da mezzo secolo mantengono la nostra economia attraverso le rimesse.
Stimati e rispettati all’estero, i nostri emigranti spesso sono però maltrattati nel paese dove sono nati. Ora, che persone come queste, a cui occorrerebbe fare un monumento, quando tornano in ferie al paese dove sono nati, siano trattati con una certa ruvidità, fa star male noi che qui ci viviamo tutto l’anno. Piccoli episodi come questo avvenuto a Gagliano, che raccontiamo.
Chi conosce la città del pittore Vincenzo Ciardo e l’arcivescovo Francesco De Filippis sa che il sabato, giorno di mercato settimanale, il traffico impazzisce e trovare un parcheggio è un’impresa ardua. Mario lo aveva trovato in piazzetta Falcone e Borsellino, ma in Italia c’è sempre da spostare una macchina, ma Ciardo non può farlo perché impedito dall’auto parcheggiata accanto .
Così l’occasione diventa motivo di conflitto con un vigile trimestrale forse un pò troppo fiscale, che non vuol sentire ragioni e che gli fa una multa. “Sono stato minacciato e umiliato”, dice Ciardo, che chiede l’invio del verbale in Svizzera, dove risiede, per sentirsi rispondere: “Sei un emigrante, non hai diritto a questa agevolazione”. Strano: gli emigranti pagano le tasse anche qui e non hanno diritto a nulla? “L’auto è svizzera, ma io sono italiano”, aggiunge l’emigrante.
A questo punto i toni si alzano di qualche decibel. “Sono stato minacciato di passare tutte le ferie a piedi e di andare a Galatina (dove c’è il deposito delle auto sotto sequestro, ndr) a riprendermi l’auto…”. Una piccola folla si raduna nella piazzetta. Non resta che il pagamento immediato . Ciardo in quel momento non ha denaro addosso, chiede educatamente di andare a casa a prendere l‘importo, permesso accordato: il vigile gli dà 5 minuti per andare, a piedi, ovvio, perché “da qui l’auto non si sposta”, precisa.
Così non resta che chiedere un piccolo prestito ai conoscenti, e dopo qualche tentativo andato a vuoto, una zia dell’emigrante glielo fa. Multa saldata. “Caso” chiuso. Ciardo ne parla prima col comandante dei vigili, poi vorrebbe informare anche il sindaco, ma nonostante le sue assicurazioni, non ci riesce: “Capisco che ha problemi più seri, ma mi sarei aspettato un minimo di disponibilità… Gli avrei chiesto la spiegazione di tanto accanimento”.
Il “caso” è chiuso, l’amarezza tanta: a ottobre Ciardo tornerà con la moglie in Svizzera, a badare ai nipotini. Lì, in terra straniera, lo tratteranno come si conviene a un ex direttore d’albergo che si è fatto da solo, col duro lavoro e tanti sacrifici. Un episodio poco edificante. Ci si chiede se sia il modo giusto di relazionarsi con i cittadini, nello specifico, chi con le rimesse tiene su la fragile economia del territorio.