di BEATRICE GALLUZZO - Uber, l’innovativa e fortunata app che fornisce taxi a prezzi concorrenziali in praticamente ogni angolo del globo, pare abbia esaurito il suo tempo tra le strade della capitale inglese, dal momento che la Transport for London, l’agenzia dei trasporti di Londra, non ha rinnovato la concessione del servizio alla compagnia nata nella Silicon Valley nel 2009. Dire addio a Londra non è una perdita da poco: nella sola capitale inglese l’app di trasporti aveva ben 400.000 autisti, per 3 milioni e mezzo di clienti. La speranza è che forse in questo divorzio non consensuale si possa arrivare a una riconciliazione tardiva, in quanto la concessione scadrà effettivamente il 30 settembre, e l’azienda ha 21 giorni di tempo per presentare ricorso e comunque continuare a trasportare i Londoners che usufruiscono dei taxi della compagnia a marchio Uber.
Il sindaco della capitale, Sadiq Khan ha supportato pienamente la decisione di TfL. “Bisogna seguire le regole. Voglio che Londra sia all’avanguardia nel campo dell’innovazione e delle nuove tecnologie, e sia la casa naturale per nuove compagnie che aiutino i londinesi a provvedere a nuovi e più accessibili servizi”. “Ma”- aggiunge- “tutte le compagnie devono aderire agli alti standards che ci aspettiamo, soprattutto quando si parla di sicurezza dei consumatori”.
Anche perchè, per Uber, sono stati tempi duri. Ad agosto era entrato come CEO dell’azienda Dara Khosrowshahi, una boccata di aria fresca dopo che il fondatore Travis Kalanick aveva rassegnato le dimissioni a causa degli scandali che avevano minato la credibilità dell’azienda; tra cui indagini legate a molestie sessuali, discriminazione e furto di proprietà intellettuale. Senza contare la scoperta fatta dal prestigioso New York Times dell’utilizzo da parte dei veicoli Uber del software GreyBall, il quale permette ai taxi della compagnia di rimanere nascosti alle forze dell’ordine, reindirizzando le ricerche degli agenti su dati fittizi.
Khosrowshahi comunque ha reagito alla notizia del mancato rinnovo della concessione con un mea culpa: “La verità ”- ha dichiarato- “è che c’è un alto prezzo da pagare per una cattiva reputazione (...) dimostreremo che Uber non è solo un grande prodotto, ma una grandiosa azienda che contribuisce significativamente al miglioramento della società ”. E con un tweet ha chiesto ai londinesi di “lavorare con noi affinchè possiamo mettere le cose apposto”. In queste ore è aperta su Change.org la petizione di Uber affinchè la decisione di TfL possa essere oggetto di rivalutazione. A firmarla, per ora, ben 426.000 utenti.
Un altro tassello si inserisce però nella vicenda: i tassisti “classici” che da decenni accompagnano londinesi e turisti su quei black cab divenuti elementi essenziali dell’estetica della città , un po’ come le cabine telefoniche rosse e la pioggia sottile. Il segretario generale della Licensed Taxi Driver’s Associations, Steve McNamara ha dichiarato senza mezzi termini che “Uber ha violato la legge, sfruttato i suoi autisti e rifiutato di prendere le proprie responsabilità in materia di sicurezza dei passeggeri. Questa compagnia immorale non ha spazio per le strade di Londra”.
Il sindaco della capitale, Sadiq Khan ha supportato pienamente la decisione di TfL. “Bisogna seguire le regole. Voglio che Londra sia all’avanguardia nel campo dell’innovazione e delle nuove tecnologie, e sia la casa naturale per nuove compagnie che aiutino i londinesi a provvedere a nuovi e più accessibili servizi”. “Ma”- aggiunge- “tutte le compagnie devono aderire agli alti standards che ci aspettiamo, soprattutto quando si parla di sicurezza dei consumatori”.
Anche perchè, per Uber, sono stati tempi duri. Ad agosto era entrato come CEO dell’azienda Dara Khosrowshahi, una boccata di aria fresca dopo che il fondatore Travis Kalanick aveva rassegnato le dimissioni a causa degli scandali che avevano minato la credibilità dell’azienda; tra cui indagini legate a molestie sessuali, discriminazione e furto di proprietà intellettuale. Senza contare la scoperta fatta dal prestigioso New York Times dell’utilizzo da parte dei veicoli Uber del software GreyBall, il quale permette ai taxi della compagnia di rimanere nascosti alle forze dell’ordine, reindirizzando le ricerche degli agenti su dati fittizi.
Khosrowshahi comunque ha reagito alla notizia del mancato rinnovo della concessione con un mea culpa: “La verità ”- ha dichiarato- “è che c’è un alto prezzo da pagare per una cattiva reputazione (...) dimostreremo che Uber non è solo un grande prodotto, ma una grandiosa azienda che contribuisce significativamente al miglioramento della società ”. E con un tweet ha chiesto ai londinesi di “lavorare con noi affinchè possiamo mettere le cose apposto”. In queste ore è aperta su Change.org la petizione di Uber affinchè la decisione di TfL possa essere oggetto di rivalutazione. A firmarla, per ora, ben 426.000 utenti.
Un altro tassello si inserisce però nella vicenda: i tassisti “classici” che da decenni accompagnano londinesi e turisti su quei black cab divenuti elementi essenziali dell’estetica della città , un po’ come le cabine telefoniche rosse e la pioggia sottile. Il segretario generale della Licensed Taxi Driver’s Associations, Steve McNamara ha dichiarato senza mezzi termini che “Uber ha violato la legge, sfruttato i suoi autisti e rifiutato di prendere le proprie responsabilità in materia di sicurezza dei passeggeri. Questa compagnia immorale non ha spazio per le strade di Londra”.