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Non dobbiamo "mai abbandonare l'atteggiamento civile e pacifico. Non vogliamo la ragione della forza, non noi", ha detto ancora il presidente catalano destituito Carles Puigdemont nel suo intervento. "Continueremo a lavorare per un paese libero, con meno ingiustizie", ha aggiunto.
di ANTONIO GAZZILLO - Ciò che sta accadendo a Barcellona non ha precedenti negli anni di vita dell’Unione Europea. L’indipendenza chiesta dalla Scozia, la spartizione della Cecoslovacchia e lo smembramento della Jugoslavia non hanno nulla a che vedere con la situazione creatasi in Catalogna, la cui indipendenza viene respinta irrevocabilmente dallo Stato e la secessione è perseguita con iniziative pacifiche ma contrarie alla Costituzione.
La posizione dell’Europa, ribadita anche dai massimi dirigenti Junker e Tusk, però è chiara: è una questione interna alla Spagna che, sulla base dei dettami della propria costituzione democratica, è pienamente autonoma nell’affrontarla.
Gli indipendisti, poi, sono stati imprigionati in un paradosso legale da Mariano Rajoy: l’indipendenza può essere conseguita solo legalmente e dal momento che non ci sono basi legali per conseguirla, chiederla è considerato un atto sovversivo e punibile con il carcere.
Ma questa logica va interrotta perché la situazione potrebbe sfuggire da ogni controllo e la violenza potrebbe dominare le vie di Barcellona.
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