Storia: dal nostro inviato nel Cilento Cosimo De Giorgi

di FRANCESCO GRECO - Cilento, Mezzogiorno. Illusa e delusa dal “nuovo” che avanzò impetuoso dopo l’unità, “con la pedagogia dell’esercito e del plotone d’esecuzione”, che spazzò via la dinastia dei Borboni, con i gattopardi che cambiarono tutto per lasciare tutto immutato. Così i contadini restarono nelle “topaie”, senza vie di comunicazione, con la camorra che le bloccava e le terre nelle mani degli agrari, che anzi ne ebbero ancora di più e continuarono a sfruttarli e vivere di rendita parassitaria, formattando ogni ansia di modernità. Tanto che qualcuno si chiese se bisognava aspettare un altro Risorgimento…
 
Ma proprio in questa società arcaica, autarchica, tenuta insieme da un mood spirituale retaggio del Medioevo, si sentono i primi vagiti del socialismo e la “bandiera rossa” è vista con paura dall’establishment. Si usano termini nuovi, “proletariato”, per esempio: la società meridionale è più dinamica di quanto non appaia a una prima lettura superficiale.
 
Il medico, umanista, geologo e studioso Cosimo De Giorgi (Lizzanello, 1842 – Lecce, 1922, studi dai Gesuiti ) fu un grande viaggiatore. Non per diletto filosofico come Goethe, né per curiosità antropologica alla George Gissing. Nel 1881, il Real Corpo delle Miniere lo manda nel Cilento (fra gli Alburni e il Calore), con l’incarico di metter giù la carta geologica di quelle terre.
 
Lo sguardo del leccese però è “totale”: non vede solo le terre, ma anche gli uomini che le abitano, i costumi, gli equilibri socio-economici che regolano le loro vite, uomini e donne, contadini e galantuomini. Il tutto all’indomani dell’unità d’Italia, che se vogliamo ha solidificato ulteriormente il Mezzogiorno, dopo una feroce repressione del brigantaggio durata più o meno dieci anni.
 
“Viaggio nel Cilento”, Galzerano editore, Salerno 2016, pp. 288, euro 15,00 (collana Passato e Presente, prefazione di Giuseppe Galzerano), si trasfigura così in un reportage che oltre e censire terre, paesi, fiumi e montagne, con la passione dei grandi inviati (De Giorgi richiama Ettore Mo o Domenico Quirico), coglie gli aspetti più nascosti, le interfacce, le dinamiche socio-economiche (pur da posizioni conservatrici di borghese illuminato, socialista suo malgrado) di un Mezzogiorno “condannato” alla sua icona classica di arretratezza e marginalità, “desolazione e squallore”, che nessuna  Questione Meridionale tange.

Con le donne “vetture a due piedi”, o condannate a un “ergastolo perpetuo”, cristallizzato dal fatalismo che impregna lo spirito degli uomini abbandonati a se stessi, alla “infinta rapacità e feroce disumanità della classe padronale”. Che nega anche le scuole, per poter dominare meglio nell’ignoranza.
 
Offre una password utile a capire quello di oggi, cui può essere sovrapposto con esigue difformità, un universo atomizzato, da cui appena si può si fugge da dove “il cammino della civiltà è lentissimo”, come i loro avi verso le Americhe. Loro col vestito della festa, le mani callose e le braccia come rami d’ulivo, i bisnipoti col master nel trolley. Dal Cilento, Mezzogiorno “immenso burrone, una voragine pronta ad inghiottire un popolo laborioso ed onesto, ma misero e sfruttato”.
 
C’è un’editoria considerata, a torto, “minore”, che, al contrario, è maggiore nella qualità, nel senso che si dedica alla ricomposizione della memoria, al puzzle dell’identità minacciata dagli hastag della globalizzazione, l’ontologica damnatio memoria del nostro tempo, al recupero dell’anima degli uomini e le loro terre lacerate e avare.
 
Galzerano da Salerno può essere considerato, e non da oggi, l’apripista di questa mission. E infatti questo libro è giunto alla III edizione. Non lo troverete nelle classifiche colme di romanzi nati dall’ipertrofia dell’io e dalla contemplazione del proprio nulla. Anche per questo non può mancare nella vostra libreria poiché la memoria va coltivata: se non sai chi sei stato, come puoi pensarti nel domani, oggi che il tempo è virale  e siamo schiavizzati dai big-data?

Info:

mail galzeranoeditore@tiscali.it

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