LECCE - Ben 1.902 euro di tasse e imposte locali. Tanto ha sborsato in media, nel 2017, una famiglia leccese per far fronte al pagamento di addizionali Irpef (comunale e regionale), Imu/Tasi e Tari (la tassa sui rifiuti). È quanto emerge da uno studio del Servizio Politiche territoriali della Uil sul gettito fiscale medio pro-capite di una famiglia-tipo composta da 4 persone con reddito complessivo di 44 mila euro, reddito Isee di circa 17mila euro, una casa di proprietà più un secondo immobile.
«Un salasso non indifferente, che pone comunque Lecce in una condizione migliore rispetto agli altri capoluoghi pugliesi», commenta il segretario generale della Uil di Lecce, Salvatore Giannetto. A brevissima distanza seguono, infatti, Brindisi (con un esborso medio pro-capite di 1.976 euro), Taranto (2.237 euro), Foggia (2.272 euro) e Bari (2.305 euro).
La pressione tributaria nella città di Lecce risulta complessivamente inferiore alla media nazionale, pari a 2.066 euro. Praticamente su tutte le voci analizzate all’interno dello studio Uil c’è un risparmio di imposta per i leccesi, ad eccezione dell’incidenza dell’Irpef comunale che raggiunge i 308 euro medi contro i 224 euro della media italiana (+37,5%). Per l’addizionale comunale Irpef, Lecce applica un’aliquota unica dello 0,7% e prevede l’esenzione per redditi fino a 12.500 euro e anche per redditi fino a 28mila euro nel cui nucleo familiare vi sia un portatore di handicap con assegno di accompagnamento.
Differenze significative, a livello regionale, emergono poi sulla Tari (tassa rifiuti), per la quale a Lecce si arriva ad un esborso medio di 269 euro, dato di gran lunga inferiore rispetto a quello delle altre città capoluogo: 341 euro a Taranto, 344 euro a Foggia, 388 euro a Brindisi e 362 euro a Bari.
Ancora più accentuata è poi la differenza che si riscontra rispetto al costo di Imu/Tasi (per un immobile diverso dalla prima casa), con Bari che svetta a 1.016 euro medi annui, quasi il doppio rispetto ai 541 euro di Brindisi. A Lecce, la famiglia-tipo ha versato in media 630 euro, a Foggia 881 euro e a Taranto 969 euro. Infine, per l’addizione regionale Irpef, mediamente l’esborso è stato di 695 euro.
A livello nazionale, è Roma a guadagnare la maglia nera per la più alta pressione fiscale locale: nella Capitale, infatti, la famiglia-tipo ha versato tasse e imposte locali per oltre 3mila euro. Seguono Torino con 2.993 euro, Genova (2.778 euro), Alessandria (2.724 euro), Napoli (2.684 euro), Salerno (2.676 euro), Benevento (2.650 euro), Pisa (2.684 euro), Biella (2.692 euro), Milano (2.571 euro). Cifre più contenute a Oristano (1.368 euro), Gorizia (1.394 euro), Bolzano (1.464 euro), Sassari (1.528 euro), Macerata (1.546 euro). Lecce, con un esborso di 1.902 euro medi a famiglia, si colloca sostanzialmente a metà di questa triste classifica nazionale.
«Tirando le somme – dice il segretario Uil Lecce Salvatore Giannetto – questi dati fanno capire che, nonostante il calo della pressione fiscale locale registratosi negli ultimi anni anche grazie al blocco delle aliquote, la via da percorrere per un fisco meno gravoso e più equo è ancora lunga e non priva di ostacoli. Per la Uil, così come ribadito dal nostro segretario confederale Guglielmo Loy, urge una trasformazione della base di calcolo delle addizionali, passando dalla loro applicazione come imposta ad un modello che le veda trasformarsi in sovraimposta, cioè calcolando l’importo per Regioni e Comuni sull’Irpef dovuta e non sull’intero imponibile fiscale. Un meccanismo che rafforzerebbe il principio di progressività nel prelievo e le detrazioni per la produzione del reddito (no tax area), che oggi sono garantite a macchia di leopardo». Prima ancora di parlare di reintroduzione di tasse sulle prime case, sostiene ancora il segretario Uil, «sarebbe quindi opportuno partire dalla revisione dei criteri che regolano i valori catastali, che non significa maggiori prelievi, ma una diversa e più equa ripartizione del prelievo sugli immobili. Ovviamente sempre accompagnando questo processo con una lotta “senza se e senza ma” all’evasione fiscale, anche con l’intensificazione degli sforzi da parte di Regioni e Comuni».
«Un salasso non indifferente, che pone comunque Lecce in una condizione migliore rispetto agli altri capoluoghi pugliesi», commenta il segretario generale della Uil di Lecce, Salvatore Giannetto. A brevissima distanza seguono, infatti, Brindisi (con un esborso medio pro-capite di 1.976 euro), Taranto (2.237 euro), Foggia (2.272 euro) e Bari (2.305 euro).
La pressione tributaria nella città di Lecce risulta complessivamente inferiore alla media nazionale, pari a 2.066 euro. Praticamente su tutte le voci analizzate all’interno dello studio Uil c’è un risparmio di imposta per i leccesi, ad eccezione dell’incidenza dell’Irpef comunale che raggiunge i 308 euro medi contro i 224 euro della media italiana (+37,5%). Per l’addizionale comunale Irpef, Lecce applica un’aliquota unica dello 0,7% e prevede l’esenzione per redditi fino a 12.500 euro e anche per redditi fino a 28mila euro nel cui nucleo familiare vi sia un portatore di handicap con assegno di accompagnamento.
Differenze significative, a livello regionale, emergono poi sulla Tari (tassa rifiuti), per la quale a Lecce si arriva ad un esborso medio di 269 euro, dato di gran lunga inferiore rispetto a quello delle altre città capoluogo: 341 euro a Taranto, 344 euro a Foggia, 388 euro a Brindisi e 362 euro a Bari.
Ancora più accentuata è poi la differenza che si riscontra rispetto al costo di Imu/Tasi (per un immobile diverso dalla prima casa), con Bari che svetta a 1.016 euro medi annui, quasi il doppio rispetto ai 541 euro di Brindisi. A Lecce, la famiglia-tipo ha versato in media 630 euro, a Foggia 881 euro e a Taranto 969 euro. Infine, per l’addizione regionale Irpef, mediamente l’esborso è stato di 695 euro.
A livello nazionale, è Roma a guadagnare la maglia nera per la più alta pressione fiscale locale: nella Capitale, infatti, la famiglia-tipo ha versato tasse e imposte locali per oltre 3mila euro. Seguono Torino con 2.993 euro, Genova (2.778 euro), Alessandria (2.724 euro), Napoli (2.684 euro), Salerno (2.676 euro), Benevento (2.650 euro), Pisa (2.684 euro), Biella (2.692 euro), Milano (2.571 euro). Cifre più contenute a Oristano (1.368 euro), Gorizia (1.394 euro), Bolzano (1.464 euro), Sassari (1.528 euro), Macerata (1.546 euro). Lecce, con un esborso di 1.902 euro medi a famiglia, si colloca sostanzialmente a metà di questa triste classifica nazionale.
«Tirando le somme – dice il segretario Uil Lecce Salvatore Giannetto – questi dati fanno capire che, nonostante il calo della pressione fiscale locale registratosi negli ultimi anni anche grazie al blocco delle aliquote, la via da percorrere per un fisco meno gravoso e più equo è ancora lunga e non priva di ostacoli. Per la Uil, così come ribadito dal nostro segretario confederale Guglielmo Loy, urge una trasformazione della base di calcolo delle addizionali, passando dalla loro applicazione come imposta ad un modello che le veda trasformarsi in sovraimposta, cioè calcolando l’importo per Regioni e Comuni sull’Irpef dovuta e non sull’intero imponibile fiscale. Un meccanismo che rafforzerebbe il principio di progressività nel prelievo e le detrazioni per la produzione del reddito (no tax area), che oggi sono garantite a macchia di leopardo». Prima ancora di parlare di reintroduzione di tasse sulle prime case, sostiene ancora il segretario Uil, «sarebbe quindi opportuno partire dalla revisione dei criteri che regolano i valori catastali, che non significa maggiori prelievi, ma una diversa e più equa ripartizione del prelievo sugli immobili. Ovviamente sempre accompagnando questo processo con una lotta “senza se e senza ma” all’evasione fiscale, anche con l’intensificazione degli sforzi da parte di Regioni e Comuni».