I mille volti della Baresità

di VITTORIO POLITO - Per Baresità si intende tutto quello che riguarda Bari, dialetto, tradizioni, folclore, cucina, monumenti, chiese, modi di dire, comportamenti, proverbi, soprannomi, usi e costumi, teatro dialettale, poesie, arte, e, ovviamente, il nostro San Nicola.

Uno dei padri della baresità e del dialetto, può considerarsi Francesco Saverio Abbrescia (1813-1852), canonico, storico, oratore sacro e primo poeta dialettale barese, considerato uno dei personaggi della cultura barese, pur essendo vissuto solo 39 anni. Gaetano Savelli (1896-1977), che vanta una notevole produzione letteraria in lingua e in dialetto. Vitantonio Di Cagno (1897-1977), maestro di diritto civile e sindaco di Bari dal 1946 al 1952, dotato di una notevole vena poetica e definito da Alcide De Gasperi “il miglior sindaco d’Italia”. Giovanni Panza (1919-1994), alto funzionario del Ministero dell’Agricoltura, poeta e attento osservatore di cose baresi, che ha lasciato un notevole numero di poesie e, soprattutto, il volume “La checine de nononne” (Schena Editore), un best-seller della cucina tradizionale barese, scritta sia in lingua che in dialetto. Alfredo Giovine (1907-1995), autore di varie pubblicazioni su Bari e sul nostro vernacolo. Vito De Fano (1911-1989), che pur non essendo barese ha scritto molti libri di poesie nel nostro dialetto. Domenico Triggiani (1929-2005), funzionario della Regione Puglia, protagonista del nostro dialetto, autore di commedie dialettali, scritte sia in ottimo vernacolo che in lingua, il che denota la notevole preparazione e la sua padronanza della lingua dei nostri nonni. È anche autore, insieme alla moglie Rosa Lettini, del primo ed unico romanzo storico-satirico in dialetto barese “Da Adàme ad Andriòtte” (Schena Editore). Lorenzo Gentile, (1922-2008), autore, insieme alla figlia Enrica di un recente “Nuovo Dizionario dei baresi”, (Levante Editori). Quest’ultimo è il primo dizionario bilingue italiano-barese e barese-italiano. Vito Maurogiovanni (1924-2009), prolifico scrittore, giornalista e commediografo, considerato la memoria storica di Bari, che ha lasciato ai baresi una notevole produzione teatrale e letteraria. Da ricordare: “Jarche vasce”, “Cafè antiche”, “Il Teatro”, “Come eravamo”, “Cantata per una città”. Nell’anno 2010, è stato pubblicato il suo volume postumo “Teatri”, curato magistralmente da Francesco De Martino, docente universitario. Vito Antonio Melchiorre (1922-2010), storico di Bari che ha lasciato centinaia di pubblicazioni sulla nostra città, l’ultima delle quali ha per titolo “Storie baresi”, pubblicata nell’anno 2010 (tutti della Levante Editori).

A questo breve elenco andrebbero aggiunti decine e decine di altri autori, ma mi limiterò, per motivi di spazio, a ricordarne solo qualche altro per il loro notevole contributo alla baresità: Armando Perotti 1865-1924), Arturo Santoro (1902-1988), Davide Lopez (1867-1915), Nicola Gonnella (Ogon) (1900-1972), Agnese Palummo (1879-1992), Ettore De Nobili, Gaetano Mele, Giuseppe Gioia, Giuseppe Romito, Luigi Canonico, Marcello Catinella (1932-2003), Maria D’Apolito Conese, Mario Piergiovanni (1927-2009), Nicola Macina (1886-1963), Pasquale Sorrenti (1927-2003), Peppino Franco (1891-1982), Peppino Zaccaro.

Per il teatro dialettale ricordo Vito Signorile, Nicola Pignataro, Gianni Ciardo, Gianni Colaiemma, Nino De Bartolomeo e Rosaria Barracane, Tiziana Schiavarelli e Dante Marmone, Emanuele Battista e Felice Alloggio. Questi ultimi, commediografi in lingua e in dialetto barese, sono anche registi delle loro opere. Non sono stati certamente ricordati tutti i personaggi, ma citati o non citati, va a tutti il ringraziamento per quello che hanno lasciato alla nostra città.

Ed a proposito di baresità mi piace richiamare Franz Falanga, un architetto barese trapiantato al nord, ideatore del blog comanacosaellalde, un forum attivo internet dedicato al dialetto barese. Falanga, che è anche autore di varie pubblicazioni, tra le quali “O Dadò o Dadà” (Adda Editore), una sorta di lessico ragionato dei termini in dialetto barese, e del volume “La Terra dell’U” (Edizioni Menabò), ovvero una storia di giovani e del Jazz a Bari. Ma qual è il significato dell’U? È presto detto. L’articolo determinativo “il”, usato comunemente nella lingua italiana, in dialetto barese si traduce con la lettera “U” (U pesce, U tauue, U presèbbie, U mare). In questa pubblicazione, Falanga, con l’estrosità che lo contraddistingue, tratta molti argomenti, tra i quali il cosiddetto “cazzo franco” (schiaccio delle mandorle per estrarne il frutto, noto ai baresi con il soprannome “U cazze dell’amìnnue”, che fino a qualche decennio fa era presente nel centro di Bari, esattamente in Via Putignani angolo Via Sagarriga Visconti, nei pressi della Chiesa di San Rocco. Perché “franco”? Perché rappresentava il quantitativo di mandorle che ogni operaia riusciva a sgusciare in un’ora, e che poteva portare a casa, una volta alla settimana, insieme al salario.

La Baresità è anche arte ed in questo caso è doveroso ricordare l’arte di pittori e scultori baresi: Francesco e Raffaele Spizzico, Gennaro Picinni, Mario Piergiovanni, Anna Maria Di Terlizzi Carlo Fusca, Michele Damiani, che in alcune loro opere hanno inserito barche, vele, sole, santi, chiese, cattedrali, ovviamente tutte cose rigorosamente legate a Bari.

È il caso di ricordare anche il contributo femminile alla baresità, riferendomi essenzialmente alle “tabacchine”, quelle donne che hanno lavorato per decenni presso la Manifattura dei Tabacchi di Bari e che Vito Maurogiovanni, nel suo volume “Cantata per una città”, scrive che per le donne «Andare a lavorare alla Manifattura dei Tabacchi era una scelta traumatica». Lo ricorda anche Linda Cascella nel suo capitolo “La Baresità al femminile” (da “Baresità, curiosità e…” - Levante Editori).

Vi sono poi le “altre baresità” rappresentate dal centro storico con la Cattedrale, la Basilica di San Nicola, il Castello, il Fortino e tutte le chiese e le edicole votive, la Fiera del Levante, il Maggio di Bari, i Teatri Petruzzelli, Piccinni e Margherita, la Chiesa Russa, “Il Sottano” (Caffè Scaturchio), ritrovo di personaggi della Bari culturale di un tempo, il Gran premio Bari di Formula 1, la Vidua Vidue, la spiaggia di “Pan’e pemedòre”, lo Stadio della Vittoria e quello di San Nicola, la “tiedde de rise, patane e cozze”, la “fecazze”, “u ccrute” (frutti di mare, insieme a polpi arricciati, seppioline, seppie tagliate a filetti (la tagliatella), u ragù con le brasciole, le recchietedde, le strascenate, ecc. E nella baresità trovano posto anche i quotidiani ‘La Gazzetta del Mezzogiorno’, ‘Puglia” e ‘Barisera’, quest’ultimo ha cessato le pubblicazioni nell’anno 2012. L’elenco potrebbe andare all’infinito. Ci ferma solo lo spazio.

Ultima, tra le baresità, è da considerare l’istituzione dell’Accademia del Mare che ha sede presso il noto Ristofish barese “La Pesciera”, sorta a Bari e nata da un idea di Matteo Gelardi, otorinolaringoiatra e citologo nasale, con la passione del mare, che vede lo stesso Gelardi docente e “preside” e Silvestro Carofiglio, imprenditore, “rettore” e partner tecnico. L’Accademia del Mare, non poteva nascere che a Bari, terra di conoscitori e buongustai dei prodotti del mare crudi e cotti.

Infine ricordo che la baresità ed il dialetto sono entrati nell’Aula Magna dell’Università di Bari, il massimo tempio della cultura, poiché quattro miei libri sull’argomento sono stati presentati nella stessa Aula, con gli interventi del Magnifico Rettore, Corrado Petrocelli, di Giorgio Otranto, di Francesco De Martino e di Giuseppe Gioia, docenti universitari e del Politecnico. È stata la prima volta che nell’Aula Magna, affrescata da Mario Prayer, pittore barese d’adozione, sono stati presentati libri sulla baresità e sul dialetto.

Tutto ciò sta a dimostrare che la baresità è oggetto oggi della massima attenzione, non solo da parte di appassionati e cultori, ma anche di studiosi del mondo accademico e letterario.

BARESITÀ
di Vittorio Polito

Jìnd’alle cassre, nnànza nnànze,
bèlle bèlle e tutt’aggestàte,
ijacchie libbre in abbennànze
aligandemènde assestemàte        

ca chjìne chjìne de culdùre
totta la scènze ognùne rèsce  
e pure ce perfètte jè la manefattùre,
quase nesciùne... mà le lèsce!

E jìnd’alle libbre stà arrepàte,
mmènz’alla polve abbandenàte,
pure u dialètte du passàte,
ca sule sule, se jìacchie... scherdàte!

Chisse penzjìre vastasjìdde
m’auàndarene come fascìdde
e da nu ngènnue scequarjìdde 
assì Baresità come fattarìdde

ca jiàve descetàte tutte le Barìse
ca totta na volde, che dolge ardòre,
avonn’accanesciùte, all’ambrevvìse,
tanda puète e tanda screttòre

ca cu cervidde assà granne,
sfasulàte, vonne rezzuànne
e ca pure ce jè assà la bravùre,
achiudene l’arte... jìnd’ò tratùre!

E arregettànne chidde bèlle tratùre,
tand’alde fascìdde sò assùte daffòre 
e ajitàte dall’Edetòre de culdùre,
a Baresità... sò date n’alda sore!


Da “Baresità, curiosità e…” (Levante Editori, 2009).
BARESITÀ
di Vittorio Polito

Nelle (nostre) case, in evidenza,
assai belli e bene ordinati,
trovi libri in abbondanza
elegantemente sistemati

che pieni pieni di cultura
tutta la scienza ognuno regge
e anche se perfetta è la rilegatura,
quasi nessuno… mai li legge!

E nei libri è conservato,
nella polvere abbandonato,
anche il dialetto del passato,
che solo solo, si trova... dimenticato!

Questi pensieri birichini
m’assalirono come scintille
e da un ingenuo passatempo
uscì Baresità come storiella

che ha risvegliato i Baresi
che come d’incanto, con dolce ardore,
hanno scoperto, inaspettatamente,
tanti poeti e tanti scrittori

che col cervello assai grande,
squattrinati, vanno girovagando
e anche se è assai la bravura,
chiudono l’arte... nel tiretto!

E rovistando in quei bei tiretti,
tant’altre scintille son venute fuori
e aiutato dall’Editore di cultura,
a Baresità... ho dato un’altra sorella!