di VITTORIO POLITO - La vita - così almeno la pensava Oscar Wilde - è troppo importante perché se ne possa parlare seriamente, è una verità assoluta, almeno alla luce di quello che mi è successo sabato 24 marzo scorso.
Ero passato dalla casa editrice Levante per salutare, augurare una buona giornata e vedere se Gianni Cavalli aveva deciso di pubblicare un mio nuovo lavoro, da tempo in giacenza presso di lui.
Era al telefono e dal tono della voce non mi pareva in ‘stato di grazia’ fino a quando ha detto: «…per prevedere tutto ciò non ci voleva Teilhard de Chardin…». Terminata la telefonata, con un sorriso indagatore, ho chiesto al mio editore lumi su quel cognome e per tutta risposta è andato a prendere un libro sentenziando: «…leggilo e troverai la risposta che cerchi…». Avrei voluto dire che lo trovavo dimagrito, pallido, con le occhiaie e ‘incavolato’ - cosa per lui abituale - ma sono riuscito solo a ‘biascicare’ che avrei provato a scrivere qualcosa sul libro… dato che dovevo ‘studiare’.
Tornato a casa ho aperto il volume del prof. Biagio di Iasio dal titolo ‘ Teilhard de Chardin ovvero la realtà dell’utopia’ e mi sono sentito in ‘famiglia’ dal momento che il volume è edito nella collana Ethos, diretta da Francesco Bellino e Irene Cavalli, da me largamente recensita in questi anni.
«Conobbi il pensiero di Teilhard agli inizi degli anni sessanta, allorché lo scrittore cattolico Giancarlo Vigorelli… A distanza di anni, densi di eventi storici, di illusioni svanite e di rivoluzioni mancate, ho riscoperto la saggezza della sintesi teilhardiana. Confortato dagli eventi, ho preso atto che la rivoluzione nelle cose e nella storia, attesa da Teilhard come conseguenza inevitabile del lento, ma sapiente, evolvere del mondo oggi costituisce una realtà . L’abbattimento dei ‘muri’ politici e lo sciogliersi dei blocchi ideologici… Teilhard, con la sua fede nell’avvento di un uomo nuovo, ‘planetario’ nel pensiero e nell’azione, precorre i tempi …a fine lettura mi sono accorto di trovarmi accanto non al sacerdote Teilhard, ma all’uomo dei nostri giorni, quello plurale e planetario come direbbero Morin e padre Balducci..., infine, ho scoperto che la sintesi del ‘gesuita proibito’, rappresenta il miglior antidoto all’imperversare del ‘pensiero debole’». Questo scriveva Biagio di Iasio a gennaio del 1992 come prefazione al suo testo. Il pensiero di padre Pierre Teilhard de Chardin - per inciso è morto il giorno di Pasqua del 10 aprile 1955 - anticipa le osservazioni su temi importanti come il nucleare, l’ecologia, l’unificazione delle coscienze e dei popoli e tutto quello che, dopo quasi trent’anni dalla pubblicazione del libro del di Iasio, stiamo vivendo nell’incertezza più totale. Vi è una frase che viene attribuita al sacerdote francese che merita di essere citata e che forse riassume quello che dovrebbe essere il nostro comportamento verso il prossimo: «Nel rapporto con gli altri non saremo mai troppo dolci e troppo buoni nel nostro modo di fare. La dolcezza è la prima delle forze e forse la prima delle virtù».
Il mio amico editore sarà anche un ‘manovale’ della virtù, ma non si può certo dire che indossi panni non suoi o che cerchi in qualche modo di apparire dotato di virtù eccelse per coprire eventuali vizi: è un uomo libero che non biasima gli altri e non loda se stesso (almeno questa riflessione ‘pasquale’ ritengo di doverla fare!).
Proverò a studiare a fondo il libro del professor di Iasio e vi lascio con una frase teilhardiana che spero attuino, magari migliorandola nella forma e sostanza, coloro che sono chiamati in ogni parte del mondo a gestire il potere: «Il passato mi ha rivelato la struttura del futuro».
Ero passato dalla casa editrice Levante per salutare, augurare una buona giornata e vedere se Gianni Cavalli aveva deciso di pubblicare un mio nuovo lavoro, da tempo in giacenza presso di lui.
Era al telefono e dal tono della voce non mi pareva in ‘stato di grazia’ fino a quando ha detto: «…per prevedere tutto ciò non ci voleva Teilhard de Chardin…». Terminata la telefonata, con un sorriso indagatore, ho chiesto al mio editore lumi su quel cognome e per tutta risposta è andato a prendere un libro sentenziando: «…leggilo e troverai la risposta che cerchi…». Avrei voluto dire che lo trovavo dimagrito, pallido, con le occhiaie e ‘incavolato’ - cosa per lui abituale - ma sono riuscito solo a ‘biascicare’ che avrei provato a scrivere qualcosa sul libro… dato che dovevo ‘studiare’.
Tornato a casa ho aperto il volume del prof. Biagio di Iasio dal titolo ‘ Teilhard de Chardin ovvero la realtà dell’utopia’ e mi sono sentito in ‘famiglia’ dal momento che il volume è edito nella collana Ethos, diretta da Francesco Bellino e Irene Cavalli, da me largamente recensita in questi anni.
«Conobbi il pensiero di Teilhard agli inizi degli anni sessanta, allorché lo scrittore cattolico Giancarlo Vigorelli… A distanza di anni, densi di eventi storici, di illusioni svanite e di rivoluzioni mancate, ho riscoperto la saggezza della sintesi teilhardiana. Confortato dagli eventi, ho preso atto che la rivoluzione nelle cose e nella storia, attesa da Teilhard come conseguenza inevitabile del lento, ma sapiente, evolvere del mondo oggi costituisce una realtà . L’abbattimento dei ‘muri’ politici e lo sciogliersi dei blocchi ideologici… Teilhard, con la sua fede nell’avvento di un uomo nuovo, ‘planetario’ nel pensiero e nell’azione, precorre i tempi …a fine lettura mi sono accorto di trovarmi accanto non al sacerdote Teilhard, ma all’uomo dei nostri giorni, quello plurale e planetario come direbbero Morin e padre Balducci..., infine, ho scoperto che la sintesi del ‘gesuita proibito’, rappresenta il miglior antidoto all’imperversare del ‘pensiero debole’». Questo scriveva Biagio di Iasio a gennaio del 1992 come prefazione al suo testo. Il pensiero di padre Pierre Teilhard de Chardin - per inciso è morto il giorno di Pasqua del 10 aprile 1955 - anticipa le osservazioni su temi importanti come il nucleare, l’ecologia, l’unificazione delle coscienze e dei popoli e tutto quello che, dopo quasi trent’anni dalla pubblicazione del libro del di Iasio, stiamo vivendo nell’incertezza più totale. Vi è una frase che viene attribuita al sacerdote francese che merita di essere citata e che forse riassume quello che dovrebbe essere il nostro comportamento verso il prossimo: «Nel rapporto con gli altri non saremo mai troppo dolci e troppo buoni nel nostro modo di fare. La dolcezza è la prima delle forze e forse la prima delle virtù».
Il mio amico editore sarà anche un ‘manovale’ della virtù, ma non si può certo dire che indossi panni non suoi o che cerchi in qualche modo di apparire dotato di virtù eccelse per coprire eventuali vizi: è un uomo libero che non biasima gli altri e non loda se stesso (almeno questa riflessione ‘pasquale’ ritengo di doverla fare!).
Proverò a studiare a fondo il libro del professor di Iasio e vi lascio con una frase teilhardiana che spero attuino, magari migliorandola nella forma e sostanza, coloro che sono chiamati in ogni parte del mondo a gestire il potere: «Il passato mi ha rivelato la struttura del futuro».