di FRANCESCO GRECO - NAPOLI. E poi c’è chi evoca la suggestione intrigante del “Quarto Stato” di Pellizza da Volpedo in chiave 2-0, chi si ispira alle esperienze politiche vincenti di questi anni orribili, “Podemos” (Spagna) e “Syriza” (Grecia), ma anche a “Occupy Wall Stret” e dintorni, chi contesta la forma partito, ormai un rottame del Novecento, chi si sporca le mani denudando il Re e relativizzando la narrazione rassicurante della realtà e della politica che i media omologati servono calda calda ogni giorno.
Chi vuol ritirare la delega ai partiti e movimenti sulla scena e gestirla in proprio. Chi coagulare le esperienze dei centri sociali e l’associazionismo militante sul territorio su temi aspri e complessi dello sviluppo possibile e compatibile, gli antagonismi di massa, ma anche la sinistra radicale del Brancaccio e del “No” al referendum sulla Costituzione del 5 dicembre 2016, quella – per semplificare - rimasta su posizioni coerenti o, almeno, che non cercava un posto al sole nelle liste della sinistra storica.
Per una rilettura radicale della globalizzazione e le infinite contraddizioni (dal Jobs Act all’articolo 18), che escludono dal ”patto sociale” milioni di donne e uomini e la loro ricchezza umana, perizia professionale, generosità esistenziale.
Rilanciando l’idea multiforme di un protagonismo e un soggettivismo storico che non si vedevano dagli anni Settanta, un’autovalorizzazione come classe sociale che produce la ricchezza, ma è esclusa dal suo godimento, con l’ascensore sociale rotto e la precarietà diffusa anche nelle classi medie.
“Potere al popolo!”, sebbene oscurata dai media, ha partecipato alle elezioni del 4 marzo scorso ed ha raccolto in pochi giorni 40mila firme. Da poco emersa dal sottosuolo, mettendo in rete i centri sociali e l’antagonismo della società, si è data un programma, ha trovato i candidati nei collegi di tutta Italia: l’1% raccolto potrebbe essere un punto di partenza per altri orizzonti, dalle magnifiche sorti e progressive?
Lo chiediamo a Viola Carofalo, la "pasionaria" rossa che da Napoli ha lavorato per tutto questo.
DOMANDA: Non era presto per andare alle elezioni, non conveniva meglio un maggiore radicamento territoriale?
RISPOSTA: "Molte delle realtà che hanno animato Potere al Popolo nella varie città sono già radicate sui propri territori, portando avanti lotte ed attività quotidiane. La sfida questa volta era di andare oltre i confini cittadini ed arrivare ad un piano nazionale. Noi crediamo di avercela fatta: il risultato raggiunto non ci ha portati in Parlamento, ma Potere al Popolo non nasce per le elezioni, ma è un progetto che ha visto nelle elezioni una opportunità per aggregare persone ed associazioni, farsi conoscere e creare un gruppo che possa andare avanti nel tempo".
D. E' da collocare nel post-ideologico, al crepuscolo delle ideologie, portatrice di un’utopia ricca quanto sganciata da ogni passato?
R. "Assolutamente no, e non ci piace chi fa del post-ideologico la propria bandiera. L'abbiamo detto tantissime volte: noi siamo di sinistra, ma di una sinistra vera, che si fa portavoce dei lavoratori e degli sfruttati e cammina ogni giorno al loro fianco. Potere al Popolo vuole anzi ridare significato e dignità ad una sinistra che per decenni si è spostata sempre più a destra".
D. Guardate alle esperienze di Podemos e Syriza sperando di trascinare le masse lobotomizzate dalla tv e dalla subcultura dilagante su contenuti ben precisi?
R. "Guardiamo alle esperienze europee e di tanti altri Paesi per gli insegnamenti che possono darci: è interessante sapere ed analizzare come si sono costituiti, che struttura organizzativa si sono dati, come hanno interagito con le persone che li hanno supportati, come hanno sapientemente usato i social network e tutto il web, e soprattutto come sono riusciti a utilizzare un linguaggio e una comunicazione più vicina alle esigenze contemporanee.
Potere al popolo si inserisce in questo cambiamento e lo sostanzia con pratiche quotidiane di mutualismo e di rivendicazione sociali".
D. Che tipo di analisi politica sviluppate sull’attuale momento storico-economico-culturale?
R. "Dipende da quale aspetto vogliamo guardare e da quale punto di vista vogliamo adottare. In Italia sono aumentate le disuguaglianze sociali, sono aumentati i lavoratori a rischio povertà, sono aumentati i disoccupati e i precari; tutto sembra essere deciso "altrove"... e spesso molti sono rassegnati a subìre determinate decisioni e provano a vedere il nemico in chi sta peggio.
Per questo il discorso razzista, incoraggiato anche dal PD, ha fatto presa su molte persone, per questo molti credono che sia più facile e risolutivo votare qualcuno che promette di respingere i barconi di chi prova a trovare una vita migliore nel nostro Paese, che non contrattare migliori condizioni di lavoro, chiedere una seria politica sugli affitti... insomma lottare in prima persona per vedersi garantiti i propri diritti.
Molti, ma non tutti, è vero, infatti, che l'Italia è anche un Paese in cui ci si è mobilitati tantissimo, in cui si sono costruite lotte sul lavoro, momenti di aggregazione attorno a rivendicazioni sociali e vere e proprie risposte ai problemi delle classi popolari. E' venuto il momento di rafforzare e supportare queste realtà creando delle reti nazionali forti e stabili.
Potere al popolo nasce per questo, per rendere più forte quello che già c'è e per dare una speranza di cambiamento a chi finora non ha costruito momenti di lotta e di opposizione perché si è sentito solo".
D. I punti essenziali del programma di PaP?
R. "Il lavoro, le pensioni e l'ambiente. Vogliamo che tutti abbiano un lavoro stabile e dignitoso e che l'età pensionabile venga abbassata - è impensabile tenere le persone a lavorare fino a 67 anni.
Per quanto riguarda l'ambiente, vogliamo delle politiche serie di tutela, bonifica e controllo, e soprattutto che chi abita un territorio abbia la possibilità di esprimersi e deciderne.
Ci sono altri punti che riteniamo importantissimi (su istruzione, sanità, giustizia, redistribuzione della ricchezza) e non sono nemmeno tanti: 15 punti, chiari e sintetici per far arrivare dritto il messaggio".
D. I diritti garantiti dalla Costituzione ormai sembrano parole vuote, come il termine democrazia: come ridar loro un senso?
R. "Noi pensiamo che possiamo dare un senso a ciò che è scritto nella Costituzione soltanto attuandoli. E se non lo fanno le istituzioni lo facciamo noi dal basso: per la sanità gratuita, apriamo ambulatori gratuiti, blocchiamo i pagamenti dei ticket; per il diritto alla casa, possiamo fermare gli sfratti e pretendere che ci siano dei bandi trasparenti per l'assegnazione degli alloggi popolari; per il diritto all'istruzione attiviamoci per partire con doposcuola gratuiti da offrire alle famiglie in difficoltà.
Ci sono tanti altri esempi da fare, ma che vanno tutti nel concreto così che possiamo dimostrare che attuare la Costituzione è possibile".
D. Il sistema attuale produce disoccupati, diseredati, milioni di laureati da call center e di laureati col master a cui si offre solo precarietà a vita o la valigia per partire impoverendo i territori: così donne e uomini non possono vivere e pensare a un futuro e il sistema-paese va al default: qual’è la vostra analisi per un domani di pane e dignità per le nuove generazioni e le vecchie rimaste sulla strada?
R. "Ripartiamo dal lavoro: ancora deve essere stabile e dignitoso, che possa assicurarci di vivere, non solo di sopravvivere. Insieme a questo ovviamente bisogna pensare a delle politiche serie ed efficaci di redistribuzione della ricchezza, dare ai lavoratori quanto gli è stato tolto, non solo sotto forma di denaro ma anche di servizi (istruzione, trasporti....).
Soltanto così si riuscirà a risolvere il problema dei diseredati che - per inciso - aumentano sempre di più, di tutte le fasce d'età e di tutte le provenienze geografiche".
D. Alle vostre assemblee si sentono espressioni anni Settanta, fuori l’Italia dalla Nato e lotta di classe: sono temi che intendete rilanciare aggiornandoli al tempo 2.0 dei social?
R. "In un certo senso sì, o meglio, vogliamo spiegare cosa intendiamo con questi concetti. Fare lotta di classe, non significa solo scioperare nella fabbrica inglese del 1800, ma significa anche dare voce a chi in quella fabbrica ci lavora ancora oggi, ma non è ascoltato, significa costruire un fronte antirazzista in questo Paese che sta andando a destra, significa difendere i senzatetto dal decreto Minniti... questa è lotta di classe, bisogna solo spiegarlo".
D. Ma se la protesta sociale è raccolta dal M5S, a quali fasce e soggetti è diretta la vostra proposta politica? Magari all’enorme fascia di astenuti?
R. "La protesta raccolta dai 5Stelle è una protesta finta, di tantissime persone che ancora vedono il problema parzialmente e che si sono fatte convincere dalla forza nuova e giovane che si è contrapposta ai vecchi della politica.
Tante persone che hanno votato il M5S sono di sinistra, senza partito e senza guida: noi ci dobbiamo rivolgere a loro, alle migliaia di persone che hanno cercato un'alternativa e l'hanno trovata in Di Maio o nell'astensione".
D. Jobs Act e abolizione dell’articolo 18: cose di destra, come tutta la politica economica dei governi di B. e di R. e dintorni (Gentiloni incluso)?
R. "Certamente. Come potremmo definire un provvedimento che precarizza il lavoro, che regala soldi alle imprese invece di investirli in servizi sociali? Come giudicare provvedimenti che rendono più semplice e meno rischioso licenziare? E' il lavoratore che viene colpito da leggi come queste: si trova più debole, più precario, più sfruttato.
Sono governi come questo che ci hanno impoverito, togliendo a chi ha meno per dare a chi ha di più. Chiamiamo le cose con il loro nome: la destra è questa, e il PD è un partito di destra".
D. Rei e reddito di cittadinanza: cosa pensa PaP? E’ un avanzamento o assistenzialismo e populismo?
R. "La centralità è il lavoro. Sono il lavoro, i diritti e i servizi a definire il grado di ricchezza dei cittadini e di una società. Siamo ricchi quando andiamo a lavorare con la certezza di non morire, con la sicurezza di uno stipendio che permetta di provvedere alle esigenze nostre e dei nostri cari; quando siamo sicuri di essere curati ogni qual volta ci ammaliamo, quando riceviamo un'istruzione che ci insegni a fare scelte che contribuiscano alla nostra felicità, quando possiamo accedere ai beni che una società produce; e siamo ricchi quando possiamo imparare da chi viene da posti sconosciuti... questa è la nostra idea di ricchezza: i diritti, l'uguaglianza, la fratellanza.
Il reddito universale (cioè per tutti, senza alcuna distinzione) può essere un sostegno alla povertà crescente, dunque va bene. Non ci piacciono però quelle declinazioni del provvedimento che vedono nella cittadinanza una condizione necessaria per accedere al sostegno economico.
Possiamo dire che la povertà si combatte con il lavoro e con i diritti. Un reddito per tutte e tutti indipendentemente dalla loro condizione di cittadini è utile per dare un aiuto a uscire da una condizione di povertà, ma non può sostituire tutto il resto".
D. E del Rosatellum che garantisce la casta, i burocrati dei partiti e i movimenti, riducendo tutto a consorteria, a danno della vera rappresentanza e dei territori, indebolendo l’idea di partecipazione e di democrazia?
R. "La nostra risposta è compresa nella domanda. PaP è un movimento territoriale, che cerca di dare rappresentanza a chi in questi anni ha lottato contro l'espropriazione di ricchezza sociale a favore dei privati.
I nostri candidati, i nostri militanti, non sono ceto politico, sono persone che ogni giorno rivendicano diritti e costruiscono spazi di uguaglianza".
D. Quale sistema elettorale è il più democratico e auspicabile?
R. "Un proporzionale puro darebbe qualche spazio di democrazia in più".
D. Userete la rete per comunicare e come vi finanziate?
R. "Internet è ormai uno strumento usato da tutti, quindi continueremo ad usare le pagine ed i profili su facebook, twitter ed il sito: permettono di raggiungere tante persone in pochissimo tempo.
PaP si finanzia con le donazione ed i contributi che ci lasciano i sostenitori: abbiamo un contatore pubblico delle donazioni sul nostro sito".
D. Dopo il risultato di queste politiche, ci sarete alle Europee del 2019?
R. "Vedremo. Dipende da come si evolverà e da come crescerà il nostro movimento. Soprattutto, dipenderà dalle spinte che avremo dai territori in cui siamo presenti. L'ultima parla spetta sempre alle assemblee territoriali".
D. Voi siete per l’abolizione delle spese militari, che libererebbe molte risorse: da impegnare in che modo?
R. "C'è solo da divertirsi! Con le decine di milioni di euro risparmiati si potrebbe investire in tutti i settori in cui ci sono stati tagli negli ultimi anni: istruzione, sanità, trasporti... renderebbe le nostre vite sicuramente più belle".
D. Qual'è la vostra analisi su un governo a 5 stelle o di destra a trazione leghista che si prospetta?
R. "Sono tutte opzioni che non ci piacciono. Voglio però dire qualche parola sui 5 stelle. Il M5S su molti punti ha posizioni di destra: sulle politiche di accoglienza non fa altro che riproporre una politica di respingimenti; sul lavoro non sembra essersi speso molto nelle battaglie contro il Jobs- Act; ha una forte matrice giustizialista, mentre noi siamo stati gli unici a parlare di riforma carceraria, ripensamento della funzione della pena e abolizione del 41bis.
Inoltre, non ha una politica chiara in materia di legislazione europea, e anche sull'ambiente sembra aver gradualmente cambiato opinione: ricordiamo una conferenza stampa recente in cui Di Maio affermava di voler affrontare la questione libica allo scopo di sostenere e sviluppare la presenza dell'ENI in quelle regioni.
Detto questo, però, tra quel 33% di elettori ci sono anche voti che possono spostarsi dalla nostra parte. Ci sono i voti di quei lavoratori delusi dalle politiche dei precedenti governi, ci sono i voti degli scontenti della buona scuola, i voti degli utenti delle ASL in dismissione, e - perché no - anche i voti di alcuni militanti che magari hanno preferito votare il M5S perché su alcuni territori sembrava più utile. Nessun problema, non abbiamo paura.
Questi voti, questo sostegno, ce lo riprenderemo a poco a poco. La prossima volta, sarà il nostro turno e il cambiamento radicale sarà già arrivato".
Chi vuol ritirare la delega ai partiti e movimenti sulla scena e gestirla in proprio. Chi coagulare le esperienze dei centri sociali e l’associazionismo militante sul territorio su temi aspri e complessi dello sviluppo possibile e compatibile, gli antagonismi di massa, ma anche la sinistra radicale del Brancaccio e del “No” al referendum sulla Costituzione del 5 dicembre 2016, quella – per semplificare - rimasta su posizioni coerenti o, almeno, che non cercava un posto al sole nelle liste della sinistra storica.
Per una rilettura radicale della globalizzazione e le infinite contraddizioni (dal Jobs Act all’articolo 18), che escludono dal ”patto sociale” milioni di donne e uomini e la loro ricchezza umana, perizia professionale, generosità esistenziale.
Rilanciando l’idea multiforme di un protagonismo e un soggettivismo storico che non si vedevano dagli anni Settanta, un’autovalorizzazione come classe sociale che produce la ricchezza, ma è esclusa dal suo godimento, con l’ascensore sociale rotto e la precarietà diffusa anche nelle classi medie.
“Potere al popolo!”, sebbene oscurata dai media, ha partecipato alle elezioni del 4 marzo scorso ed ha raccolto in pochi giorni 40mila firme. Da poco emersa dal sottosuolo, mettendo in rete i centri sociali e l’antagonismo della società, si è data un programma, ha trovato i candidati nei collegi di tutta Italia: l’1% raccolto potrebbe essere un punto di partenza per altri orizzonti, dalle magnifiche sorti e progressive?
Lo chiediamo a Viola Carofalo, la "pasionaria" rossa che da Napoli ha lavorato per tutto questo.
DOMANDA: Non era presto per andare alle elezioni, non conveniva meglio un maggiore radicamento territoriale?
RISPOSTA: "Molte delle realtà che hanno animato Potere al Popolo nella varie città sono già radicate sui propri territori, portando avanti lotte ed attività quotidiane. La sfida questa volta era di andare oltre i confini cittadini ed arrivare ad un piano nazionale. Noi crediamo di avercela fatta: il risultato raggiunto non ci ha portati in Parlamento, ma Potere al Popolo non nasce per le elezioni, ma è un progetto che ha visto nelle elezioni una opportunità per aggregare persone ed associazioni, farsi conoscere e creare un gruppo che possa andare avanti nel tempo".
D. E' da collocare nel post-ideologico, al crepuscolo delle ideologie, portatrice di un’utopia ricca quanto sganciata da ogni passato?
R. "Assolutamente no, e non ci piace chi fa del post-ideologico la propria bandiera. L'abbiamo detto tantissime volte: noi siamo di sinistra, ma di una sinistra vera, che si fa portavoce dei lavoratori e degli sfruttati e cammina ogni giorno al loro fianco. Potere al Popolo vuole anzi ridare significato e dignità ad una sinistra che per decenni si è spostata sempre più a destra".
D. Guardate alle esperienze di Podemos e Syriza sperando di trascinare le masse lobotomizzate dalla tv e dalla subcultura dilagante su contenuti ben precisi?
R. "Guardiamo alle esperienze europee e di tanti altri Paesi per gli insegnamenti che possono darci: è interessante sapere ed analizzare come si sono costituiti, che struttura organizzativa si sono dati, come hanno interagito con le persone che li hanno supportati, come hanno sapientemente usato i social network e tutto il web, e soprattutto come sono riusciti a utilizzare un linguaggio e una comunicazione più vicina alle esigenze contemporanee.
Potere al popolo si inserisce in questo cambiamento e lo sostanzia con pratiche quotidiane di mutualismo e di rivendicazione sociali".
D. Che tipo di analisi politica sviluppate sull’attuale momento storico-economico-culturale?
R. "Dipende da quale aspetto vogliamo guardare e da quale punto di vista vogliamo adottare. In Italia sono aumentate le disuguaglianze sociali, sono aumentati i lavoratori a rischio povertà, sono aumentati i disoccupati e i precari; tutto sembra essere deciso "altrove"... e spesso molti sono rassegnati a subìre determinate decisioni e provano a vedere il nemico in chi sta peggio.
Per questo il discorso razzista, incoraggiato anche dal PD, ha fatto presa su molte persone, per questo molti credono che sia più facile e risolutivo votare qualcuno che promette di respingere i barconi di chi prova a trovare una vita migliore nel nostro Paese, che non contrattare migliori condizioni di lavoro, chiedere una seria politica sugli affitti... insomma lottare in prima persona per vedersi garantiti i propri diritti.
Molti, ma non tutti, è vero, infatti, che l'Italia è anche un Paese in cui ci si è mobilitati tantissimo, in cui si sono costruite lotte sul lavoro, momenti di aggregazione attorno a rivendicazioni sociali e vere e proprie risposte ai problemi delle classi popolari. E' venuto il momento di rafforzare e supportare queste realtà creando delle reti nazionali forti e stabili.
Potere al popolo nasce per questo, per rendere più forte quello che già c'è e per dare una speranza di cambiamento a chi finora non ha costruito momenti di lotta e di opposizione perché si è sentito solo".
D. I punti essenziali del programma di PaP?
R. "Il lavoro, le pensioni e l'ambiente. Vogliamo che tutti abbiano un lavoro stabile e dignitoso e che l'età pensionabile venga abbassata - è impensabile tenere le persone a lavorare fino a 67 anni.
Per quanto riguarda l'ambiente, vogliamo delle politiche serie di tutela, bonifica e controllo, e soprattutto che chi abita un territorio abbia la possibilità di esprimersi e deciderne.
Ci sono altri punti che riteniamo importantissimi (su istruzione, sanità, giustizia, redistribuzione della ricchezza) e non sono nemmeno tanti: 15 punti, chiari e sintetici per far arrivare dritto il messaggio".
D. I diritti garantiti dalla Costituzione ormai sembrano parole vuote, come il termine democrazia: come ridar loro un senso?
R. "Noi pensiamo che possiamo dare un senso a ciò che è scritto nella Costituzione soltanto attuandoli. E se non lo fanno le istituzioni lo facciamo noi dal basso: per la sanità gratuita, apriamo ambulatori gratuiti, blocchiamo i pagamenti dei ticket; per il diritto alla casa, possiamo fermare gli sfratti e pretendere che ci siano dei bandi trasparenti per l'assegnazione degli alloggi popolari; per il diritto all'istruzione attiviamoci per partire con doposcuola gratuiti da offrire alle famiglie in difficoltà.
Ci sono tanti altri esempi da fare, ma che vanno tutti nel concreto così che possiamo dimostrare che attuare la Costituzione è possibile".
D. Il sistema attuale produce disoccupati, diseredati, milioni di laureati da call center e di laureati col master a cui si offre solo precarietà a vita o la valigia per partire impoverendo i territori: così donne e uomini non possono vivere e pensare a un futuro e il sistema-paese va al default: qual’è la vostra analisi per un domani di pane e dignità per le nuove generazioni e le vecchie rimaste sulla strada?
R. "Ripartiamo dal lavoro: ancora deve essere stabile e dignitoso, che possa assicurarci di vivere, non solo di sopravvivere. Insieme a questo ovviamente bisogna pensare a delle politiche serie ed efficaci di redistribuzione della ricchezza, dare ai lavoratori quanto gli è stato tolto, non solo sotto forma di denaro ma anche di servizi (istruzione, trasporti....).
Soltanto così si riuscirà a risolvere il problema dei diseredati che - per inciso - aumentano sempre di più, di tutte le fasce d'età e di tutte le provenienze geografiche".
D. Alle vostre assemblee si sentono espressioni anni Settanta, fuori l’Italia dalla Nato e lotta di classe: sono temi che intendete rilanciare aggiornandoli al tempo 2.0 dei social?
R. "In un certo senso sì, o meglio, vogliamo spiegare cosa intendiamo con questi concetti. Fare lotta di classe, non significa solo scioperare nella fabbrica inglese del 1800, ma significa anche dare voce a chi in quella fabbrica ci lavora ancora oggi, ma non è ascoltato, significa costruire un fronte antirazzista in questo Paese che sta andando a destra, significa difendere i senzatetto dal decreto Minniti... questa è lotta di classe, bisogna solo spiegarlo".
D. Ma se la protesta sociale è raccolta dal M5S, a quali fasce e soggetti è diretta la vostra proposta politica? Magari all’enorme fascia di astenuti?
R. "La protesta raccolta dai 5Stelle è una protesta finta, di tantissime persone che ancora vedono il problema parzialmente e che si sono fatte convincere dalla forza nuova e giovane che si è contrapposta ai vecchi della politica.
Tante persone che hanno votato il M5S sono di sinistra, senza partito e senza guida: noi ci dobbiamo rivolgere a loro, alle migliaia di persone che hanno cercato un'alternativa e l'hanno trovata in Di Maio o nell'astensione".
D. Jobs Act e abolizione dell’articolo 18: cose di destra, come tutta la politica economica dei governi di B. e di R. e dintorni (Gentiloni incluso)?
R. "Certamente. Come potremmo definire un provvedimento che precarizza il lavoro, che regala soldi alle imprese invece di investirli in servizi sociali? Come giudicare provvedimenti che rendono più semplice e meno rischioso licenziare? E' il lavoratore che viene colpito da leggi come queste: si trova più debole, più precario, più sfruttato.
Sono governi come questo che ci hanno impoverito, togliendo a chi ha meno per dare a chi ha di più. Chiamiamo le cose con il loro nome: la destra è questa, e il PD è un partito di destra".
D. Rei e reddito di cittadinanza: cosa pensa PaP? E’ un avanzamento o assistenzialismo e populismo?
R. "La centralità è il lavoro. Sono il lavoro, i diritti e i servizi a definire il grado di ricchezza dei cittadini e di una società. Siamo ricchi quando andiamo a lavorare con la certezza di non morire, con la sicurezza di uno stipendio che permetta di provvedere alle esigenze nostre e dei nostri cari; quando siamo sicuri di essere curati ogni qual volta ci ammaliamo, quando riceviamo un'istruzione che ci insegni a fare scelte che contribuiscano alla nostra felicità, quando possiamo accedere ai beni che una società produce; e siamo ricchi quando possiamo imparare da chi viene da posti sconosciuti... questa è la nostra idea di ricchezza: i diritti, l'uguaglianza, la fratellanza.
Il reddito universale (cioè per tutti, senza alcuna distinzione) può essere un sostegno alla povertà crescente, dunque va bene. Non ci piacciono però quelle declinazioni del provvedimento che vedono nella cittadinanza una condizione necessaria per accedere al sostegno economico.
Possiamo dire che la povertà si combatte con il lavoro e con i diritti. Un reddito per tutte e tutti indipendentemente dalla loro condizione di cittadini è utile per dare un aiuto a uscire da una condizione di povertà, ma non può sostituire tutto il resto".
D. E del Rosatellum che garantisce la casta, i burocrati dei partiti e i movimenti, riducendo tutto a consorteria, a danno della vera rappresentanza e dei territori, indebolendo l’idea di partecipazione e di democrazia?
R. "La nostra risposta è compresa nella domanda. PaP è un movimento territoriale, che cerca di dare rappresentanza a chi in questi anni ha lottato contro l'espropriazione di ricchezza sociale a favore dei privati.
I nostri candidati, i nostri militanti, non sono ceto politico, sono persone che ogni giorno rivendicano diritti e costruiscono spazi di uguaglianza".
D. Quale sistema elettorale è il più democratico e auspicabile?
R. "Un proporzionale puro darebbe qualche spazio di democrazia in più".
D. Userete la rete per comunicare e come vi finanziate?
R. "Internet è ormai uno strumento usato da tutti, quindi continueremo ad usare le pagine ed i profili su facebook, twitter ed il sito: permettono di raggiungere tante persone in pochissimo tempo.
PaP si finanzia con le donazione ed i contributi che ci lasciano i sostenitori: abbiamo un contatore pubblico delle donazioni sul nostro sito".
D. Dopo il risultato di queste politiche, ci sarete alle Europee del 2019?
R. "Vedremo. Dipende da come si evolverà e da come crescerà il nostro movimento. Soprattutto, dipenderà dalle spinte che avremo dai territori in cui siamo presenti. L'ultima parla spetta sempre alle assemblee territoriali".
D. Voi siete per l’abolizione delle spese militari, che libererebbe molte risorse: da impegnare in che modo?
R. "C'è solo da divertirsi! Con le decine di milioni di euro risparmiati si potrebbe investire in tutti i settori in cui ci sono stati tagli negli ultimi anni: istruzione, sanità, trasporti... renderebbe le nostre vite sicuramente più belle".
D. Qual'è la vostra analisi su un governo a 5 stelle o di destra a trazione leghista che si prospetta?
R. "Sono tutte opzioni che non ci piacciono. Voglio però dire qualche parola sui 5 stelle. Il M5S su molti punti ha posizioni di destra: sulle politiche di accoglienza non fa altro che riproporre una politica di respingimenti; sul lavoro non sembra essersi speso molto nelle battaglie contro il Jobs- Act; ha una forte matrice giustizialista, mentre noi siamo stati gli unici a parlare di riforma carceraria, ripensamento della funzione della pena e abolizione del 41bis.
Inoltre, non ha una politica chiara in materia di legislazione europea, e anche sull'ambiente sembra aver gradualmente cambiato opinione: ricordiamo una conferenza stampa recente in cui Di Maio affermava di voler affrontare la questione libica allo scopo di sostenere e sviluppare la presenza dell'ENI in quelle regioni.
Detto questo, però, tra quel 33% di elettori ci sono anche voti che possono spostarsi dalla nostra parte. Ci sono i voti di quei lavoratori delusi dalle politiche dei precedenti governi, ci sono i voti degli scontenti della buona scuola, i voti degli utenti delle ASL in dismissione, e - perché no - anche i voti di alcuni militanti che magari hanno preferito votare il M5S perché su alcuni territori sembrava più utile. Nessun problema, non abbiamo paura.
Questi voti, questo sostegno, ce lo riprenderemo a poco a poco. La prossima volta, sarà il nostro turno e il cambiamento radicale sarà già arrivato".