16 aprile 1988, le Brigate Rosse uccidono Roberto Ruffilli

di NICOLA ZUCCARO - Forlì, sabato 16 aprile 1988. Di ritorno da un convegno in città, sorpreso dai brigatisti Stefano Minguzzi e Franco Grilli che, travestiti da postini e con la scusa di recapitargli un pacco postale, lo fecero inginocchiare per essere trucidato con 3 colpi alla nuca, perì Roberto Ruffilli.

A 10 anni di distanza dal rapimento e dall'assassinio di Aldo Moro, il piombo delle Brigate Rosse (come successivamente confermato da un Comunicato risalente al 21 aprile) tornò a colpire mortalmente un esponente democristiano.

Roberto Ruffilli, nato a Forlì nel 1937 e laureatosi nel 1960 in Scienze Politiche all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dopo l'intensa attività accademica, dapprima entrò nel "gruppo di lavoro" del Segretario nazionale della Democrazia Cristiana Ciriaco De Mita, per poi diventarne dello stesso, Consigliere per le Riforme Istituzionali.

Il truce omicidio fu perpetrato a pochi giorni di distanza dalla fiducia che il parlamento votò al Governo presieduto dal medesimo De Mita e al termine di un decennio che registrò il ritorno dell'eversione brigatista 2 anni prima (10 febbraio 1986) con l'uccisione in Firenze dell'ex sindaco Lando Conti.

L'apertura del testamento di Ruffilli, avvenuta il 7 maggio 1988 ( a 2 giorni dal decimo anniversario del rinvenimento in Via Caetani a Roma, del corpo di Aldo Moro nel bagagliaio di una Renault 4) segna quel filo rosso della storia contemporanea italiana che legò dalla fine degli anni '70 alla seconda metà degli anni '80 il martirio democristiano agli eccidi compiuti dalle Brigate Rosse.