di VITTORIO POLITO - In occasione del cinquantenario (1956) dell’affidamento ai Frati Minori della Parrocchia alla Chiesa di Sant’Antonio di Bari, oggi Santuario, che ricade il 13 giugno, furono organizzate varie manifestazioni per ricordare l’importante evento, anche per la coincidenza con la festa del Santo.
Tra le iniziative culturali fu pubblicato il volumetto dedicato al Santo di Padova, “Sant’Antonio mio benigno…”, firmato da Paolo Malagrinò e Anna Maria Tripputi, nel quale si parla della presenza francescana in Puglia e di quella di San Francesco a Bari. Una fra le leggende più note è quella della tentatrice, che mette a confronto San Francesco e Federico II, il quale ultimo colpito dalla predica di Francesco che condanna l’immoralità e la corruzione, decide di metterlo alla prova e lo invita a cena al castello, preparandogli una trappola con l’aiuto dei cortigiani. Infatti, dopo un’abbondante cena fu condotto in una stanza e ad un tratto fecero comparire una bella fanciulla abbigliata con tutti i tranelli della seduzione, ma il Santo non cascò. Lo stesso Federico colpito dalla santità del Frate, abbracciandolo, gli chiese perdono per la sua nefandezza.
Il volume ricorda anche i conventi francescani a Bari, le devozioni nella chiesa di Sant’Antonio (Sant’Antonio, l’Addolorata e il Crocifisso), ed è arricchito da un’appendice documentaria che illustra l’Archivio, la biblioteca ed il patrimonio artistico del Convento e della Chiesa che fu inizialmente dedicata a San Bernardino da Siena.
Motivo di questa nota è finalizzata a far conoscere il patriottismo dei Frati del Convento di Sant’Antonio di Bari, riportata da Vito Antonio Melchiorre (1922-2010), nel numero 28 di “Nicolaus Studi storici” (anno XV, fasc. 1, 2004).
Nella seconda metà dell’ottocento, in seguito all’insorgere dei moti (1848), i Frati si prodigarono con alto patriottismo fino al compimento dell’unità nazionale. Risulta, infatti, dai racconti di Antonio Beatillo, che quando Ferdinando II, disattese la Costituzione del 1848, molti patrioti furono costretti a lasciare “le dolcezze del focolare domestico” per luoghi più sicuri e scelsero Bari, certi di trovare accoglienza nel Convento di Sant’Antonio, ove i Frati mettevano a repentaglio la propria vita per aiutarli. Nel Convento rimasero nascosti per lungo tempo Giovanni Rossi da Trani, procuratore generale presso la Gran Corte Criminale di Lecce, Giuseppe Insanguine, Pietro Tinella (quest’ultimo penitenziere delle Cattedrale di Castellaneta) ed altri tre canonici. Nel 1859 raggiunsero il Convento il magistrato tranese Teobaldo Sorgente; Pietro Tisci, Angelo Gigante e Sergio Fontana da Molfetta; Tommaso Pantaleo, Gabriele Esperti e Paolo Veracino da Conversano; Camillo Morea e Domenico Buttiglione da Gioia del Colle; Giuseppe Bozzi, Domenico Sagarriga e Sante Noja da Bari e molti altri, che la polizia borbonica assediò giorno e notte nel convento, vietando a tutti di transitare nelle vicinanze. Nel maggio 1860, fu accettato anche il patriota lucano Giacomo Albini, definito ’fratello della patria’ da Giuseppe Mazzini.
Il 21 ottobre 1860, giorno del plebiscito per l’annessione delle province meridionali, i frati vollero pubblicamente esternare i propri sentimenti di italianità, recandosi tutti insieme a deporre nell’urna la scheda col fatidico “si” e riscuotendo dimostrazioni di simpatia mentre entravano nella Chiesa di San Ferdinando, ove era situato l’unico seggio elettorale della città.
Attualmente il Convento-Parrocchia di Sant’Antonio di Padova è stato elevato al rango di Santuario, retto da padre Vito Dipinto, o.f.m., ed è anche sede della Confraternita di Maria SS. della Pietà e di Sant’Antonio di Padova, decretato da padre Fedele Brandonisio il 19 marzo 1931.