ACQUAVIVA DELLE FONTI - Nel 1968 l’Ospedale Miulli di Acquaviva iniziava l’attività di emodialisi per il trattamento della malattia renale cronica terminale. A 50 anni di distanza da quel memorabile momento, l’Ospedale Miulli celebra gli uomini, le idee e il lavoro che hanno reso un servizio di fondamentale importanza alla comunità .
Venerdì 4 maggio la sala convegni dell’Ente ospiterà l’evento intitolato “50 anni di emodialisi al Miulli“, curato dal dott. Carlo Lomonte, direttore della U.O.C. di nefrologia e dialisi. A distanza di 50 anni, nel ricordare quegli eventi, la comunità nefrologica si interroga sui risultati raggiunti e sulle sfide che ancora ci attendono, per poter garantire alle persone affette da malattia renale una maggiore qualità e appropriatezza delle cure.
Nell’ultimo mezzo secolo l’emodialisi si è trasformata, da terapia sperimentale largamente empirica a prima terapia sostitutiva d’organo, accessibile a milioni di persone in tutto il mondo. I nefrologi sono particolarmente orgogliosi di questo risultato. Tuttavia, come per altre malattie croniche, ciò implica una continuità assistenziale per periodi di lunga durata e un notevole impegno di risorse: oggi il numero assoluto di persone in trattamento dialitico cronico in Italia è di circa 45.000 e ogni anno oltre 8.000 individui iniziano una terapia sostitutiva.
Ma, al di là dei numeri e dei progressi tecnologici che hanno reso più sicuro ed efficace il trattamento dialitico, il compito irrinunciabile del nefrologo, così come di tutti gli operatori del settore, è quello di prendersi cura di queste persone, particolarmente fragili e vulnerabili, per restituirle alla pienezza della vita e all’affetto dei propri cari.
Venerdì 4 maggio la sala convegni dell’Ente ospiterà l’evento intitolato “50 anni di emodialisi al Miulli“, curato dal dott. Carlo Lomonte, direttore della U.O.C. di nefrologia e dialisi. A distanza di 50 anni, nel ricordare quegli eventi, la comunità nefrologica si interroga sui risultati raggiunti e sulle sfide che ancora ci attendono, per poter garantire alle persone affette da malattia renale una maggiore qualità e appropriatezza delle cure.
Nell’ultimo mezzo secolo l’emodialisi si è trasformata, da terapia sperimentale largamente empirica a prima terapia sostitutiva d’organo, accessibile a milioni di persone in tutto il mondo. I nefrologi sono particolarmente orgogliosi di questo risultato. Tuttavia, come per altre malattie croniche, ciò implica una continuità assistenziale per periodi di lunga durata e un notevole impegno di risorse: oggi il numero assoluto di persone in trattamento dialitico cronico in Italia è di circa 45.000 e ogni anno oltre 8.000 individui iniziano una terapia sostitutiva.
Ma, al di là dei numeri e dei progressi tecnologici che hanno reso più sicuro ed efficace il trattamento dialitico, il compito irrinunciabile del nefrologo, così come di tutti gli operatori del settore, è quello di prendersi cura di queste persone, particolarmente fragili e vulnerabili, per restituirle alla pienezza della vita e all’affetto dei propri cari.