BARI - “È stata una cerimonia commovente e piena di significato. Una di quelle occasioni in cui il ricordo di chi non c’è più si traduce immediatamente in esortazione all’impegno per la legalità e contro le mafie. La storia di Stefano Fumarulo, raccontata ai tanti ragazzi delle scuole presenti nell’aula magna della Corte d’Appello, si è intrecciata a quella di Giovanni Falcone e di tutti quegli uomini e quelle donne che hanno scelto nella loro vita, tra bene e male, da che parte stare. Stefano incarnava la Costituzione stessa. Nel corso della sua giovane vita, piena di affetti e passione civile, ha dedicato le sue energie alla tutela della legalità , degli ultimi, del contrasto a ogni forma di criminalità e ingiustizia sociale. Niente può rimediare alla sua perdita, ma le tracce che ci ha lasciato, oggi più che mai, sono tangibili e fortissime, e rappresentano la vera e unica spinta ad andare avanti, a non demordere, a proseguire la battaglia quotidiana nelle cose in cui Stefano credeva, per la legalità , per i diritti, per l’uguaglianza delle persone”.
Sono le parole del presidente della regione Puglia Michele Emiliano, che oggi ha partecipato alla cerimonia in ricordo di Giovanni Falcone e di tutte le vittime della mafia, nell’Aula Magna della Corte di Appello di Bari. Nell’occasione è stato conferito un riconoscimento a Stefano Fumarulo, dirigente della Regione Puglia scomparso prematuramente, per il suo impegno nell’antimafia sociale.
Emiliano ha anche ricordato Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo, e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro: “Il 23 maggio 1992 - ha detto - era un sabato e io ero andato a giocare a calcetto, quando sono tornato ero seduto al tavolo della cucina, facevo zapping con il telecomando su una televisione piccolissima, e lì arrivò la notizia di un gravissimo incidente stradale sull'autostrada Palermo-Mazara. Era singolare che un incidente stradale avesse determinato una interruzione dei programmi e quindi, lentamente, l'inquietudine e la sensazione di una gravissima tragedia si fece strada. Da allora è cominciata una storia che ha avuto poi una durissima ripetizione il 19 luglio con l'attentato di via D'Amelio. Una storia alla quale hanno partecipato tutti gli italiani, le scuole, le associazioni, le istituzioni. Molto è cambiato. Allora la lotta alla mafia era considerata quasi un'attività per persone un po' radicali, estremiste. Adesso molte cose sono cambiate, nessuno polemizza contro l'eccesso di impegno che allora Falcone e Borsellino o altri magistrati mettevano nel contrasto alla mafia. Possono cambiare le cose anche senza la morte di uomini insostituibili? Questa è una domanda che lasciamo aperta, ma ci auguriamo che il martirio di questi magistrati e delle loro scorte continui a produrre effetti positivi. Ricordo che ben due degli agenti di scorta di Falcone erano pugliesi: Antonio Montinaro e Rocco Dicillo, che hanno perso la vita con Vito Schifani, loro “fratello” palermitano in questa tragedia. Credo che la mafia, se dovesse fare un bilancio dell’iniziativa di uccidere Falcone e Borsellino, oggi concluderebbe che ha fatto il peggiore errore che potesse immaginare, perché da allora questo Paese si è davvero unito nel contrasto alle organizzazioni criminali. Bisogna insistere, continuare e mettercela tutta come facevano Paolo e Giovanni”.