BARI - In occasione del 26° anniversario della strage di Capaci, in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro, ieri mattina il sindaco Antonio Decaro ha deposto una corona di alloro sotto la targa stradale, in via Falcone e Borsellino, dedicata ai due magistrati uccisi dalla mafia.
“Sono passati 26 anni da quel 23 maggio in cui l’Italia intera restò senza fiato di fronte alle prime immagini della strage di Capaci - ha dichiarato il sindaco di Bari -. In questi giorni, durante un’intervista, mi hanno chiesto cosa avrei voluto dire ai ragazzi che non erano ancora nati negli anni in cui sono state compiute le stragi di Capaci, e poco dopo, di via D’Amelio. A loro vorrei raccontare le mie impressioni di quei giorni, lo sgomento e la paura provati davanti alle immagini devastanti che passavano in tv, le lamiere delle auto infuocate, il suono impazzito delle sirene, il rombo degli elicotteri che sorvolavano la zona, il sangue per terra e la parole frammentate di chi cercava di spiegare al Paese cosa stava accadendo.
È giusto che tutti, ancora oggi, sappiano cos’è accaduto 26 anni fa non solo a Capaci, ma in tutto il Paese. Perché l’attentato costato la vita a Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro non è stato rivolto solo contro il sistema giudiziario italiano, ma è stato un attacco sferrato al cuore del nostro Paese.
L’Italia in quegli anni ha vissuto una delle pagine più buie della sua storia, segnata dalle esplosioni, dal sangue e dalla paura. A Palermo, qualche giorno dopo la strage di Capaci, i cittadini iniziarono ad appendere centinaia di lenzuola bianche ai balconi delle proprie case per manifestare apertamente non solo il proprio dissenso all’uccisione atroce di Giovanni Falcone ma anche, e più ancora, la non appartenenza a un insieme strutturato di logiche che quella morte l’aveva “apparecchiata”. Tra quelle lenzuola spuntava anche qualche bandiera tricolore, a testimonianza che quella non era solo una protesta siciliana ma che tutta L’Italia stava rialzando la testa e chiedendo giustizia.
A questo serve raccontare quegli anni bui e feroci, in cui sono morti ammazzati servitori dello Stato e uomini onesti, che ogni giorno della propria vita hanno lavorato perché Palermo, la Sicilia e l’Italia intera rialzassero la testa.
Serve a ricordarci che dobbiamo sempre tenere alta la testa per guardare avanti, anche nei momenti peggiori, e non importa quanto quelli che ci stanno di fronte sembrino più grandi e cattivi: se pensiamo che una cosa sia ingiusta o di essere vittime di un sopruso dobbiamo combattere per difendere le nostre idee, i nostri diritti e quelli della comunità in cui viviamo.
Giovanni Falcone, come Palo Borsellino, ci ha insegnato, con il suo esempio, che la legalità non è un concetto astratto ma una scelta di vita, è parte integrante di tutto ciò che riguarda la nostra quotidianità . E oggi siamo consapevoli che ognuno di noi, nel suo piccolo, sul proprio territorio, anche con piccoli gesti, può dire no alla mafia, alle sopraffazioni e alla violenza di chi pensa che gli interessi oscuri di pochi possano vincere sul bene di un’intera comunità .
Anche in questa città le mafie hanno sparato e hanno ucciso vittime innocenti, ragazzi, lavoratori, persone per bene, che ogni giorno mancano alle loro famiglie e a chi li ha amati”.
A seguire, il sindaco è intervenuto alla cerimonia in ricordo delle vittime organizzata nel giardino “Peppino Impastato”, a Catino, presso “l’albero Falcone”.
Nel pomeriggio, inoltre, il sindaco Decaro parteciperà alla manifestazione antimafia promossa dall’Istituto salesiano Redentore in piazza Redentore, a partire dalle ore 17.
“Sono passati 26 anni da quel 23 maggio in cui l’Italia intera restò senza fiato di fronte alle prime immagini della strage di Capaci - ha dichiarato il sindaco di Bari -. In questi giorni, durante un’intervista, mi hanno chiesto cosa avrei voluto dire ai ragazzi che non erano ancora nati negli anni in cui sono state compiute le stragi di Capaci, e poco dopo, di via D’Amelio. A loro vorrei raccontare le mie impressioni di quei giorni, lo sgomento e la paura provati davanti alle immagini devastanti che passavano in tv, le lamiere delle auto infuocate, il suono impazzito delle sirene, il rombo degli elicotteri che sorvolavano la zona, il sangue per terra e la parole frammentate di chi cercava di spiegare al Paese cosa stava accadendo.
È giusto che tutti, ancora oggi, sappiano cos’è accaduto 26 anni fa non solo a Capaci, ma in tutto il Paese. Perché l’attentato costato la vita a Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro non è stato rivolto solo contro il sistema giudiziario italiano, ma è stato un attacco sferrato al cuore del nostro Paese.
L’Italia in quegli anni ha vissuto una delle pagine più buie della sua storia, segnata dalle esplosioni, dal sangue e dalla paura. A Palermo, qualche giorno dopo la strage di Capaci, i cittadini iniziarono ad appendere centinaia di lenzuola bianche ai balconi delle proprie case per manifestare apertamente non solo il proprio dissenso all’uccisione atroce di Giovanni Falcone ma anche, e più ancora, la non appartenenza a un insieme strutturato di logiche che quella morte l’aveva “apparecchiata”. Tra quelle lenzuola spuntava anche qualche bandiera tricolore, a testimonianza che quella non era solo una protesta siciliana ma che tutta L’Italia stava rialzando la testa e chiedendo giustizia.
A questo serve raccontare quegli anni bui e feroci, in cui sono morti ammazzati servitori dello Stato e uomini onesti, che ogni giorno della propria vita hanno lavorato perché Palermo, la Sicilia e l’Italia intera rialzassero la testa.
Serve a ricordarci che dobbiamo sempre tenere alta la testa per guardare avanti, anche nei momenti peggiori, e non importa quanto quelli che ci stanno di fronte sembrino più grandi e cattivi: se pensiamo che una cosa sia ingiusta o di essere vittime di un sopruso dobbiamo combattere per difendere le nostre idee, i nostri diritti e quelli della comunità in cui viviamo.
Giovanni Falcone, come Palo Borsellino, ci ha insegnato, con il suo esempio, che la legalità non è un concetto astratto ma una scelta di vita, è parte integrante di tutto ciò che riguarda la nostra quotidianità . E oggi siamo consapevoli che ognuno di noi, nel suo piccolo, sul proprio territorio, anche con piccoli gesti, può dire no alla mafia, alle sopraffazioni e alla violenza di chi pensa che gli interessi oscuri di pochi possano vincere sul bene di un’intera comunità .
Anche in questa città le mafie hanno sparato e hanno ucciso vittime innocenti, ragazzi, lavoratori, persone per bene, che ogni giorno mancano alle loro famiglie e a chi li ha amati”.
A seguire, il sindaco è intervenuto alla cerimonia in ricordo delle vittime organizzata nel giardino “Peppino Impastato”, a Catino, presso “l’albero Falcone”.
Nel pomeriggio, inoltre, il sindaco Decaro parteciperà alla manifestazione antimafia promossa dall’Istituto salesiano Redentore in piazza Redentore, a partire dalle ore 17.