di PIETRO FABRIS - La murena lascia il segno, appare tra gli anfratti scogliosi del Mar Mediterraneo come un pericolo, una minaccia. Qualcuno direbbe: Chi dice che lo sia? Un veleno per l’anima? Forse, ma per il De Matteo è il morso che inietta una stilla di inquietudine; è un siero che schiude la curiosità a visioni e archi acuti, quelli che si espandono in dimensioni verticali, mantenendo salde le fondamenta sulle banchine dell’esperienza che setaccia tra i cocci della rena e la schiuma.
Nelle pagine della raccolta di Poesie di Nicola De Matteo (Edizioni FaLvision), troviamo la murena in una danza sinuosa; la troviamo, al pari delle anguille, serpeggiare nelle correnti dello spirito, mimetizzarsi nei versi e nei riverberi suggestivi tra certi vocaboli scelti con la pazienza di chi sa attendere; nei sussurri malinconici e lucidi della salsedine: eco di sfere oniriche raccolte in una rete di meditazioni ancorate alle coste frastagliate dell’anima. In un abbraccio dal profondo del Silenzio, l’Ascolto della sera con i suoi vagiti e lo scalpitio delle onde spumeggianti… certe strofe sembrano sfilacciarsi alla ricerca di spiagge serene e ormeggi di fermezza. I componimenti di Nicola De Matteo sono intinti nel murice e il rosso purpureo emergendo dai gorghi salati esalta i lastricati del dubbio in una composizione di sassi arrotondati e conchiglie come pietre miliari sui percorsi della consapevolezza e, la routine dei giorni che, nasconde semi preziosi in sabbia tra perle di ostriche ermetiche e granuli inebrianti dell’esistere. Nel dilatarsi dell’ora, il poeta, in un sonno desto, sempre vigile, tende con le sue liriche, una linea d’orizzonte in perfetto equilibrio tra il “dominio” dei tramonti e i mari impetuosi sui quali i venti ingannatori soffiano, alimentando la follia e confondendo i cuori.
Una poesia sottilmente affilata che, come un diapason fende le nebbie e si contrappone al vuoto imperante. I suoi sono versi che rimandano a un mondo che è sostanza di idee e concetti, a un pianeta che anela armonioso a “Repubblica” di verità, ovvero autentico appello alla radice prima (o quadrata) della coscienza come distillato di “respiro vitale” della ricerca zelante.
Nelle pagine della raccolta di Poesie di Nicola De Matteo (Edizioni FaLvision), troviamo la murena in una danza sinuosa; la troviamo, al pari delle anguille, serpeggiare nelle correnti dello spirito, mimetizzarsi nei versi e nei riverberi suggestivi tra certi vocaboli scelti con la pazienza di chi sa attendere; nei sussurri malinconici e lucidi della salsedine: eco di sfere oniriche raccolte in una rete di meditazioni ancorate alle coste frastagliate dell’anima. In un abbraccio dal profondo del Silenzio, l’Ascolto della sera con i suoi vagiti e lo scalpitio delle onde spumeggianti… certe strofe sembrano sfilacciarsi alla ricerca di spiagge serene e ormeggi di fermezza. I componimenti di Nicola De Matteo sono intinti nel murice e il rosso purpureo emergendo dai gorghi salati esalta i lastricati del dubbio in una composizione di sassi arrotondati e conchiglie come pietre miliari sui percorsi della consapevolezza e, la routine dei giorni che, nasconde semi preziosi in sabbia tra perle di ostriche ermetiche e granuli inebrianti dell’esistere. Nel dilatarsi dell’ora, il poeta, in un sonno desto, sempre vigile, tende con le sue liriche, una linea d’orizzonte in perfetto equilibrio tra il “dominio” dei tramonti e i mari impetuosi sui quali i venti ingannatori soffiano, alimentando la follia e confondendo i cuori.
Una poesia sottilmente affilata che, come un diapason fende le nebbie e si contrappone al vuoto imperante. I suoi sono versi che rimandano a un mondo che è sostanza di idee e concetti, a un pianeta che anela armonioso a “Repubblica” di verità, ovvero autentico appello alla radice prima (o quadrata) della coscienza come distillato di “respiro vitale” della ricerca zelante.