BARI - I risultati del Programma Nazionale Esiti presentati a Roma certificano i progressi nella qualità dell’assistenza compiuti dalla Sanità pugliese, che consolidano il trend in miglioramento degli indicatori di esito delle cure in tutte le aree cliniche esplorate, come riconosciuto anche dal Presidente e dal Direttore Generale di AGENAS.
“Quando sono diventato presidente, la sanità pugliese era in rianimazione - ha detto il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano - adesso non è ancora in grado di camminare come potrebbe, ma è migliorata tantissimo. Eravamo penultimi nella classifica dei LEA, i livelli essenziali di assistenza, adesso siamo risaliti di ben 14 punti, il nostro punteggio è 169, quindi tra le regioni adempienti ben oltre la metà della classifica. Siamo tra le prime regioni del centro sud e oggi abbiamo avuto un’ulteriore conferma sulla qualità degli esiti dei singoli atti chirurgici e medici, dell’efficienza dei singoli ospedali, degli eventuali piani di rientro. Questa classifica mostra dei chiari miglioramenti, anche se partivamo talmente indietro che siamo ancora affaticati in alcuni settori. Questi risultati premiano il piano di riordino, che diminuisce gli ospedali, concentra i reparti e aumenta la casistica che addestra i medici, perché più operazioni fai, più diventi bravo”.
Il presidente Emiliano ha colto anche l’occasione per ribadire che “non ci sono stati tagli in sanità, abbiamo solo utilizzato diversamente i soldi, nell’esclusivo interesse pubblico. La vulgata è che si chiudono gli ospedali, ma è un messaggio sbagliato, perché stiamo chiudendo strutture non efficienti e insicure per dare al cittadino ospedali di adeguato livello. La riqualificazione della spesa è la chiave del ragionamento, perché stiamo allocando le risorse dove servono, senza alcun taglio o disabilitazione, ma rispettando la centralità del paziente per offrirgli i servizi migliori. Ricordo che la Puglia deve cogliere gli stessi obiettivi dell’Emilia Romagna con 15mila addetti in meno e 800milioni l’anno in meno dal fondo sanitario nazionale: nonostante ciò abbiamo abbiamo fatto crescere le nostre performance. Questo trend che oggi viene attestato dai dati ancora non si vede nelle corsie, ma esiste, e col tempo verrà anche percepito. Siamo infatti convinti che l’anno prossimo i dati miglioreranno ulteriormente e con essi anche la percezione che ha il paziente”.
“Il miglioramento di gran parte degli indicatori di esito e spesso per tassi percentuali anche robusti conferma l’efficacia dei programmi di riordino e riqualificazione delle reti, prima fra tutte quella ospedaliera indicatori - ha dichiarato il commissario straordinario Aress Giovanni Gorgoni - e rivela alta reattività clinica e organizzativa dei professionisti più motivati, posto che tali miglioramenti sono avvenuti nonostante i limiti assunzionali di legge. E sono risultati vincenti anche i programmi regionali di Audit per gli operatori sull’impiego costruttivo dei dati PNE”.
“Il confronto con le regioni migliori a cui tutti aspiriamo non è fatto sui sentimenti, ma sui numeri - ha spiegato Giancarlo Ruscitti direttore del dipartimento Promozione della Salute - In Puglia tutti, guardando questi numeri, sapranno che la sanità è gestita al meglio. Una trasformazione è avvenuta, a saldi invariati rispetto al fondo sanitario nazionale che è fermo da anni. Solo con la concentrazione delle performance in pochi luoghi sicuri aumenta la qualità delle prestazioni, si riduce la permanenza nel posto letto e migliora la qualità chirurgica. Chiunque giustifichi la disseminazione sul territorio di presidi inutili, dannosi e costosi, fa un ragionamento inverso a quello che è l’interesse pubblico. Stiamo invece riuscendo a parità di spesa a migliorare la qualità dei servizi ai cittadini”.
Migliora la tempestività di intervento chirurgico sulle fratture del collo del femore sopra i 65 anni di età, essenziale per ridurre gli esiti negativi dopo il trauma e consentire il migliore recupero funzionale: se nel 2010 solo il 14% dei pazienti pugliesi veniva operato entro due giorni, nel 2016 la proporzione di interventi tempestivi è del 49%. osservando i risultati dei dieci migliori ospedali italiani per questo indicatore, ben due sono pugliesi: l’ospedale Di Venere di Bari, che è quinto in ordine di frequenza con una percentuale del 95% e l’ospedale di Francavilla Fontana che raggiunge il 93%. Sono 5 le strutture pugliesi che superano il 70% (Castellaneta, Scorrano, Ostuni, Policlinico di Bari e Vito Fazzi di Lecce).
Nell’area cardiologica si registra una riduzione della mortalità a 30 giorni dopo infarto miocardico acuto, che passa dall’11% del 2010 al 9% nel 2016. Sono ben sedici i reparti dove si riscontra una mortalità più bassa della media nazionale dell’8%, con le migliori performance ascrivibili all’Ospedale di Bisceglie, agli Ospedali Riuniti di Foggia e all’ospedale di Gallipoli. Questo indicatore, secondo AGENAS, misura la qualità dell’intero processo assistenziale del paziente con infarto, a partire dall’accesso ai servizi di emergenza, testimoniata anche dalla riduzione del 3% dell’insorgenza di complicanze maggiori cardiovascolari a un anno dalla malattia.
Questo risultato è legato alla definizione di percorsi clinici che hanno determinato l’incremento della percentuale di pazienti trattati con angioplastica coronarica entro 48 ore dal 28% del 2010 al 42% nel 2016.
L’ottimizzazione dei nodi della rete ospedaliera è testimoniata dall’incremento del 15% della proporzione di colecistectomie trattate appropriatamente in reparti con attività superiore a 90 interventi annui, indicatore che raggiunge quota 97% nel 2016. Il 66% dei pazienti in Puglia ha oggi una degenza post-operatoria inferiore a 3 giorni, contro il 50% del 2010. Nel 2016 il 33% degli interventi è stato eseguito in regime di day surgery, mentre la percentuale era appena dell’8% nel 2010.
Accanto al miglioramento degli esiti delle cure, si assiste all’incremento di appropriatezza nell’assistenza di patologie che necessitano di una presa in carico da parte delle strutture territoriali: l’ospedalizzazione per diabete senza complicanze passa da un tasso di 0,47 per 1000 abitanti a 0,12, anche al di sotto del valore nazionale (che da 0,25 diventa l’anno scorso 0,13); il ricorso al ricovero ospedaliero si è drasticamente ridotto per l’ipertensione arteriosa (era 1,66 nel 2010, diventa 0,39 nel 2016) ma anche per lo scompenso cardiaco (da 5,1 a 3,8); le malattie respiratorie croniche mostrano una riduzione del tasso per 1000 abitanti da 5 nel 2010 a 2 nel 2016, pur con le variazioni territoriali legate alle specificità epidemiologiche (come l’area di Taranto e Brindisi, dove si registrano valori più elevati). Su queste patologie la Regione sta avviando la sperimentazione Care Puglia, un modello di presa in carico delle cronicità che punta al potenziamento della medicina di iniziativa e di prossimità, alla definizione di piani assistenziali individuali che raccolgano le esigenze specifiche di ogni paziente e lo accompagnino nel percorso di cura.
Alcune aree mostrano ancora criticità di sistema, su cui si sta concentrando l’azione del Governo regionale: l’anno scorso il modello di offerta assistenziale in ambito oncologico si presentava ancora estremamente frammentato, con una dispersione della casistica sulla quale si sta intervenendo attraverso la costruzione della Rete Oncologica; e anche sui parti cesarei, nonostante il miglioramento dell’indicatore che passa dal 39% del 2010 al 31% del 2016, non possiamo ancora dirci soddisfatti ed è questo il motivo per cui particolare attenzione stiamo prestando all’assistenza materno-infantile, con la concentrazione dei parti in ospedali sicuri e l’attivazione del trasporto neonatale in emergenza.
Incoraggianti anche i progressi sui 21 indicatori di esito selezionati dalla legge 208/2015 per individuare gli ospedali pubblici italiani che devono sottoporsi a piani di rientro in caso di mancato rispetto degli stessi: se nel 2015 solo 10 ospedali su 31 si potevano definire ottemperanti, nel 2016 questo numero sale a 16 ospedali.
Sui dati di esito AreSS ha avviato da tempo un programma strutturato di formazione e audit degli operatori per migliorare la lettura degli indicatori e l’impiego degli stessi per l’avvio di percorsi di miglioramento clinico e organizzativo. E nello scorso anno il sistema PNE ha fornito le aree di criticità su cui si è concentrato il primo Lean LAB di AreSS per il miglioramento organizzativo con tecniche di “pensiero snello”.