di VITTORIO POLITO - Si è concluso presso il Ristofish “La Pesciera” di Bari, il secondo anno dell’Accademia del Mare, nata da un’idea di Gianni Gelardi, medico otorinolaringoiatra e citologo nasale, in collaborazione con Silvestro Carofiglio, noto imprenditore barese e Francesca De Santis, imprenditrice, rispettivamente Preside, Rettore e Direttrice amministrativa.
L’Accademia del Mare, com’è noto, è frequentata da studiosi, cultori, amanti del mare, professionisti e buongustai ed è finalizzata a difendere e diffondere la maresità e la baresità, ed ha come obiettivo l’estensione della cultura del mare e dei suoi prodotti, nonché l’arte culinaria tipica della tradizione barese. In sostanza rappresenta un momento di conoscenza e formazione sui prodotti del nostro mare e le bontà gastronomiche che solo qualificati chef sono in grado di preparare.
L’argomento trattato nell’ultima lezione è stato il cosiddetto “ciambòtte”, piatto povero nato fra le famiglie dei pescatori che cucinavano insieme diverse varietà di pesce di poco pregio, unitamente a cozze, frutti di mare, ecc., gustosissimo, che Gianni Gelardi e lo stesso Silvestro Carofiglio hanno illustrato, prima con la dotta ed esaustiva lezione teorica e poi con la “prova pratica” della degustazione, predisposta magistralmente dallo staff della “Pesciera” guidato dalla chef Tonia Teofilo.
“U ciambòtte” (da ‘ciambe’, zampata o manata), altro non è che un misto di pesce povero di scoglio, di vario tipo e taglio (scorfani, labridi, girelle, ghiozzi, donzelle, cicale, ecc.), per preparare un sughetto rosso (la zuppa), per condire un prelibato piatto di spaghetti. “U ciambòtte” si pesca con diversi tipi di rete e con il tramaglio di limitata lunghezza ed altezza, in acque basse lungo la costa.
Secondo qualcuno l'origine del nome si potrebbe far risalire al periodo della permanenza delle truppe americane nel nord della Puglia durante la seconda guerra mondiale. Infatti jam-boat (marmellata di mare), potrebbe essere stato coniato proprio in quel periodo per indicare appunto un insieme di pesci di piccolo calibro, non destinati alla vendita, che le famiglie di pescatori serbavano per loro per preparare appunto le zuppe di mare. Per altri deriva dal francese dialettale ‘chabrot’ miscuglio di cose liquide (?).
Tornando alla lezione, i “docenti” ci hanno detto tutto, attraverso le immagini, sulle qualità dei pesci che vanno inseriti nella “zuppa du ciambòtte”, che si può preparare non solo con il pesce di poco pregio, ma anche con quello pregiato, come ad esempio, la zuppa alla gallipolina, che prevede scorfano, cernia, sarago, gamberi imperiali, seppie, ecc.
Gelardi ha ricordato anche un’antica ricetta della cucina povera di altri tempi: i vermicelli col sugo di “pesce fuggito” ovvero “Vremecìedde cu suche du pèssce fesciùte”, un piatto settecentesco poverissimo, dal momento che il pesce non è presente, ma si utilizzano alghe e pietre marine (ovviamente di mare non inquinato).
L’amabile, indimenticabile e …gustosa serata, si è conclusa con la consegna dei diplomi di “Accademico del Mare” agli “studenti” dell’Accademia. Anche il vostro cronista, che ha seguito e “annotato” puntualmente tutte le lezioni è stato promosso “Accademico del Mare”.
Complimenti per tutti: docenti e discenti.
L’Accademia del Mare, com’è noto, è frequentata da studiosi, cultori, amanti del mare, professionisti e buongustai ed è finalizzata a difendere e diffondere la maresità e la baresità, ed ha come obiettivo l’estensione della cultura del mare e dei suoi prodotti, nonché l’arte culinaria tipica della tradizione barese. In sostanza rappresenta un momento di conoscenza e formazione sui prodotti del nostro mare e le bontà gastronomiche che solo qualificati chef sono in grado di preparare.
L’argomento trattato nell’ultima lezione è stato il cosiddetto “ciambòtte”, piatto povero nato fra le famiglie dei pescatori che cucinavano insieme diverse varietà di pesce di poco pregio, unitamente a cozze, frutti di mare, ecc., gustosissimo, che Gianni Gelardi e lo stesso Silvestro Carofiglio hanno illustrato, prima con la dotta ed esaustiva lezione teorica e poi con la “prova pratica” della degustazione, predisposta magistralmente dallo staff della “Pesciera” guidato dalla chef Tonia Teofilo.
“U ciambòtte” (da ‘ciambe’, zampata o manata), altro non è che un misto di pesce povero di scoglio, di vario tipo e taglio (scorfani, labridi, girelle, ghiozzi, donzelle, cicale, ecc.), per preparare un sughetto rosso (la zuppa), per condire un prelibato piatto di spaghetti. “U ciambòtte” si pesca con diversi tipi di rete e con il tramaglio di limitata lunghezza ed altezza, in acque basse lungo la costa.
Secondo qualcuno l'origine del nome si potrebbe far risalire al periodo della permanenza delle truppe americane nel nord della Puglia durante la seconda guerra mondiale. Infatti jam-boat (marmellata di mare), potrebbe essere stato coniato proprio in quel periodo per indicare appunto un insieme di pesci di piccolo calibro, non destinati alla vendita, che le famiglie di pescatori serbavano per loro per preparare appunto le zuppe di mare. Per altri deriva dal francese dialettale ‘chabrot’ miscuglio di cose liquide (?).
Tornando alla lezione, i “docenti” ci hanno detto tutto, attraverso le immagini, sulle qualità dei pesci che vanno inseriti nella “zuppa du ciambòtte”, che si può preparare non solo con il pesce di poco pregio, ma anche con quello pregiato, come ad esempio, la zuppa alla gallipolina, che prevede scorfano, cernia, sarago, gamberi imperiali, seppie, ecc.
Gelardi ha ricordato anche un’antica ricetta della cucina povera di altri tempi: i vermicelli col sugo di “pesce fuggito” ovvero “Vremecìedde cu suche du pèssce fesciùte”, un piatto settecentesco poverissimo, dal momento che il pesce non è presente, ma si utilizzano alghe e pietre marine (ovviamente di mare non inquinato).
L’amabile, indimenticabile e …gustosa serata, si è conclusa con la consegna dei diplomi di “Accademico del Mare” agli “studenti” dell’Accademia. Anche il vostro cronista, che ha seguito e “annotato” puntualmente tutte le lezioni è stato promosso “Accademico del Mare”.
Complimenti per tutti: docenti e discenti.
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