di FRANCESCO GRECO - ALESSANO (LE). “Don Tonino è mezzo bolognese: dopo aver studiato a Bologna, gli affidarono la mia parrocchia. Ricordo ancora le sue belle omelie …”. La terza volta di Prodi in Terra d’Otranto scorre su una doppia modulazione: la memoria, ormai stinta in colori crepuscolari, ma sempre viva, e una maliosa lectio magistralis glocal e global, dagli accenti a tratti profetici: “O ci si salva insieme, o non ci si salva…”.
Un’ora e più in cui il professore, partendo dalla prima guerra del Golfo, Big-Bang di ogni tragedia successiva (“iniziò la divisione drastica dell’Europa sull’idea di pace”), spiega la sua “visione” del momento storico paludoso e ispido che viviamo. Fra globalizzazione (intesa anche come opportunità : la prima fu la scoperta dell’America) e società liquida e virale, populismi e sovranismi, guerre locali, grandeur di vecchi e nuovi potenti (da Macron a Putin, da Trump a Gheddafi che studiava da Re dell’Africa), Alibaba che soppianta GM.
Toni pacati, com’è il suo stile, anni-luce lontani dai talk-show urlati e volgari della “politica” di oggi.
Pochi accenni all’attualità : una battuta sulla flat-tax, “i ricchi saranno più ricchi, i poveri più poveri” e sull’Europa: “L’idea di farne a meno ci farebbe scivolare verso l’Africa…”), quasi a tracciare una presa di distanza. “Avrei delle riserve…”, si è lasciato andare intercettato a fare footing fra i campi, gli ulivi, le malve e le ginestre.
Prodi ama il Salento, i suoi storytelling, terra sanguigna, accogliente, simile all’Emilia: lo esplora curioso, quasi zittito dalla sua bellezza selvatica correndo sotto il sole per i sentieri di campagna: avvistato fra Macurano, dove alloggia con la signora Flavia Franzoni (masseria didattica Santa Lucia) e San Dana (“Ho fatto la corsa con due cagnolini”), le Murge e Mursanu, Caravetti e l’Ajara della Serra (qui dove dovrebbe arrivare lo “stupro” 275), in faccia all’Adriatico, lo Jonio è poco più a ovest.
La natura in questi giorni è un emozionante grido alla vita: colori, profumi, odori, skyline imponenti. Peccato per il triste spettacolo della xylella maledetta, avrà incupito anche il professore.
Santa Lucia ha una storia di amore per la terra, odora di lavoro e umanità ingenua, felice del poco.
Non è un caso, è a due passi dal cimitero monumentale di Alessano, dove riposa il vescovo di Molfetta, Ruvo di Puglia, Giovinazzo e Terlizzi in odor di santità , per una visita, come quando si va a trovare un vecchio amico.
Lo conobbe a Bologna, dopo gli studi don Tonino ebbe la prima parrocchia: struggente tenerezza al ricordo delle prime omelie, che lo colpirono: nacque una prossimità intellettuale e politica, “visioni” condivise, coincidenti, sovrapponibili. L’utopia aiuta a vivere, se si lavora per farne carne viva, affinché tutti possano gustarla, specie gli esclusi, i marginali, gli “assenti”. La sete di nuovi orizzonti, per un uomo pacificato. Probabilmente arricchirono lo sguardo del politico, l’impostazione analitica.
Prodi domenica scorsa è stato a messa, a Specchia (un ritorno), salutato da don Antonio De Giorgi. L’altro giorno invece è arrivato in piazza Bello alle 18, ha visitato la casa natale di don Tonino, sede del “Mimac” con l’importante pinacoteca (circa 350 opere).
Serata da grandi occasioni per Alessano, ormai perennemente sotto i riflettori: la gente affolla l’oratorio accanto alla maestosità del Vescovado e la Collegiata San Salvatore, che rievocano grandezze e splendori passate (fu sede vescovile) e alla Scuola di Pace. Tutti ansiosi di sapere “come la pensa” sugli ultimi sviluppi politici gialloverdi.
“Il Mediterraneo, l’Europa e la pace” è il tema scelto da Giancarlo Piccinni, presidente della Fondazione don Tonino Bello, dopo il 20 aprile, scossa dall’energia di un nuovo dinamismo. Parterre: i sindaci di Giovinazzo, Ruvo di Puglia, Presicce. Il saluto di Francesca Torsello, sindaco di Alessano, declina don Tonino “scuotitore delle coscienze di tutti”. Don Gigi Ciardo inviata a un ritrovare il dialogo, relativizzare i social. Like. Stefano Bello ricorda una frase dello zio sul rischio di un’Europa “cassa comune, non casa comune…”. Dopo 25 anni, l’ideale vacilla, tra spinte atomizzanti e derive demagogiche, sgretolato da medicine peggiori del male.
“Con le sue civiltà accatastate le une sulle altre, il Mediterraneo è un universo plurale…”, osserva Piccinni. Noi stessi che siamo se non un ibrido, un melting-pot? E’ la nostra forza, contro dazi , muri, fili spinati, pulizie etniche, untori che spargono peste e terrore. Assente il vescovo di Ugento-S. Maria di Leuca, Mons. Vito Angiuli, trattenuto a Bergamo da impegni pastorali.
Una “visione”, dunque, non si può dire ottimista (il pessimismo della ragione), ma neanche disperata o nichilista: la “conquista” dell’Africa dei Cinesi, Xi che si è proclamato imperatore, le smanie neo-colonialiste di Putin mèntore dei populismi planetari, il Mediterraneo “al centro del mondo come oggetto, non più soggetto”, il tema immigrazione esploso con le guerre di Libia e Siria (“le guerre hanno reso incontrollate le migrazioni… Serve una nuova politica europea nei confronti dell’Africa… Magari un grande patto fra Europa e Cina…”), ma, stante il crollo demografico (- 5 milioni fra qualche anno), dice Prodi, l’Italia avrebbe bisogno di qualche milione di immigrati.
USA e Cina? I nuovi padroni del mondo, ma “oggi gli USA non farebbero più la guerra in Iraq...”, mentre la Cina si è inventata un remake della “via della seta” e l’Africa che progredisce è quella che usa strumenti telematici. E il Mezzogiorno? Si ritrova smarrito, spiazzato, “faglia di rottura di questo sistema”. Ci sono volute due guerre per darci un po’ di welfare, che ora sta svaporando, insieme a diritti acquisiti.
“Non c’è più dialogo politico, non si avvertono le diseguaglianze… Il potere ha tracimato ovunque… C’è un modo di delegare, il contrario di ciò che insegnava don Tonino… Confidiamo nella saggezza per fermarsi sull’orlo dell’abisso… O ci si salva insieme, o non ci si salva…” è la profezia suggerita a Alessano, in riva al Mediterraneo.
Un modo per dire che, dal particulare all’universale (la farfalla dell’Amazzonia decide le nostre vite), il declino, il default (culturale, politico, sociale) sono nell’aria.
“Occorrerà cambiare le coscienze…”, è il mantra di Prodi che, dopo i selfie, assorto, torna in masseria nell’umida sera magnogreca. A pelle, la sensazione è che la nuttata sarà lunga, il deserto sconfinato, basta non farsi prendere dallo sgomento, assumersi responsabilità , resistere ai mantra dei pifferai magici dalle labbra di miele, che per cose complesse hanno soluzioni facili, take-away…
Un’ora e più in cui il professore, partendo dalla prima guerra del Golfo, Big-Bang di ogni tragedia successiva (“iniziò la divisione drastica dell’Europa sull’idea di pace”), spiega la sua “visione” del momento storico paludoso e ispido che viviamo. Fra globalizzazione (intesa anche come opportunità : la prima fu la scoperta dell’America) e società liquida e virale, populismi e sovranismi, guerre locali, grandeur di vecchi e nuovi potenti (da Macron a Putin, da Trump a Gheddafi che studiava da Re dell’Africa), Alibaba che soppianta GM.
Toni pacati, com’è il suo stile, anni-luce lontani dai talk-show urlati e volgari della “politica” di oggi.
Pochi accenni all’attualità : una battuta sulla flat-tax, “i ricchi saranno più ricchi, i poveri più poveri” e sull’Europa: “L’idea di farne a meno ci farebbe scivolare verso l’Africa…”), quasi a tracciare una presa di distanza. “Avrei delle riserve…”, si è lasciato andare intercettato a fare footing fra i campi, gli ulivi, le malve e le ginestre.
Prodi ama il Salento, i suoi storytelling, terra sanguigna, accogliente, simile all’Emilia: lo esplora curioso, quasi zittito dalla sua bellezza selvatica correndo sotto il sole per i sentieri di campagna: avvistato fra Macurano, dove alloggia con la signora Flavia Franzoni (masseria didattica Santa Lucia) e San Dana (“Ho fatto la corsa con due cagnolini”), le Murge e Mursanu, Caravetti e l’Ajara della Serra (qui dove dovrebbe arrivare lo “stupro” 275), in faccia all’Adriatico, lo Jonio è poco più a ovest.
La natura in questi giorni è un emozionante grido alla vita: colori, profumi, odori, skyline imponenti. Peccato per il triste spettacolo della xylella maledetta, avrà incupito anche il professore.
Santa Lucia ha una storia di amore per la terra, odora di lavoro e umanità ingenua, felice del poco.
Non è un caso, è a due passi dal cimitero monumentale di Alessano, dove riposa il vescovo di Molfetta, Ruvo di Puglia, Giovinazzo e Terlizzi in odor di santità , per una visita, come quando si va a trovare un vecchio amico.
Lo conobbe a Bologna, dopo gli studi don Tonino ebbe la prima parrocchia: struggente tenerezza al ricordo delle prime omelie, che lo colpirono: nacque una prossimità intellettuale e politica, “visioni” condivise, coincidenti, sovrapponibili. L’utopia aiuta a vivere, se si lavora per farne carne viva, affinché tutti possano gustarla, specie gli esclusi, i marginali, gli “assenti”. La sete di nuovi orizzonti, per un uomo pacificato. Probabilmente arricchirono lo sguardo del politico, l’impostazione analitica.
Prodi domenica scorsa è stato a messa, a Specchia (un ritorno), salutato da don Antonio De Giorgi. L’altro giorno invece è arrivato in piazza Bello alle 18, ha visitato la casa natale di don Tonino, sede del “Mimac” con l’importante pinacoteca (circa 350 opere).
Serata da grandi occasioni per Alessano, ormai perennemente sotto i riflettori: la gente affolla l’oratorio accanto alla maestosità del Vescovado e la Collegiata San Salvatore, che rievocano grandezze e splendori passate (fu sede vescovile) e alla Scuola di Pace. Tutti ansiosi di sapere “come la pensa” sugli ultimi sviluppi politici gialloverdi.
“Il Mediterraneo, l’Europa e la pace” è il tema scelto da Giancarlo Piccinni, presidente della Fondazione don Tonino Bello, dopo il 20 aprile, scossa dall’energia di un nuovo dinamismo. Parterre: i sindaci di Giovinazzo, Ruvo di Puglia, Presicce. Il saluto di Francesca Torsello, sindaco di Alessano, declina don Tonino “scuotitore delle coscienze di tutti”. Don Gigi Ciardo inviata a un ritrovare il dialogo, relativizzare i social. Like. Stefano Bello ricorda una frase dello zio sul rischio di un’Europa “cassa comune, non casa comune…”. Dopo 25 anni, l’ideale vacilla, tra spinte atomizzanti e derive demagogiche, sgretolato da medicine peggiori del male.
“Con le sue civiltà accatastate le une sulle altre, il Mediterraneo è un universo plurale…”, osserva Piccinni. Noi stessi che siamo se non un ibrido, un melting-pot? E’ la nostra forza, contro dazi , muri, fili spinati, pulizie etniche, untori che spargono peste e terrore. Assente il vescovo di Ugento-S. Maria di Leuca, Mons. Vito Angiuli, trattenuto a Bergamo da impegni pastorali.
Una “visione”, dunque, non si può dire ottimista (il pessimismo della ragione), ma neanche disperata o nichilista: la “conquista” dell’Africa dei Cinesi, Xi che si è proclamato imperatore, le smanie neo-colonialiste di Putin mèntore dei populismi planetari, il Mediterraneo “al centro del mondo come oggetto, non più soggetto”, il tema immigrazione esploso con le guerre di Libia e Siria (“le guerre hanno reso incontrollate le migrazioni… Serve una nuova politica europea nei confronti dell’Africa… Magari un grande patto fra Europa e Cina…”), ma, stante il crollo demografico (- 5 milioni fra qualche anno), dice Prodi, l’Italia avrebbe bisogno di qualche milione di immigrati.
USA e Cina? I nuovi padroni del mondo, ma “oggi gli USA non farebbero più la guerra in Iraq...”, mentre la Cina si è inventata un remake della “via della seta” e l’Africa che progredisce è quella che usa strumenti telematici. E il Mezzogiorno? Si ritrova smarrito, spiazzato, “faglia di rottura di questo sistema”. Ci sono volute due guerre per darci un po’ di welfare, che ora sta svaporando, insieme a diritti acquisiti.
“Non c’è più dialogo politico, non si avvertono le diseguaglianze… Il potere ha tracimato ovunque… C’è un modo di delegare, il contrario di ciò che insegnava don Tonino… Confidiamo nella saggezza per fermarsi sull’orlo dell’abisso… O ci si salva insieme, o non ci si salva…” è la profezia suggerita a Alessano, in riva al Mediterraneo.
Un modo per dire che, dal particulare all’universale (la farfalla dell’Amazzonia decide le nostre vite), il declino, il default (culturale, politico, sociale) sono nell’aria.
“Occorrerà cambiare le coscienze…”, è il mantra di Prodi che, dopo i selfie, assorto, torna in masseria nell’umida sera magnogreca. A pelle, la sensazione è che la nuttata sarà lunga, il deserto sconfinato, basta non farsi prendere dallo sgomento, assumersi responsabilità , resistere ai mantra dei pifferai magici dalle labbra di miele, che per cose complesse hanno soluzioni facili, take-away…