Libri: 'Scomparsi' nella deep America di Trump

di FRANCESCO GRECO - Se a voi lettrici vi venisse in mente di abbandonare il tetto coniugale che condividete con un ricco mammone che lavora a Wall Street, portandovi dietro i figlioletti, fate bene attenzione a quel che buttate in macchina: evitate di infilarci un po’ di erba.

I guai sono assicurati. Specie se, mentre cercate di arrivare in California, dove vi aspetta Mel, una falsa amica, nell’Arizona desolata e rovente (Silver Water), fra deserti, foreste e i Mogolloni, vi fermerà Ronald Whiteside, uno sceriffo sovrappeso, occhi grigi, veterano della Guerra del Golfo (dal Vietnam all’Irak, i reduci USA sono spesso lesionati nella mente) che vive in povertà perché il sindaco ha tagliato le spese; quindi è disposto a tutto.
 
E una vice, Mary Collins (“occhi azzurri”), che sta con la mamma e un figlio cagionevole, che abbisogna di medicine costose, entrambi ritenuti inappuntabili servitori della legge (“onorato servizio”). Ma Pirandello ci ha insegnato che siamo 1, nessuno, 100mila e chi bada alle apparenze è un uomo morto.
 
I due lavorano in coppia, trafficano col dark web, “la peggiore feccia dell’umanità” marcia e corrotta, frequentato da ricchi pervertiti a caccia di emozioni forti, “sordidi piaceri”, un po’ razzisti (una bimba asioamericana vale la metà di un pupo yankee), per i loro giochi disgustosi in megaville solitarie. E non diciamo di più, che la nausea è già abbastanza.
 
C’è tutta l’America cinica, volgare e violenta di Trump in questo decennio del XXI secolo in “Scomparsi”, di Haylen Beck, Baldini+Castoldi, Milano 2018, pp. 350, euro 20,00 (traduzione di Carlo Prosperi), un thriller che dovete procurarvi subito: vi terrà avvinti alla trama, non smetterete sino all’ultima riga.
 
L’architettura della storia è bella solida, la tipizzazione dei personaggi credibile, il male che serpeggia nel plot fa venire la pelle d’oca tanto è realistico.
 
La 35enne Audra Ronan (origini nordirlandesi, come lo scrittore, pseudonimo di Stuart Neville, 1972), ha addosso quell’odore di povertà (“aveva giocato su un’arrugginita altalena piazzata in giardino”) che non se ne va mai, manco coi soldi (“per lei era lontana una sola generazione”), e da piccola il padre, ubriaco, la picchiava con la cinta.
 
Pittrice con scarsa autostima, pensa di prendere l’ascensore sociale sposando Patrick Kinney, New York bene, morbosamente legato alla madre Margaret, che lo finanzia (è figlio unico).
 
Facile a dirsi se non ci fosse un passato di alcol e droga, fatto tenuto ben presente dal marito, che usa cinicamente per sottomettere Audra, tra vino, vodka e pasticche, “Troppo tardi si era accorta che lei e i suoi bambini erano semplici pezzi della facciata che Patrick si era costruito attorno per trasmettere l’illusione di un uomo per bene”. 
 
La colf venezuelana la aiuta a scappare dal “favoreggiatore” verso la terra promessa: attraversa gli USA in sw, finché, a pochi passi da una città morta (hanno chiuso la miniera di rame, “come se la gente lì si fosse semplicemente arresa”), lo sceriffo la accusa di possesso di droga (ma il sacchetto gliel’ha messo lui), non solo, ma dice che non c’erano bambini a bordo, nonostante il seggiolone di Louise…
 
E non è la prima volta che succede, un certo Danny Lee è finito in questo incubo cinque anni prima, la figlioletta Sara è sparita e la moglie Mya s’è impiccata.     
 
Spuntano jeans sporchi di sangue e altri reperti che remano contro la protagonista. Ah, c’è anche la mafia cinese (“tong”) e una vecchia affittacamere, l’arcigna signora Gerber, che ha ammazzato il marito che, ovvio, la picchiava…

Il resto dovete scoprirlo da soli, tra l’agente speciale Mitchell, il coniglietto rosa Gogo, giornalisti “come corvi su una carogna”, una suora psicoterapeuta, capanne con la botola, vecchi solitari nella foresta, cagnette feroci…
 

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