di NICOLA RICCHITELLI - Rosalino Cellamare, in arte Ron, è uno dei più amati cantautori italiani. Fin da ragazzino manifesta un’innata passione per la musica, e fin da allora la sua carriera è costellata di successi, esperienze e collaborazioni. Nel 1970, a sedici anni, sale sul palco del Festival di Sanremo insieme a Nada, conquistando il settimo posto con “Pa’ diglielo a ma’”. Nel 1971 suscita attenzione la sua partecipazione al Disco per l’estate con il brano “Il gigante e la bambina”, con un testo in parte censurato. La sua carriera come autore comincia nel 1972, quando scrive la musica di “Piazza Grande”, presentata poi a Sanremo da Lucio Dalla.
Restano indimenticabili alcune sue canzoni: “Non abbiam bisogno di parole”, “Anima”, “Joe Temerario”, “Vorrei incontrarti fra cent’anni”, “Attenti al Lupo”. Negli anni Novanta, Ron riesce finalmente a coronare un sogno: la realizzazione di un proprio studio di registrazione, l’Angelo Studio, che ospita da anni grandi artisti italiani e internazionali. Nel 2014 Ron ha pubblicato la sua autobiografia “Chissà se lo sai”, edita da Piemme Spa (Gruppo Mondadori) per la collana Piemme Incontri.
“LA FORZA DI DIRE SÌ” (Le Foglie e il Vento in collaborazione con F&P Group/Universal Music) è un doppio album, contenente i brani più celebri del repertorio di RON reinterpretati insieme ad altri 24 artisti italiani, nato dall’esigenza di sostenere, ancora una volta, AISLA, l’Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica. Questa nuova edizione del progetto contiene, oltre al brano sanremese “L’ottava meraviglia”, anche il brano “Ai confini del mondo”.
Da dove è nata l'idea di portare Lucio sul palco dell'Ariston?
R:«Claudio Baglioni mi ha chiamato per dirmi che aveva in mano una canzone inedita di Lucio Dalla, consegnatagli dagli eredi di Lucio. L’ho sentita e mi è parsa veramente bellissima. Claudio mi ha chiesto di cantarla a Sanremo e io mi sono presentato proprio perché la canzone è bellissima».
Che ricordi conservi del tuo primo incontro con lui?
R:«Un incontro divertente perché lui doveva venire a farmi sentire una canzone per un festival di Sanremo - che era il primo mio - nel 1970. Lucio arrivò tutto ingessato perché ebbe un incidente sul raccordo anulare, infatti aspettai un sacco di tempo il suo arrivo. Mi fece subito ridere molto, non tanto perché era ingessato, ma perché era molto spiritoso... per cui ho un ricordo molto bello».
Ron quanto è stato difficile tra i tanti capolavori del grande Lucio circoscrivere la scelta a 11 brani?
R:«La scelta di questi 11 brani è arrivata abbastanza naturale. Erano brani che probabilmente avevo dentro da sempre, a cui ho lavorato come musicista, come arrangiatore... per cui non è stato difficile sceglierli».
Un album che però parte da dove tutto nasce "Almeno pensami"?
R:«Mi sembrava giusto e doveroso partire dall’ultima canzone scritta da Lucio, ripercorrendo poi le tappe fondamentali del suo lungo percorso artistico. “Almeno pensami” in fondo è anche la più curiosa…visto che era inedita».
Come è avvenuto il ritrovamento di questo brano? Potrebbero esserci altri inediti ancora inascoltati ad oggi?
R:«Il ritrovamento di questo brano non è avvenuto assolutamente per mano mia perché Lucio avrà sicuramente lasciato documenti, forse anche qualche testo, forse anche qualche altra canzone…ma io questo non lo so. Sicuramente è venuta per mano dei cugini di Lucio, dei suoi eredi».
Quanto è stato importante per te lavorare con Lucio e avere Lucio al tuo fianco?
R:«Lavorare con un personaggio come Lucio è importante… mi ritengo molto fortunato perché mi ha insegnato molto, non solo musicalmente, ma anche a livello umano. Era una grande persona, una persona generosa, altruista e questo è un insegnamento importantissimo.
Ron, come è cambiata la musica in questi anni? Ma soprattutto il modo di fare musica?
R:«Ma la musica è sempre quella… è cambiato il modo, l’approccio alla musica. Gli stessi musicisti, gli stessi arrangiatori e produttori si approcciano in modo diverso. Diciamo che siamo molto più “isterici” nell’approcciarci alla musica, siamo lì affamati di passaggi radio e di quello che in qualche modo possa essere una bomba, sempre, che debba scoppiare. La musica è tutt’altro secondo me, per cui questo è cambiato… dovremmo ritornare un pochino alla musica, alla musica vera, alla passione della musica alla bellezza della musica».
In vista del tour come hai impostato il tuo spettacolo?
R:«Lo spettacolo è stato pensato teatralmente, nel vero senso della parola. C’è molto teatro, ma non perché si recita, perché ci sono i momenti anche che si allungano (come in teatro)… non è una canzone dietro l’altro ma è un raccontare, in modo molto semplice e istintivo Lucio, con contributi che appaiono in un Led Wall alle mie spalle. Dei contributi molto belli e anche abbastanza unici. Per cui non è un concerto di sole canzoni, ma è una rappresentazione di un personaggio strepitoso che ci ha lasciato tanto... ed è questo che doveva venir fuori».
(Ph credits: Riccardo Ambrosio)
Restano indimenticabili alcune sue canzoni: “Non abbiam bisogno di parole”, “Anima”, “Joe Temerario”, “Vorrei incontrarti fra cent’anni”, “Attenti al Lupo”. Negli anni Novanta, Ron riesce finalmente a coronare un sogno: la realizzazione di un proprio studio di registrazione, l’Angelo Studio, che ospita da anni grandi artisti italiani e internazionali. Nel 2014 Ron ha pubblicato la sua autobiografia “Chissà se lo sai”, edita da Piemme Spa (Gruppo Mondadori) per la collana Piemme Incontri.
“LA FORZA DI DIRE SÌ” (Le Foglie e il Vento in collaborazione con F&P Group/Universal Music) è un doppio album, contenente i brani più celebri del repertorio di RON reinterpretati insieme ad altri 24 artisti italiani, nato dall’esigenza di sostenere, ancora una volta, AISLA, l’Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica. Questa nuova edizione del progetto contiene, oltre al brano sanremese “L’ottava meraviglia”, anche il brano “Ai confini del mondo”.
Da dove è nata l'idea di portare Lucio sul palco dell'Ariston?
R:«Claudio Baglioni mi ha chiamato per dirmi che aveva in mano una canzone inedita di Lucio Dalla, consegnatagli dagli eredi di Lucio. L’ho sentita e mi è parsa veramente bellissima. Claudio mi ha chiesto di cantarla a Sanremo e io mi sono presentato proprio perché la canzone è bellissima».
Che ricordi conservi del tuo primo incontro con lui?
R:«Un incontro divertente perché lui doveva venire a farmi sentire una canzone per un festival di Sanremo - che era il primo mio - nel 1970. Lucio arrivò tutto ingessato perché ebbe un incidente sul raccordo anulare, infatti aspettai un sacco di tempo il suo arrivo. Mi fece subito ridere molto, non tanto perché era ingessato, ma perché era molto spiritoso... per cui ho un ricordo molto bello».
Ron quanto è stato difficile tra i tanti capolavori del grande Lucio circoscrivere la scelta a 11 brani?
R:«La scelta di questi 11 brani è arrivata abbastanza naturale. Erano brani che probabilmente avevo dentro da sempre, a cui ho lavorato come musicista, come arrangiatore... per cui non è stato difficile sceglierli».
Un album che però parte da dove tutto nasce "Almeno pensami"?
R:«Mi sembrava giusto e doveroso partire dall’ultima canzone scritta da Lucio, ripercorrendo poi le tappe fondamentali del suo lungo percorso artistico. “Almeno pensami” in fondo è anche la più curiosa…visto che era inedita».
Come è avvenuto il ritrovamento di questo brano? Potrebbero esserci altri inediti ancora inascoltati ad oggi?
R:«Il ritrovamento di questo brano non è avvenuto assolutamente per mano mia perché Lucio avrà sicuramente lasciato documenti, forse anche qualche testo, forse anche qualche altra canzone…ma io questo non lo so. Sicuramente è venuta per mano dei cugini di Lucio, dei suoi eredi».
Quanto è stato importante per te lavorare con Lucio e avere Lucio al tuo fianco?
R:«Lavorare con un personaggio come Lucio è importante… mi ritengo molto fortunato perché mi ha insegnato molto, non solo musicalmente, ma anche a livello umano. Era una grande persona, una persona generosa, altruista e questo è un insegnamento importantissimo.
Ron, come è cambiata la musica in questi anni? Ma soprattutto il modo di fare musica?
R:«Ma la musica è sempre quella… è cambiato il modo, l’approccio alla musica. Gli stessi musicisti, gli stessi arrangiatori e produttori si approcciano in modo diverso. Diciamo che siamo molto più “isterici” nell’approcciarci alla musica, siamo lì affamati di passaggi radio e di quello che in qualche modo possa essere una bomba, sempre, che debba scoppiare. La musica è tutt’altro secondo me, per cui questo è cambiato… dovremmo ritornare un pochino alla musica, alla musica vera, alla passione della musica alla bellezza della musica».
In vista del tour come hai impostato il tuo spettacolo?
R:«Lo spettacolo è stato pensato teatralmente, nel vero senso della parola. C’è molto teatro, ma non perché si recita, perché ci sono i momenti anche che si allungano (come in teatro)… non è una canzone dietro l’altro ma è un raccontare, in modo molto semplice e istintivo Lucio, con contributi che appaiono in un Led Wall alle mie spalle. Dei contributi molto belli e anche abbastanza unici. Per cui non è un concerto di sole canzoni, ma è una rappresentazione di un personaggio strepitoso che ci ha lasciato tanto... ed è questo che doveva venir fuori».
(Ph credits: Riccardo Ambrosio)