di FRANCESCO GRECO - UGENTO (LE). Arriva ogni anno, puntuale come l’influenza: è uno dei balzelli più odiati dai contribuenti nel Sud Salento. Storia vecchia, decennale. E’ la cartella esattoriale che annuncia il pagamento della tassa al consorzio di bonifica Ugento-Li Foggi.
Dal punto di vista etico è discutibile, da quello normativo, invece, inattaccabile: poiché è stata riesumata da una legge della Regione Puglia, giusto per affossare l’agricoltura, in sinergia con la xylella.
Il consorzio di Ugento, come altri (escluso quello di Capitanata), naviga in rosso, cioè, è pieno di debiti e ha un bilancio di voci virtuali, nel senso che include particelle ormai diventate suoli edificatori e case. Mancano i soldi per acquistare un programma software?
Ha anche licenziato gli acquaioli. Però è pieno di impiegati (un po’ come i famigerati Crsec che dovevano occuparsi di cultura), assunti a tempo indeterminato (una forma di ammortizzatori sociali), che però non possono sopperire a tale mancanza, né tantomeno mettere mano alla pulizia dei canali intasati: non è nelle loro funzioni, troppo pesante, si suda.
Insomma, una storia molto italiana, un po’ surreale, anche grottesca. Una sorta di tassa sull’ombra, che la gente non capisce: come si fa pagare una tassa senza che si abbia un servizio?
Il tributo si compone di tre “voci”: il fatto di avere una particella nel territorio di pertinenza del consorzio, di essere attraversati da infrastrutture che offrono potenziali servizi (canali dell’Acquedotto, per esempio, per irrigare i campi), e, terza “voce”, servizi richiesti espressamente dai coltivatori.
Come dire: anche se servizi non se ne vedono, occorre andare alla posta e pagare lo stesso. Da dare con la testa al muro.
Spesso si tratta di importi esigui: 26, 40, 50 euro, che scoraggiano chi vorrebbe opporsi (ma non un’eventuale class action di migliaia di persone, sul filo del diritto).
Mentre i proprietari di latifondo, con bollette esose (5-6mila euro), si affidano a un legale e si “autosospendono” il pagamento.
Forse il consorzio di Ugento è solo un ente inutile, senza alcuna funzione, come centinaia in tutta Italia, da formattare ove ci fosse un minimo di razionalità , poiché nessuno saprebbe dire perché sopravvivono; forse è come uno di quei personaggi pirandelliani in cerca di autore, cioè, di una mission da riformulare.
Cittadini, contadini, coltivatori non capiscono perché pagare servizi inesistenti. E ogni anno la rabbia aumenta, ma non accade mai nulla: la politica, destra, centro e sinistra, fa finta di nulla. Insomma, una bella storia italian-style.
Il Sud ha due tipi di problemi: quelli che si risolvono da soli e quelli che non si risolvono mai. Appunto!
Dal punto di vista etico è discutibile, da quello normativo, invece, inattaccabile: poiché è stata riesumata da una legge della Regione Puglia, giusto per affossare l’agricoltura, in sinergia con la xylella.
Il consorzio di Ugento, come altri (escluso quello di Capitanata), naviga in rosso, cioè, è pieno di debiti e ha un bilancio di voci virtuali, nel senso che include particelle ormai diventate suoli edificatori e case. Mancano i soldi per acquistare un programma software?
Ha anche licenziato gli acquaioli. Però è pieno di impiegati (un po’ come i famigerati Crsec che dovevano occuparsi di cultura), assunti a tempo indeterminato (una forma di ammortizzatori sociali), che però non possono sopperire a tale mancanza, né tantomeno mettere mano alla pulizia dei canali intasati: non è nelle loro funzioni, troppo pesante, si suda.
Insomma, una storia molto italiana, un po’ surreale, anche grottesca. Una sorta di tassa sull’ombra, che la gente non capisce: come si fa pagare una tassa senza che si abbia un servizio?
Il tributo si compone di tre “voci”: il fatto di avere una particella nel territorio di pertinenza del consorzio, di essere attraversati da infrastrutture che offrono potenziali servizi (canali dell’Acquedotto, per esempio, per irrigare i campi), e, terza “voce”, servizi richiesti espressamente dai coltivatori.
Come dire: anche se servizi non se ne vedono, occorre andare alla posta e pagare lo stesso. Da dare con la testa al muro.
Spesso si tratta di importi esigui: 26, 40, 50 euro, che scoraggiano chi vorrebbe opporsi (ma non un’eventuale class action di migliaia di persone, sul filo del diritto).
Mentre i proprietari di latifondo, con bollette esose (5-6mila euro), si affidano a un legale e si “autosospendono” il pagamento.
Forse il consorzio di Ugento è solo un ente inutile, senza alcuna funzione, come centinaia in tutta Italia, da formattare ove ci fosse un minimo di razionalità , poiché nessuno saprebbe dire perché sopravvivono; forse è come uno di quei personaggi pirandelliani in cerca di autore, cioè, di una mission da riformulare.
Cittadini, contadini, coltivatori non capiscono perché pagare servizi inesistenti. E ogni anno la rabbia aumenta, ma non accade mai nulla: la politica, destra, centro e sinistra, fa finta di nulla. Insomma, una bella storia italian-style.
Il Sud ha due tipi di problemi: quelli che si risolvono da soli e quelli che non si risolvono mai. Appunto!
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