di NICOLA ZUCCARO - Roma, 14 luglio 1948. Sono da poco passate le 11.30 quando Palmiro Togliatti, uscendo da Montecitorio, viene colpito da 3 colpi di pistola sparati a distanza ravvicinata da Antonio Pallante. Giovane studente di Giurisprudenza con idee anticomuniste e qualunquiste proveniente da Catania compì questo gesto con una vecchia pistola calibro 38, ancora in buono stato.
Nel frattempo Togliatti, ricoverato d'urgenza, fu operato con successo dal chirurgo Pietro Valdoni e Pallante fu arrestato subito dai carabinieri in servizio a Montecitorio e ai quali non oppose resistenza. Fu condannato poi a 13 anni e 8 mesi di carcere, poi ridotti a 10 anni e 8 mesi. Una pena successivamente amnistiata per la metà e che gli consentì di uscire dal carcere nel 1953, dopo 5 anni di reclusione.
La reazione a Roma e nel resto d'Italia fu violenta, tanto da riproporre lo spettro della guerra civile di Resistenza e di Liberazione, combattutasi fino a 3 anni prima. Si registrarono nei duri scontri fra manifestati e Reparti della Celere (afferenti al Corpo di Pubblica sicurezza) morti e feriti che non risparmiarono la Puglia.
A Taranto perì un operaio e a Bari una donna fu ferita di striscio da una pallottola sparata in aria da un agente negli scontri che si verificarono in via Brigata Regina. In queste ore di scontri, durante le quali si attendeva l'esito dell'intervento chirurgico, si diffusero diverse voci sullo stato di salute di Togliatti, fra cui anche quella della sua morte.
Fino al 16 luglio la tenuta dell'ordine pubblico rischiò di sfuggire di mano al Ministro dell'Interno, il democristiano Mario Scelba, tanto da provocare un bilancio finale di 16 morti e di 600 feriti. Ma nel Paese distratto dalla vittoria di Gino Bartali al Tour de France, tornerà la calma, non solo grazie all'esito positivo dell'operazione che riuscì a salvare Togliatti, ma anche all'invito alla calma lanciato via Radio dallo stesso segretario del Partito Comunista italiano
Nel frattempo Togliatti, ricoverato d'urgenza, fu operato con successo dal chirurgo Pietro Valdoni e Pallante fu arrestato subito dai carabinieri in servizio a Montecitorio e ai quali non oppose resistenza. Fu condannato poi a 13 anni e 8 mesi di carcere, poi ridotti a 10 anni e 8 mesi. Una pena successivamente amnistiata per la metà e che gli consentì di uscire dal carcere nel 1953, dopo 5 anni di reclusione.
La reazione a Roma e nel resto d'Italia fu violenta, tanto da riproporre lo spettro della guerra civile di Resistenza e di Liberazione, combattutasi fino a 3 anni prima. Si registrarono nei duri scontri fra manifestati e Reparti della Celere (afferenti al Corpo di Pubblica sicurezza) morti e feriti che non risparmiarono la Puglia.
A Taranto perì un operaio e a Bari una donna fu ferita di striscio da una pallottola sparata in aria da un agente negli scontri che si verificarono in via Brigata Regina. In queste ore di scontri, durante le quali si attendeva l'esito dell'intervento chirurgico, si diffusero diverse voci sullo stato di salute di Togliatti, fra cui anche quella della sua morte.
Fino al 16 luglio la tenuta dell'ordine pubblico rischiò di sfuggire di mano al Ministro dell'Interno, il democristiano Mario Scelba, tanto da provocare un bilancio finale di 16 morti e di 600 feriti. Ma nel Paese distratto dalla vittoria di Gino Bartali al Tour de France, tornerà la calma, non solo grazie all'esito positivo dell'operazione che riuscì a salvare Togliatti, ma anche all'invito alla calma lanciato via Radio dallo stesso segretario del Partito Comunista italiano