Confindustria boccia l'atteso Decreto Dignità. Il decreto è "il primo vero atto collegiale del nuovo Esecutivo" e, "anche per questo, è un segnale molto negativo per il mondo delle imprese". E' la dura presa di posizione di Confindustria secondo la quale "il risultato sarà di avere meno lavoro, non meno precarietà" e "preoccupa anche che siano le imprese a pagare il prezzo di un'interminabile corsa elettorale all'interno della maggioranza e che si creino i presupposti per dividere gli attori del mercato del lavoro, col rischio di riproporre vecchie contrapposizioni". "Come abbiamo sempre sostenuto - afferma Confindustria - sono infatti le imprese che creano il lavoro. Le regole possono favorire o scoraggiare i processi di sviluppo e hanno la funzione di accompagnare i cambiamenti in atto, anche nel mercato del lavoro. Si dovrebbe perciò intervenire sulle regole quando è necessario per tener conto di questi cambiamenti e, soprattutto, degli effetti prodotti da quelle precedenti".
"Il contrario di ciò che è avvenuto col decreto "dignità" - prosegue la nota - Mentre infatti i dati ISTAT raccontano un mercato del lavoro in crescita, il Governo innesta la retromarcia rispetto ad alcune innovazioni che hanno contribuito a quella crescita. Peraltro, le nuove regole saranno poco utili rispetto all'obiettivo dichiarato - contrastare la precarietà - perché l'incidenza dei contratti a termine sul totale degli occupati è, in Italia, in linea con la media europea. Il risultato sarà di avere meno lavoro, non meno precarietà. Preoccupa anche che siano le imprese a pagare il prezzo di un'interminabile corsa elettorale all'interno della maggioranza e che si creino i presupposti per dividere gli attori del mercato del lavoro, col rischio di riproporre vecchie contrapposizioni. Valutazioni analoghe anche per la stretta in tema di delocalizzazioni. L'Italia è un grande Paese industriale, la seconda potenza manifatturiera in Europa dopo la Germania, e avrebbe bisogno di regole per attrarre gli investimenti, interni ed esteri. Quelle scritte ieri, invece, gli investimenti rischiano di disincentivarli".
"Sia chiaro - sostiene Confindustria - colpire duramente i comportamenti opportunistici di chi assume un impegno con lo Stato e poi non lo mantiene è un obiettivo che condividiamo. Ma revocare gli incentivi per colpire situazioni di effettiva distrazione di attività produttive e di basi occupazionali dall'Italia è un conto; altro è, invece, disegnare regole punitive e dalla portata tanto ampia quanto generica". "L'unico denominatore comune delle scelte fatte in tema di lavoro e delocalizzazioni - conclude la nota - è di rendere più incerto e imprevedibile il quadro delle regole in cui operano le imprese italiane: l'esatto contrario delle finalità di semplificazione e snellimento burocratico dichiarate dal nuovo Governo all'atto del suo insediamento".
Di parere opposto il ministro del Lavoro Di Maio. Il decreto dignità - ha detto il ministro Luigi Di Maio - si basa su "tre concetti: diamo un colpo mortale al precariato, licenziando il Jobs Act; diamo un colpo mortale alla parte più insidiosa della burocrazia, per cui ci diranno che vogliamo favorire gli evasori quando vogliamo favorire i cittadini onesti; siamo il primo Paese in Ue che dice stop al gioco d'azzardo e diciamo no alle multinazionali che vengono qui, prendono soldi e delocalizzano".
"Questo decreto non è un punto segnato al M5s, ma segnato dai cittadini già il 4 marzo e ce ne saranno tanti altri. Tutti assieme siamo impegnati a attuare il contratto. Nessuno si vuole avvantaggiare di questo o quel provvedimento". "Queste azioni ci permettono di dimostrare che manteniamo le promesse. E vorrei dire che quello che si pensava che non si potesse fare - ha aggiunto - si può fare e sta avendo effetti in tutto il mondo".
"Il contrario di ciò che è avvenuto col decreto "dignità" - prosegue la nota - Mentre infatti i dati ISTAT raccontano un mercato del lavoro in crescita, il Governo innesta la retromarcia rispetto ad alcune innovazioni che hanno contribuito a quella crescita. Peraltro, le nuove regole saranno poco utili rispetto all'obiettivo dichiarato - contrastare la precarietà - perché l'incidenza dei contratti a termine sul totale degli occupati è, in Italia, in linea con la media europea. Il risultato sarà di avere meno lavoro, non meno precarietà. Preoccupa anche che siano le imprese a pagare il prezzo di un'interminabile corsa elettorale all'interno della maggioranza e che si creino i presupposti per dividere gli attori del mercato del lavoro, col rischio di riproporre vecchie contrapposizioni. Valutazioni analoghe anche per la stretta in tema di delocalizzazioni. L'Italia è un grande Paese industriale, la seconda potenza manifatturiera in Europa dopo la Germania, e avrebbe bisogno di regole per attrarre gli investimenti, interni ed esteri. Quelle scritte ieri, invece, gli investimenti rischiano di disincentivarli".
Di parere opposto il ministro del Lavoro Di Maio. Il decreto dignità - ha detto il ministro Luigi Di Maio - si basa su "tre concetti: diamo un colpo mortale al precariato, licenziando il Jobs Act; diamo un colpo mortale alla parte più insidiosa della burocrazia, per cui ci diranno che vogliamo favorire gli evasori quando vogliamo favorire i cittadini onesti; siamo il primo Paese in Ue che dice stop al gioco d'azzardo e diciamo no alle multinazionali che vengono qui, prendono soldi e delocalizzano".
"Questo decreto non è un punto segnato al M5s, ma segnato dai cittadini già il 4 marzo e ce ne saranno tanti altri. Tutti assieme siamo impegnati a attuare il contratto. Nessuno si vuole avvantaggiare di questo o quel provvedimento". "Queste azioni ci permettono di dimostrare che manteniamo le promesse. E vorrei dire che quello che si pensava che non si potesse fare - ha aggiunto - si può fare e sta avendo effetti in tutto il mondo".