BARI - Il collegio legale che rappresentava Michele Emiliano davanti alla Corte Costituzionale (Prof. Avv. Aldo Loiodice, Prof. Vincenzo Tondi della Mura, Prof. Avv. Isabella Loiodice) dichiara quanto segue:
La sentenza della Corte Costituzionale n. 170 del 20 luglio 2018 ha chiarito con riguardo a tutti i magistrati che “non ogni partecipazione a manifestazioni politiche o ad iniziative di partito assume significato disciplinarmente rilevante”.
L’illecito disciplinare che vieta l’iscrizione o la partecipazione sistematica e continuativa dei magistrati ai partiti politici, infatti, non consente un’applicazione lineare per tutte le situazioni coinvolte ed “esclude ogni automatismo sanzionatorio permettendo, al contrario, soluzioni adeguate alle peculiarità dei singoli casi”; ciò in particolar modo con riguardo a quei magistrati “che siano collocati in aspettativa per soddisfare i diritti fondamentali garantiti dall’art. 51 Cost.” e cioè che siano in aspettativa perchè eletti per mandato elettorale o politico.
In tal senso, la sentenza ha concluso rimettendo “al prudente apprezzamento del giudice disciplinare stabilire in concreto se la condotta del magistrato fuori ruolo possa legittimamente incontrare la vita di un partito, o se costituisca invece illecito disciplinare, meritando appropriata sanzione”.
La Consulta ha dunque preliminarmente dimostrato la meritevolezza dell’eccezione di costituzionalità che la Sezione disciplinare del CSM ha sollevato su iniziativa del dott. Michele Emiliano.
Si è trattato di un’iniziativa ragionevole e necessaria per chiarire un quadro normativo che il legislatore tarda a regolare con maggiore chiarezza costringendo i magistrati ed il CSM ad un complesso lavoro interpretativo.
La precisa interpretazione della disposizione di legge è necessaria per non ledere i diritti politici dei magistrati ove applicata in modo letterale e acritico.
La Corte ha inoltre affermato le ragioni della coessenzialità e del “collegamento” del rappresentante politico con i partiti politici.
Relativamente alla vita di partito, questa può appartenere anche ai magistrati, purché sia ragionevolmente proporzionale al ruolo istituzionale politico che il magistrato ricopre.
E questa è una conquista fondamentale che consente a tutti i magistrati eletti o che abbiano ricevuto un mandato politico di svolgere il loro mandato dentro i partiti e non in un’assurda solitudine.
Una sentenza di rigetto sostanzialmente interpretativa, nel senso che non vi è contrasto con i parametri costituzionali invocati perché la vita partitica non è impedita al magistrato eletto.
Restano vietate solo le condotte che influenzano l’imparzialità reale e soprattutto quella futura se il magistrato dovesse rientrare - come oggi è ancora consentito- di rientrare nel ruolo organico della magistratura.
Ma tale giudizio spetterà di volta in volta - senza automatismi- al prudente apprezzamento del CSM.
Resta dunque da attendere la decisione del CSM sul caso concreto.
Nel frattempo ci auguriamo assieme al dott. Michele Emiliano che l’intento legislativo espresso dal Ministro della Giustizia di impedire il rientro in magistratura dei magistrati eletti per mandato politico, si realizzi immediatamente rendendo inutile il procedimento disciplinare in corso.
La sentenza della Corte Costituzionale n. 170 del 20 luglio 2018 ha chiarito con riguardo a tutti i magistrati che “non ogni partecipazione a manifestazioni politiche o ad iniziative di partito assume significato disciplinarmente rilevante”.
L’illecito disciplinare che vieta l’iscrizione o la partecipazione sistematica e continuativa dei magistrati ai partiti politici, infatti, non consente un’applicazione lineare per tutte le situazioni coinvolte ed “esclude ogni automatismo sanzionatorio permettendo, al contrario, soluzioni adeguate alle peculiarità dei singoli casi”; ciò in particolar modo con riguardo a quei magistrati “che siano collocati in aspettativa per soddisfare i diritti fondamentali garantiti dall’art. 51 Cost.” e cioè che siano in aspettativa perchè eletti per mandato elettorale o politico.
In tal senso, la sentenza ha concluso rimettendo “al prudente apprezzamento del giudice disciplinare stabilire in concreto se la condotta del magistrato fuori ruolo possa legittimamente incontrare la vita di un partito, o se costituisca invece illecito disciplinare, meritando appropriata sanzione”.
La Consulta ha dunque preliminarmente dimostrato la meritevolezza dell’eccezione di costituzionalità che la Sezione disciplinare del CSM ha sollevato su iniziativa del dott. Michele Emiliano.
Si è trattato di un’iniziativa ragionevole e necessaria per chiarire un quadro normativo che il legislatore tarda a regolare con maggiore chiarezza costringendo i magistrati ed il CSM ad un complesso lavoro interpretativo.
La precisa interpretazione della disposizione di legge è necessaria per non ledere i diritti politici dei magistrati ove applicata in modo letterale e acritico.
La Corte ha inoltre affermato le ragioni della coessenzialità e del “collegamento” del rappresentante politico con i partiti politici.
Relativamente alla vita di partito, questa può appartenere anche ai magistrati, purché sia ragionevolmente proporzionale al ruolo istituzionale politico che il magistrato ricopre.
E questa è una conquista fondamentale che consente a tutti i magistrati eletti o che abbiano ricevuto un mandato politico di svolgere il loro mandato dentro i partiti e non in un’assurda solitudine.
Una sentenza di rigetto sostanzialmente interpretativa, nel senso che non vi è contrasto con i parametri costituzionali invocati perché la vita partitica non è impedita al magistrato eletto.
Restano vietate solo le condotte che influenzano l’imparzialità reale e soprattutto quella futura se il magistrato dovesse rientrare - come oggi è ancora consentito- di rientrare nel ruolo organico della magistratura.
Ma tale giudizio spetterà di volta in volta - senza automatismi- al prudente apprezzamento del CSM.
Resta dunque da attendere la decisione del CSM sul caso concreto.
Nel frattempo ci auguriamo assieme al dott. Michele Emiliano che l’intento legislativo espresso dal Ministro della Giustizia di impedire il rientro in magistratura dei magistrati eletti per mandato politico, si realizzi immediatamente rendendo inutile il procedimento disciplinare in corso.