Dolores Del Campo, la 'voce' del popolo argentino
di FRANCESCO GRECO - BUENOS AIRES. “Sono una cantante popolare”, sorride Dolores Del Campo, e il modo come lo dice traduce l’orgoglio dell’appartenenza, che il suo provenire dall’Europa rende più forte.
E in effetti canta la vita quotidiana degli argentini fra Baires e Rosario, la Patagonia e la Terra del Fuoco: amore e dolore, luce e bellezza, passioni e disillusioni, sogni e speranze.
La sua è una voce piena di mille chiaroscuri: sono quelli, infiniti, della vita, e Dolores li conosce, e li esprime, tutti.
Dolores è figlia di immigrati polacchi, il suo vero nome è Noemi Kozlowski, detta Mimi, nome d’arte Dolore Del Campo e in Argentina è una star. Ha tenuto da poco un recital in un locale di Gemini (Ugento), una location inventata da un emigrante di ritorno, Ugo Fracasso, una vita a Berlino (e oltre), un ristorante col suo nome, mecenate di artisti, appassionato della musica operistica, canta Modugno e Aznavour.
Non si è ancora spenta l’eco degli applausi della serata e l’Argentina è sotto choc per l’eliminazione della squadra di Messi e Higuain ai mondiali in Russia a opera della Francia (4-3): una tragedia nazionale, di cui Dolores non vuol parlare.
DOMANDA: Nel suo repertorio, ha anche Carlos Gardel: è vero che non conosceva la musica, gliela scriveva un amico ai tavolini di un bar a Buenos Aires?
RISPOSTA: "Gardel è un mito, e ci sono tante cose che si dicono su di lui… Per esempio, oggi noi argentini diciamo che “Gardel canta meglio ogni giorno che passa” (è morto 83 anni fa, il 24 Giugno 1935).
Raccontano anche che quando aveva una melodia nella testa, chiamava un amico affinché la trascrivesse su pentagramma. Quello che importa è che abbia scritto melodie bellissime, che hanno commosso il mondo intero e che continuano a essere tuttora presenti.
Era un grande ammiratore di Enrico Caruso e tra i diversi lavori, quando lavorava come attrezzista in un teatro, imitava il suo idolo nei corridoi".
D. Lei è giovane, ha conosciuto un altro mito argentino, il grande Astor Piazzolla di “Libertango”?
R. "Non personalmente, solamente attraverso la sua opera e alcune letture sul suo conto.
Un uomo dal carattere forte e determinato, che aveva trascorso la sua infanzia a New York, con i genitori.
A 9 anni aveva ricevuto dal padre un bandoneón e lo suonava molto bene.
A N.Y. aveva incontrato Gardel mentre era impegnato nelle riprese di un film.
Lo accompagnava, traduceva per lui e il divo mangiava ravioli a casa della madre di Astor.
In segno di riconoscenza della sua amicizia con il tredicenne bandoneonista, Gardel gli assegnò un ruolo nel film.
So che il jazz di George Gershwin è stato uno dei primi a influenzarlo; fu uno dei musicisti più importanti del XX secolo, ricreò e rivitalizzò il tango in un linguaggio talmente personale da porre in discussione, per anni, in Argentina, se si trattava di tango e non della sua musica.
Credo che il suo apporto sia stato vitale e geniale. Lo ammiro molto e nel mio repertorio canto alcuni dei suoi temi".
D. Un’altra gloria nazionale è Jorge Luis Borges, il grande scrittore e poeta…
R. "L’ho conosciuto solo attraverso le sue opere. Un uomo colto, intelligente, con un senso dell’humour ironico e acuto.
Con totale sintesi di scrittura e condensata. Invidiabile. Raccomando la sua lettura a chi legge la mia intervista".
D. Proprio Borges diceva che il tango è un modo di stare nella vita, una filosofia dell’esistenza…
R. "Il tango, successivamente all’apice della sua epoca, negli anni ’40/’50, in cui, ai miei albori, ho suonato con musicisti di allora, raccontavano che dalle 14.30 alle 3 del mattino suonavano in più formazioni e in diversi locali.
Negli anni ’60 il lavoro iniziava a mancare, a essercene di meno. Ma le milonghe, o i luoghi dove si ballava, continuavano a esserci, e perciò non si smise mai di ballare il tango, solo che le orchestre diventarono quartetti ed era iniziata l’epoca beat degli anni ’60 che invadeva le radio e i mezzi di comunicazione.
La gioventù si lasciava andare ai nuovi ritmi.
A cominciare da un eccellente spettacolo chiamato tango argentino e dalla musica di Piazzolla, il tango tornò a essere di moda e sorsero nuovi musicisti e cantanti.
Oggi esiste un rinnovamento generazionale fantastico, con giovani compositori, cantanti e orchestre composte da ragazzi che assicurano la continuità del genere.
Come disse Borges in uno dei suoi temi elaborati con Piazzolla: “Alguien le dice al tango” - letteralmente: “Qualcuno dice al tango”, è un testo composto da Piazzolla insieme a Borges nel 1965 - che registrai nel mio CD a Buenos Aires.
La sua frase termina dicendo: “Tango che fu e che sarà”".
D. La parola milonga in questi anni ha subìto una trasformazione di significato?
R. "Vuol dire litigio, discussione. Precedentemente significava un luogo d’incontro, a fine giornata, dove ascoltare musica e ballare. Oggi è il posto dove si balla il tango argentino".
D. Lei si definisce una cantante popolare: che senso dare a questa autodefinizione?
R. "Tanto il mio repertorio quanto la mia forma di cantare, appartiene alla musica popolare: l’impostazione della voce non è la stessa di quella della musica lirica".
D. Di cosa parlano le sue canzoni?
R. "Dell’amore e della disillusione, di incontri e fallimenti, bramosie e strappi.
Il tango, quando riceve l’apporto degli immigrati, inizia a riflettere, poeticamente, su se stesso, parla di colui che si rende conto che non tornerà più a casa sua, la sua gente, la sua cultura, e vivrà, in tal modo, in una melanconia rilevante".
D. Prima del Salento, Gemini, Albergo Ricordi, in Italia dove aveva cantato?
R. "L’ultima volta è stato all’Anfiteatro Romano di Siracusa, in uno spettacolo che si chiamava “Nuit Tango”, della produttrice Monique Malfatto ed è stato presentato alla fine del secolo scorso.
Ma per il prossimo anno stiamo organizzando degli spettacoli qui, in Puglia, un luogo che non conoscevo e del quale mi sono innamorata.
La gente è calorosa e accogliente, la storia è sempre presente, il cibo, i frutti del mare, gli ulivi, questo mare…".
D. Cosa conosce dell’Italia?
R. "Della cultura e della musica italiana adoro Puccini e, tra le altre, Mina: è una cantante fantastica.
Richiederebbe molto tempo parlare della cultura italiana e, come argentina, posso dire che è la base della nostra cultura".
(Traduzione dallo spagnolo di Laura Lecci, laureata in Lingue e Letterature Straniere)
E in effetti canta la vita quotidiana degli argentini fra Baires e Rosario, la Patagonia e la Terra del Fuoco: amore e dolore, luce e bellezza, passioni e disillusioni, sogni e speranze.
La sua è una voce piena di mille chiaroscuri: sono quelli, infiniti, della vita, e Dolores li conosce, e li esprime, tutti.
Dolores è figlia di immigrati polacchi, il suo vero nome è Noemi Kozlowski, detta Mimi, nome d’arte Dolore Del Campo e in Argentina è una star. Ha tenuto da poco un recital in un locale di Gemini (Ugento), una location inventata da un emigrante di ritorno, Ugo Fracasso, una vita a Berlino (e oltre), un ristorante col suo nome, mecenate di artisti, appassionato della musica operistica, canta Modugno e Aznavour.
Non si è ancora spenta l’eco degli applausi della serata e l’Argentina è sotto choc per l’eliminazione della squadra di Messi e Higuain ai mondiali in Russia a opera della Francia (4-3): una tragedia nazionale, di cui Dolores non vuol parlare.
DOMANDA: Nel suo repertorio, ha anche Carlos Gardel: è vero che non conosceva la musica, gliela scriveva un amico ai tavolini di un bar a Buenos Aires?
RISPOSTA: "Gardel è un mito, e ci sono tante cose che si dicono su di lui… Per esempio, oggi noi argentini diciamo che “Gardel canta meglio ogni giorno che passa” (è morto 83 anni fa, il 24 Giugno 1935).
Raccontano anche che quando aveva una melodia nella testa, chiamava un amico affinché la trascrivesse su pentagramma. Quello che importa è che abbia scritto melodie bellissime, che hanno commosso il mondo intero e che continuano a essere tuttora presenti.
Era un grande ammiratore di Enrico Caruso e tra i diversi lavori, quando lavorava come attrezzista in un teatro, imitava il suo idolo nei corridoi".
D. Lei è giovane, ha conosciuto un altro mito argentino, il grande Astor Piazzolla di “Libertango”?
R. "Non personalmente, solamente attraverso la sua opera e alcune letture sul suo conto.
Un uomo dal carattere forte e determinato, che aveva trascorso la sua infanzia a New York, con i genitori.
A 9 anni aveva ricevuto dal padre un bandoneón e lo suonava molto bene.
A N.Y. aveva incontrato Gardel mentre era impegnato nelle riprese di un film.
Lo accompagnava, traduceva per lui e il divo mangiava ravioli a casa della madre di Astor.
In segno di riconoscenza della sua amicizia con il tredicenne bandoneonista, Gardel gli assegnò un ruolo nel film.
So che il jazz di George Gershwin è stato uno dei primi a influenzarlo; fu uno dei musicisti più importanti del XX secolo, ricreò e rivitalizzò il tango in un linguaggio talmente personale da porre in discussione, per anni, in Argentina, se si trattava di tango e non della sua musica.
Credo che il suo apporto sia stato vitale e geniale. Lo ammiro molto e nel mio repertorio canto alcuni dei suoi temi".
D. Un’altra gloria nazionale è Jorge Luis Borges, il grande scrittore e poeta…
R. "L’ho conosciuto solo attraverso le sue opere. Un uomo colto, intelligente, con un senso dell’humour ironico e acuto.
Con totale sintesi di scrittura e condensata. Invidiabile. Raccomando la sua lettura a chi legge la mia intervista".
D. Proprio Borges diceva che il tango è un modo di stare nella vita, una filosofia dell’esistenza…
R. "Il tango, successivamente all’apice della sua epoca, negli anni ’40/’50, in cui, ai miei albori, ho suonato con musicisti di allora, raccontavano che dalle 14.30 alle 3 del mattino suonavano in più formazioni e in diversi locali.
Negli anni ’60 il lavoro iniziava a mancare, a essercene di meno. Ma le milonghe, o i luoghi dove si ballava, continuavano a esserci, e perciò non si smise mai di ballare il tango, solo che le orchestre diventarono quartetti ed era iniziata l’epoca beat degli anni ’60 che invadeva le radio e i mezzi di comunicazione.
La gioventù si lasciava andare ai nuovi ritmi.
A cominciare da un eccellente spettacolo chiamato tango argentino e dalla musica di Piazzolla, il tango tornò a essere di moda e sorsero nuovi musicisti e cantanti.
Oggi esiste un rinnovamento generazionale fantastico, con giovani compositori, cantanti e orchestre composte da ragazzi che assicurano la continuità del genere.
Come disse Borges in uno dei suoi temi elaborati con Piazzolla: “Alguien le dice al tango” - letteralmente: “Qualcuno dice al tango”, è un testo composto da Piazzolla insieme a Borges nel 1965 - che registrai nel mio CD a Buenos Aires.
La sua frase termina dicendo: “Tango che fu e che sarà”".
D. La parola milonga in questi anni ha subìto una trasformazione di significato?
R. "Vuol dire litigio, discussione. Precedentemente significava un luogo d’incontro, a fine giornata, dove ascoltare musica e ballare. Oggi è il posto dove si balla il tango argentino".
D. Lei si definisce una cantante popolare: che senso dare a questa autodefinizione?
R. "Tanto il mio repertorio quanto la mia forma di cantare, appartiene alla musica popolare: l’impostazione della voce non è la stessa di quella della musica lirica".
D. Di cosa parlano le sue canzoni?
R. "Dell’amore e della disillusione, di incontri e fallimenti, bramosie e strappi.
Il tango, quando riceve l’apporto degli immigrati, inizia a riflettere, poeticamente, su se stesso, parla di colui che si rende conto che non tornerà più a casa sua, la sua gente, la sua cultura, e vivrà, in tal modo, in una melanconia rilevante".
D. Prima del Salento, Gemini, Albergo Ricordi, in Italia dove aveva cantato?
R. "L’ultima volta è stato all’Anfiteatro Romano di Siracusa, in uno spettacolo che si chiamava “Nuit Tango”, della produttrice Monique Malfatto ed è stato presentato alla fine del secolo scorso.
Ma per il prossimo anno stiamo organizzando degli spettacoli qui, in Puglia, un luogo che non conoscevo e del quale mi sono innamorata.
La gente è calorosa e accogliente, la storia è sempre presente, il cibo, i frutti del mare, gli ulivi, questo mare…".
D. Cosa conosce dell’Italia?
R. "Della cultura e della musica italiana adoro Puccini e, tra le altre, Mina: è una cantante fantastica.
Richiederebbe molto tempo parlare della cultura italiana e, come argentina, posso dire che è la base della nostra cultura".
(Traduzione dallo spagnolo di Laura Lecci, laureata in Lingue e Letterature Straniere)