Latte senza lattosio al bar? Una chimera. Il test nel centro di Lecce: solo un 'caffè' su 20 dispone di questo tipo di latte
LECCE - Sono decine le segnalazioni che ci giungono da cittadini che recatisi al bar per un cappuccino, un "latte macchiato" o qualsiasi prodotto a base di "latte vaccino" e che chiedono un prodotto senza lattosio, ricevono un secco "no", o la proposta di sorbire un'alternativa come quello a base di soia che però è una bevanda vegetale che non soddisfa il palato o il gusto di tutti.
Nei giorni scorsi, dopo le lamentele da parte di diverse persone che ci avevano segnalato il problema, abbiamo girato numerosi "caffè" nel centro di Lecce e abbiamo potuto appurare che solo la media di uno su venti esercizi aveva nel proprio menù un prodotto senza lattosio, mentre gli esercenti erano pronti ad offrire alternative bio o vegetali che però non sostituivano in alcun modo il "latte senza lattosio".
Per Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, è la dimostrazione che l'attenzione verso chi soffre di qualche intolleranza o allergia alimentare è ancora troppo bassa nella nostra società. Non vi è dubbio, infatti, che statisticamente una delle più diagnosticate sofferenze di questo tipo è quella al lattosio, uno zucchero contenuto nel latte vaccino. L'enzima lattasi ha il compito di scomporlo in due zuccheri semplici, il galattosio e il glucosio, per favorirne la digestione. La carenza di questo enzima impedisce la digestione del lattosio.
È in questi casi che si parla di intolleranza. I sintomi del disturbo sono gastrointestinali: gonfiore, crampi, meteorismo, diarrea. Chi ne soffre (stime recenti parlano di 4 italiani su 10) deve star lontano dal latte vaccino. Non è detto che chi deve rinunciare al latte vaccino debba privarsi di un buon cappuccino consumato al bar. Ai titolari di "caffè" il semplice compito di consentire anche a chi ha questi problemi, che rappresentano migliaia di cittadini, di conservare una confezione non solo di latte di soia, ma anche di una a lunga conservazione di latte senza lattosio del tipo che normalmente si trova sugli scaffali del supermercato.
Al di là dell'aspetto commerciale da non sottovalutare in termini di ricadute economiche perchè attrarrà anche clientela che normalmente non si reca al bar per una colazione, è pure una forma di rispetto per chi soffre di patologie spesso sottovalutate ma che impediscono una vita normale.
Nei giorni scorsi, dopo le lamentele da parte di diverse persone che ci avevano segnalato il problema, abbiamo girato numerosi "caffè" nel centro di Lecce e abbiamo potuto appurare che solo la media di uno su venti esercizi aveva nel proprio menù un prodotto senza lattosio, mentre gli esercenti erano pronti ad offrire alternative bio o vegetali che però non sostituivano in alcun modo il "latte senza lattosio".
Per Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, è la dimostrazione che l'attenzione verso chi soffre di qualche intolleranza o allergia alimentare è ancora troppo bassa nella nostra società. Non vi è dubbio, infatti, che statisticamente una delle più diagnosticate sofferenze di questo tipo è quella al lattosio, uno zucchero contenuto nel latte vaccino. L'enzima lattasi ha il compito di scomporlo in due zuccheri semplici, il galattosio e il glucosio, per favorirne la digestione. La carenza di questo enzima impedisce la digestione del lattosio.
È in questi casi che si parla di intolleranza. I sintomi del disturbo sono gastrointestinali: gonfiore, crampi, meteorismo, diarrea. Chi ne soffre (stime recenti parlano di 4 italiani su 10) deve star lontano dal latte vaccino. Non è detto che chi deve rinunciare al latte vaccino debba privarsi di un buon cappuccino consumato al bar. Ai titolari di "caffè" il semplice compito di consentire anche a chi ha questi problemi, che rappresentano migliaia di cittadini, di conservare una confezione non solo di latte di soia, ma anche di una a lunga conservazione di latte senza lattosio del tipo che normalmente si trova sugli scaffali del supermercato.
Al di là dell'aspetto commerciale da non sottovalutare in termini di ricadute economiche perchè attrarrà anche clientela che normalmente non si reca al bar per una colazione, è pure una forma di rispetto per chi soffre di patologie spesso sottovalutate ma che impediscono una vita normale.