Libri: 'Un anno senza Totti', facciamocene una ragione
di FRANCESCO GRECO - Mon Dieu!, è già trascorso un anno? “Roma Campione d’Italia” (2001). Un anno senza il Capitano, il gladiatore 2.0, la Roma più autentica e sincera, “core de sta Città”: riusciremo a sopravvivere, a farcene una ragione, anche nell’annus horribilis dei Mondiali di Russia miseramente falliti, e della Roma rimasta alla fine a mani e bacheche vuote?
“Totti Re” (2004). Il numero 10 ormai siede nell’Olimpo dei grandi, degli dèi, degli immortali: accanto a Pelè, Jascin, Zamora, Di Stefano, Maradona, Platini, Van Basten, Rivera, Mazzola, e qualche altro. Noblèsse oblige!
“Totti Champions” (2006). Sentite Maradona che parla del Capitano, mio Capitano: “E’ il miglior giocatore del mondo. Sa rendere difficili le cose semplici, sa far giocare bene la squadra”. Toni lirici, da romanzo di Eduardo Galeano, poesia di Saba e Pasolini, film di Sergio Leone, cover di De Gregori.
Sostiene Francesco: “…io sono parte di questo stadio, di questo tifo, di questa storia, di questa città…”. Vero, è la sua anima più profonda e più vera, che nessuno può toccare, la si respira con l’aria, ce la ritroviamo sulla pelle.
“Leggenda Totti” (2013). Per Roma il numero 10 ha rappresentato (e rappresenta ancora, perché i miti sono consegnati all’Eternità, al Tempo che verrà, all’Uomo che andrà su Marte), un’icona semanticamente affollata, tracimata fuori dal campo di gioco, che trasfigurata in altro da sé scivola lieve sullerba morbida.
Vengono alla mente le parole di Benigni in morte di Fellini: “Era come l’olio…”. Parafrasandolo possiamo dire che Totti è come l’acqua, umile e preziosa.
“TrecenTotti” (2015). Francesco incarna la romanità nella sua pienezza, ne è l’aleph compiuto, la sintesi più inafferrabile, un puzzle alchemico: un pò come lo sono Alberto Sordi e Aldo Fabrizi, Andreotti e Proietti, Nino Manfredi e Anna Magnani, Sandro Ciotti, Montesano, Gabriella Ferri, Lando Fiorini, Claudio Villa, Trilussa, il Belli, Pasquino, ecc.
“600 volte Totti” (2016). Sconfinato nell’epos, amato da generazioni di romanisti, dalla Città sorniona e viva, adagiata suoi colli, accarezzata dal ponentino sensuale e malizioso, trasversale, rispettato dai veri tifosi di tutta Italia e del mondo, anima gioiosa e cool dell’Urbe, invincibile come il gladiatore del celebre film.
A dar corpo al rimpianto, “Un anno senza Totti”, di Francesco Repice e Franco Brizi, Iacobelli editore, Roma 2018, pp. 112, euro 14,90. Procuratevelo, in questi tempi grami e ispidi, fa bene all’anima.
L’idea di una summa della carriera del campione (“faccia furbetta da bambino”) prende corpo nella scorsa primavera, in trattoria, “da Bobo”, dove davanti a una bella carbonara puoi trovare i romani da sette e più generazioni, di ogni estrazione sociale, avvolti dagli odori che vengono dalla cucina.
Non poteva germogliare in un salotto dell’aristocrazia decaduta e auto referenziata, dove si vivono vite anoressiche, per transfert.
Qui Totti, figlio del popolo , mamma Fiorella, papà Enzo (nato il 27 settembre 1976, 785 partile, 307 reti) e famiglia stanno cenando e quando esce, Brizi mormora un “Grazie!” che gli viene dal cuore.
E’ l’input che mette in moto il meccanismo editoriale.
“Inventore di un calcio tutto nuovo” (2016). Il resto è lavoro d’archivio (carta e web, copia e incolla) di un supertifoso giallorosso , Repice (benché nato a Cosenza), giornalista Rai (“prima voce” di “Tutto il calcio minuto per minuto”) e Brizi, storico della musica.
E assemblaggio di (prime) pagine di giornali e foto: dal 4 a zero alla Juventus (9 febbraio 2004) al calcione a Balotelli “provocatore” (6 maggio 2010), a quella col Capitano bloccato quasi da un incantesimo al cartellone pubblicitario, statua di sale, coi 70mila in piedi, commossi, confusi, il 28 maggio 2017, “Totti in piedi”, Corriere dello Sport), che rimarcano i passaggi più significativi di una carriera gloriosa, a ben vedere unica, di un campione generoso quanto modesto, ironico e carismatico, trascinatore, che ha vissuto in perfetta osmosi con una Città non facile, sintonizzato con il suo kharma più profondo, che ha saputo farsi amare da tutti, anche come uomo. E non sempre accade in un mondo in cui prevale il solipsismo più devastante.
“Grazie Capitano” (2017). Il materiale non mancava, sia cartaceo che umano, spalmato su un quarto di secolo della nostra storia recente, a cavallo di due secoli/millenni.
Un personaggio da cinema, da letteratura, fumetto, fiaba, sogno, che Sheherazade avrebbe messo nelle “Mille e una Notte”, fra re, sultani, gran visir, jinn, principesse… Con una loro filosofia di vita trasparente e sincera, alla portata delle folle immense.
Il risultato è un ottimo lavoro, una sorta di “totteide” che regala emozioni forti a ogni pagina, nel cuore di milioni di persone, che hanno sofferto e gioito.
E che acuisce il rimpianto di tutti, perché i campioni, e soprattutto gli uomini come Totti, sono rari, una specie in estinzione, a ogni latitudine e longitudine del nostro pianeta.
Magari su Marte, chissà…
“Totti Re” (2004). Il numero 10 ormai siede nell’Olimpo dei grandi, degli dèi, degli immortali: accanto a Pelè, Jascin, Zamora, Di Stefano, Maradona, Platini, Van Basten, Rivera, Mazzola, e qualche altro. Noblèsse oblige!
“Totti Champions” (2006). Sentite Maradona che parla del Capitano, mio Capitano: “E’ il miglior giocatore del mondo. Sa rendere difficili le cose semplici, sa far giocare bene la squadra”. Toni lirici, da romanzo di Eduardo Galeano, poesia di Saba e Pasolini, film di Sergio Leone, cover di De Gregori.
Sostiene Francesco: “…io sono parte di questo stadio, di questo tifo, di questa storia, di questa città…”. Vero, è la sua anima più profonda e più vera, che nessuno può toccare, la si respira con l’aria, ce la ritroviamo sulla pelle.
“Leggenda Totti” (2013). Per Roma il numero 10 ha rappresentato (e rappresenta ancora, perché i miti sono consegnati all’Eternità, al Tempo che verrà, all’Uomo che andrà su Marte), un’icona semanticamente affollata, tracimata fuori dal campo di gioco, che trasfigurata in altro da sé scivola lieve sullerba morbida.
Vengono alla mente le parole di Benigni in morte di Fellini: “Era come l’olio…”. Parafrasandolo possiamo dire che Totti è come l’acqua, umile e preziosa.
“TrecenTotti” (2015). Francesco incarna la romanità nella sua pienezza, ne è l’aleph compiuto, la sintesi più inafferrabile, un puzzle alchemico: un pò come lo sono Alberto Sordi e Aldo Fabrizi, Andreotti e Proietti, Nino Manfredi e Anna Magnani, Sandro Ciotti, Montesano, Gabriella Ferri, Lando Fiorini, Claudio Villa, Trilussa, il Belli, Pasquino, ecc.
“600 volte Totti” (2016). Sconfinato nell’epos, amato da generazioni di romanisti, dalla Città sorniona e viva, adagiata suoi colli, accarezzata dal ponentino sensuale e malizioso, trasversale, rispettato dai veri tifosi di tutta Italia e del mondo, anima gioiosa e cool dell’Urbe, invincibile come il gladiatore del celebre film.
A dar corpo al rimpianto, “Un anno senza Totti”, di Francesco Repice e Franco Brizi, Iacobelli editore, Roma 2018, pp. 112, euro 14,90. Procuratevelo, in questi tempi grami e ispidi, fa bene all’anima.
L’idea di una summa della carriera del campione (“faccia furbetta da bambino”) prende corpo nella scorsa primavera, in trattoria, “da Bobo”, dove davanti a una bella carbonara puoi trovare i romani da sette e più generazioni, di ogni estrazione sociale, avvolti dagli odori che vengono dalla cucina.
Non poteva germogliare in un salotto dell’aristocrazia decaduta e auto referenziata, dove si vivono vite anoressiche, per transfert.
Qui Totti, figlio del popolo , mamma Fiorella, papà Enzo (nato il 27 settembre 1976, 785 partile, 307 reti) e famiglia stanno cenando e quando esce, Brizi mormora un “Grazie!” che gli viene dal cuore.
E’ l’input che mette in moto il meccanismo editoriale.
“Inventore di un calcio tutto nuovo” (2016). Il resto è lavoro d’archivio (carta e web, copia e incolla) di un supertifoso giallorosso , Repice (benché nato a Cosenza), giornalista Rai (“prima voce” di “Tutto il calcio minuto per minuto”) e Brizi, storico della musica.
E assemblaggio di (prime) pagine di giornali e foto: dal 4 a zero alla Juventus (9 febbraio 2004) al calcione a Balotelli “provocatore” (6 maggio 2010), a quella col Capitano bloccato quasi da un incantesimo al cartellone pubblicitario, statua di sale, coi 70mila in piedi, commossi, confusi, il 28 maggio 2017, “Totti in piedi”, Corriere dello Sport), che rimarcano i passaggi più significativi di una carriera gloriosa, a ben vedere unica, di un campione generoso quanto modesto, ironico e carismatico, trascinatore, che ha vissuto in perfetta osmosi con una Città non facile, sintonizzato con il suo kharma più profondo, che ha saputo farsi amare da tutti, anche come uomo. E non sempre accade in un mondo in cui prevale il solipsismo più devastante.
“Grazie Capitano” (2017). Il materiale non mancava, sia cartaceo che umano, spalmato su un quarto di secolo della nostra storia recente, a cavallo di due secoli/millenni.
Un personaggio da cinema, da letteratura, fumetto, fiaba, sogno, che Sheherazade avrebbe messo nelle “Mille e una Notte”, fra re, sultani, gran visir, jinn, principesse… Con una loro filosofia di vita trasparente e sincera, alla portata delle folle immense.
Il risultato è un ottimo lavoro, una sorta di “totteide” che regala emozioni forti a ogni pagina, nel cuore di milioni di persone, che hanno sofferto e gioito.
E che acuisce il rimpianto di tutti, perché i campioni, e soprattutto gli uomini come Totti, sono rari, una specie in estinzione, a ogni latitudine e longitudine del nostro pianeta.
Magari su Marte, chissà…