di FRANCESCO GRECO - GAGLIANO DEL CAPO (LE). Come un infido peplo, una nuvola nera occupa il cielo di Terra d’Otranto in questo squarcio di III Millennio. Una contraddizione in termini, un nodo gordiano.
Da un lato i piccoli paesi si svuotano (ultimo rapporto SVIMEZ) e se ne vanno i laureati trascinandosi un trolley con dentro un master (spesso un dottorato di ricerca) verso l’Europa continentale: Berlino, Londra, Barcellona, Bruxelles, ecc.
Dall’altro incarniamo il sogno, siamo “Lamerica” per i popoli dei sud del mondo, scacciati dalle guerre, gli ecosistemi devastati, le economie sottomesse, la speranza disidratata, da un futuro incerto, rubato. Arrivano dall’Est europeo, il Maghreb, l’Africa Equatoriale, l’Asia, ecc.
Siamo storicamente terre di emigrazione sin dalla rivoluzione industriale e adesso anche di forte immigrazione.
Ma c’è anche chi decide di restare (restanza) nonostante la precarietà della vita, le opportunità di lavoro esigue, il reddito scarso e chi torna (tornanza) dopo aver studiato o lavorato lontano da dove è nato. Forse perché non esistono più un paradiso da sognare, un’isola che non c’è. Meglio tentare una start-up, una finestra sull’agricoltura 2.0, o che.
Un universo, è evidente, assai complesso e sfaccettato, nuovo, tutto da decodificare, flussi migratori intrecciati, si direbbe barocchi, che tre giovani filmaker pugliesi, Gabriele Licchelli, Francesco Lorusso e Andrea Settembrini hanno deciso di indagare.
DOMANDA: Che studi avete seguito prima di incontravi e decidere di fare cinema insieme?
RISPOSTA: "Le strade percorse sono state per tutti e tre molto differenti e questo costituisce una grande risorsa, ma abbiamo, in modalità diverse, approfondito i nostri studi sul cinema, iniziati per tutti e tre da autodidatti.
Gabriele, come Andrea, sono entrambi diplomati presso la “Scuola Holden” di Torino in regia, sceneggiatura e produzione.
Gabriele ha conseguito una laurea triennale in Lingue e Letterature straniere presso l’Università di Torino, mentre Andrea è a pochi esami dalla laurea in Ingegneria del Cinema e dei mezzi di Comunicazione al Politecnico di Torino.
Francesco è laureando in Filosofia presso l’Università di Torino, dove ha approfondito lo studio del cinema affrontandolo in diversi esami"
D. Da che tipo di background produttivo venite?
R. "Lavoriamo insieme ormai da quasi dieci anni. All’inizio è stato un pò per gioco, poi, col passare del tempo, abbiamo cercato di migliorarci.
Abbiamo girato svariati videoclip musicali e spot per delle aziende, ma la nostra passione principale è il cinema.
Insieme o singolarmente abbiamo realizzato cortometraggi e documentari selezionati in svariati festival, tra cui il Festival del Cinema Europeo di Lecce con il corto “Come sono le stelle dall’altra parte del cielo?” e il Festival dei Popoli con il documentario “Arca Hotel”.
Il nostro ultimo lavoro, girato pochi mesi fa e in fase di lavorazione, vede la collaborazione con la “New York Film Academy” ed è stato girato negli USA.
È un cortometraggio dal titolo provvisorio, “In attesa”".
D. E ora lavorate all’idea di qualcosa sul fenomeno dell’emigrazione, che storicamente segna la vostra terra: quando si è accesa la scintilla?
R. "Per chi abita in questa parte d’Italia, il Capo di Leuca, affrontare il tema del lasciare la propria terra è ancora oggi all’ordine del giorno.
Anche se in maniera e con effetti diversi, purtroppo, l’estremo Sud della Puglia vive ancora oggi un fenomeno di spopolamento. Molti ragazzi della nostra età lasciano il paese per cercare una formazione migliore nelle Università del Centro e del Nord Italia, o si muovono alla ricerca di lavoro, di futuro.
La scintilla, la storia particolare, che potesse essere una sineddoche della Storia (con la “s” maiuscola), si è accesa frequentando il Bar “Bielle 2000”, storico bar di Gagliano, il nostro paese, aperto nel 1973 da Nardo, proprio in alternativa all’emigrare in Svizzera, con la speranza di arrivarci, con la sua attività, al 2000.
La sua storia si è poi intersecata a quella di un suo amico, Mimmi, che Gagliano proprio in quegli anni l’ha lasciata, per andare a lavorare al traforo del San Gottardo, per sette lunghi anni. Lo stesso traforo che rimarrà il più lungo d’Europa proprio fino al 2000. La storia di Mimmi e Nardo si ripete giornalmente ancora oggi. È quella di chi è costretto a scegliere tra restare o andare".
D. Qual è il concept del film in progress?
R. "Ormai è più di un anno che lavoriamo allo sviluppo e realizzazione di “2000” (questo il nome del documentario).
Attualmente il progetto è tra i finalisti del “Premio Zavattini – Unarchive” indetto dall’Archivio AAMOD che insieme a Istituto Luce metterà a disposizione il suo materiale d’archivio. Il progetto è prodotto da Broga Doite Film, realtà fondata da noi, e la prima parte di riprese è stata possibile grazie al sostegno di “Scuola Holden”. Pensiamo a un film che possa durare intorno ai 60 minuti, ma non ci siamo imposti dei limiti. A oggi siamo ancora alla ricerca di partner e finanziamenti per finalizzare il progetto ed effettuare una parte di riprese in Svizzera, per raccontare quello che sono oggi le comunità di immigrati italiani e come sono cambiate nel tempo. Abbiamo terminato la prima fase di riprese, ne servirebbero altre 2-3: una in Svizzera e le altre a Gagliano. Poi la post-produzione. Cerchiamo partner: associazioni, istituzioni, fondazioni.
La nostra ricerca si espande anche agli archivi personali, di chiunque abbia del materiale girato negli anni dai Sessanta agli Ottanta e Novanta, momenti di viaggio o di vita quotidiana, il filmino delle vacanze o di un particolare evento che sia legato alla vita personale di un emigrante".
Da un lato i piccoli paesi si svuotano (ultimo rapporto SVIMEZ) e se ne vanno i laureati trascinandosi un trolley con dentro un master (spesso un dottorato di ricerca) verso l’Europa continentale: Berlino, Londra, Barcellona, Bruxelles, ecc.
Dall’altro incarniamo il sogno, siamo “Lamerica” per i popoli dei sud del mondo, scacciati dalle guerre, gli ecosistemi devastati, le economie sottomesse, la speranza disidratata, da un futuro incerto, rubato. Arrivano dall’Est europeo, il Maghreb, l’Africa Equatoriale, l’Asia, ecc.
Siamo storicamente terre di emigrazione sin dalla rivoluzione industriale e adesso anche di forte immigrazione.
Ma c’è anche chi decide di restare (restanza) nonostante la precarietà della vita, le opportunità di lavoro esigue, il reddito scarso e chi torna (tornanza) dopo aver studiato o lavorato lontano da dove è nato. Forse perché non esistono più un paradiso da sognare, un’isola che non c’è. Meglio tentare una start-up, una finestra sull’agricoltura 2.0, o che.
Un universo, è evidente, assai complesso e sfaccettato, nuovo, tutto da decodificare, flussi migratori intrecciati, si direbbe barocchi, che tre giovani filmaker pugliesi, Gabriele Licchelli, Francesco Lorusso e Andrea Settembrini hanno deciso di indagare.
DOMANDA: Che studi avete seguito prima di incontravi e decidere di fare cinema insieme?
RISPOSTA: "Le strade percorse sono state per tutti e tre molto differenti e questo costituisce una grande risorsa, ma abbiamo, in modalità diverse, approfondito i nostri studi sul cinema, iniziati per tutti e tre da autodidatti.
Gabriele, come Andrea, sono entrambi diplomati presso la “Scuola Holden” di Torino in regia, sceneggiatura e produzione.
Gabriele ha conseguito una laurea triennale in Lingue e Letterature straniere presso l’Università di Torino, mentre Andrea è a pochi esami dalla laurea in Ingegneria del Cinema e dei mezzi di Comunicazione al Politecnico di Torino.
Francesco è laureando in Filosofia presso l’Università di Torino, dove ha approfondito lo studio del cinema affrontandolo in diversi esami"
D. Da che tipo di background produttivo venite?
R. "Lavoriamo insieme ormai da quasi dieci anni. All’inizio è stato un pò per gioco, poi, col passare del tempo, abbiamo cercato di migliorarci.
Abbiamo girato svariati videoclip musicali e spot per delle aziende, ma la nostra passione principale è il cinema.
Insieme o singolarmente abbiamo realizzato cortometraggi e documentari selezionati in svariati festival, tra cui il Festival del Cinema Europeo di Lecce con il corto “Come sono le stelle dall’altra parte del cielo?” e il Festival dei Popoli con il documentario “Arca Hotel”.
Il nostro ultimo lavoro, girato pochi mesi fa e in fase di lavorazione, vede la collaborazione con la “New York Film Academy” ed è stato girato negli USA.
È un cortometraggio dal titolo provvisorio, “In attesa”".
D. E ora lavorate all’idea di qualcosa sul fenomeno dell’emigrazione, che storicamente segna la vostra terra: quando si è accesa la scintilla?
R. "Per chi abita in questa parte d’Italia, il Capo di Leuca, affrontare il tema del lasciare la propria terra è ancora oggi all’ordine del giorno.
Anche se in maniera e con effetti diversi, purtroppo, l’estremo Sud della Puglia vive ancora oggi un fenomeno di spopolamento. Molti ragazzi della nostra età lasciano il paese per cercare una formazione migliore nelle Università del Centro e del Nord Italia, o si muovono alla ricerca di lavoro, di futuro.
La scintilla, la storia particolare, che potesse essere una sineddoche della Storia (con la “s” maiuscola), si è accesa frequentando il Bar “Bielle 2000”, storico bar di Gagliano, il nostro paese, aperto nel 1973 da Nardo, proprio in alternativa all’emigrare in Svizzera, con la speranza di arrivarci, con la sua attività, al 2000.
La sua storia si è poi intersecata a quella di un suo amico, Mimmi, che Gagliano proprio in quegli anni l’ha lasciata, per andare a lavorare al traforo del San Gottardo, per sette lunghi anni. Lo stesso traforo che rimarrà il più lungo d’Europa proprio fino al 2000. La storia di Mimmi e Nardo si ripete giornalmente ancora oggi. È quella di chi è costretto a scegliere tra restare o andare".
D. Qual è il concept del film in progress?
R. "Ormai è più di un anno che lavoriamo allo sviluppo e realizzazione di “2000” (questo il nome del documentario).
Attualmente il progetto è tra i finalisti del “Premio Zavattini – Unarchive” indetto dall’Archivio AAMOD che insieme a Istituto Luce metterà a disposizione il suo materiale d’archivio. Il progetto è prodotto da Broga Doite Film, realtà fondata da noi, e la prima parte di riprese è stata possibile grazie al sostegno di “Scuola Holden”. Pensiamo a un film che possa durare intorno ai 60 minuti, ma non ci siamo imposti dei limiti. A oggi siamo ancora alla ricerca di partner e finanziamenti per finalizzare il progetto ed effettuare una parte di riprese in Svizzera, per raccontare quello che sono oggi le comunità di immigrati italiani e come sono cambiate nel tempo. Abbiamo terminato la prima fase di riprese, ne servirebbero altre 2-3: una in Svizzera e le altre a Gagliano. Poi la post-produzione. Cerchiamo partner: associazioni, istituzioni, fondazioni.
La nostra ricerca si espande anche agli archivi personali, di chiunque abbia del materiale girato negli anni dai Sessanta agli Ottanta e Novanta, momenti di viaggio o di vita quotidiana, il filmino delle vacanze o di un particolare evento che sia legato alla vita personale di un emigrante".