di LIVALCA - In questo periodo tutti i ‘media’ stanno celebrando, giustamente, il ventennale della scomparsa di Lucio Battisti - onesto interprete vocale, ma assoluto genio musicale - risvegliando in noi : trepidazione, commozione, eccitazione…emozione. Il mio pensiero è volato ad anni fa quando, esasperato dalle emozioni che duravano mesi di Francesco De Martino, decisi di convocare un incontro di domenica in azienda per trovare qualcosa che riuscisse a convincere il direttore editoriale a varare, finalmente, una copertina cui teneva molto... e non indaghiamo perché. Convocai gli amici Carlo Fusca e Lucio Gacina, presenti Angela Iacoviello, Angela Lopez, Francesco e Delio De Martino e il sottoscritto. Carlo portò molte foto di suoi quadri, Lucio tre sue composizioni e Francesco un catalogo di Vito Matera da cui attingere eventualmente qualcosa. Conoscendo Francesco, quando al telefono mi parlò di Matera, mi guardai bene non solo dall’informare il Maestro nato a Gravina ma dal ‘convocarlo’; già prevedevo quale sarebbe stata la conclusione e, qualora si fosse verificata la classica eccezione, avrei potuto sempre sistemare il tutto in seguito. Dal momento che sono scrupoloso e lungimirante (avevo concordato con Francesco che in copertina avremmo riportato il giudizio di un critico sulla valenza artistica del prescelto) trovai qualcosa che riguardava i nostri ‘concorrenti’. Di Vito Matera mi ero procurato tre riflessioni che mandai a memoria (probabilmente le avevo trovate da una stessa fonte, non ricordo) a cura di Anna D’Elia: « Pittore dei mondi arcani e favolistici, dove avventura e realtà si scambiano i ruoli», Lino Angiuli: «…Di qui la calda suggestione emanata da un colore che non ha peli sulla lingua » e Raffaele Nigro: « Matera è un pittore chiarista volante sfottente sognante espressionista fumettante guizzante illustrante e ironico». Ora non posso narrare nel dettaglio quello che avvenne dalle 11 alle 14, ma posso dirvi che io nel ricordare a memoria le ‘stravaganze’ di Raffaele invece di ripetere ‘fumettante’ dissi e confermai ‘fumante’. Subito Francesco mi eccepì non può essere (possiede mancanze, ma conserva il pregio principale che lo porta ad avere una seria, irreprensibile sensibilità linguistica) fumante e propose varie soluzioni fra cui ‘fulminante’. In questo lasso di tempo Delio con il suo tablet, o qualcosa di simile, riuscì a dimostrare visivamente al padre che il termine esatto era ‘fumettante’. Chiaramente, come avevo largamente previsto, il professore delle tante ‘Medee’ prese tempo per decidere e vi riferisco, solo per la statistica, che 48 ore dopo risolse tutto mio fratello Raffaele facendo un collage in copertina di alcune foto sparse all’interno del libro.
Vito Matera all’oscuro di questo intreccio di accadimenti, ha continuato la sua tranquilla e rispettabile vita di esponente di un’arte figlia diretta di un evento artistico che nasce sorretto da fondamentali studi classici. Evidente notare che, nei primi anni ’80 del secolo scorso, l’influenza di Francesco De Martino è stata determinante per il ciclo delle Deliadi - opere riprodotte a pagina 1291 di Puglia Mitica ( Levante Bari, 2012) insieme ad un magnifico quadro dal titolo ‘ La via in su e in giù di Eraclito’ «…l’uomo deve destarsi e solo nella veglia autentica, sincera e genuina può conoscere l’ordine nascosto della realtà » - da considerarsi testimonianza assoluta di quanto il Matera sia un vigile osservatore che ‘serve in tavola’ un colore mai troppo invadente per sollecitare in chi guarda pensieri autonomi, inebrianti, un invito a sentirsi artista per pochi minuti o forse ore. Matera ci prospetta un suo mondo : costruito su ricordi personali, che sono tutta la sua vita, una vita spesa per l’arte e l’insegnamento, a cui non ha mai rinunciato e che gli ha regalato momenti esaltanti e negativi, immagazzinati con lo spirito del discepolo che sa che la cattedra è una palestra-maestra di vita, per cui va vissuta alternando le funzioni. Guardando le opere di Matera, quelle che lui realizza riciclando vecchi oggetti di legno, ti accorgi che il ‘mestiere’ - la maestria professionale è un genere che in ogni epoca ha ottenuto stima e rispetto - è sovrano: scultore, pittore, incisore, grafico…in lontananza collaboratore nella bottega paterna di orafo e musicista: un BATTISTero nel DNA (Doti naturali autoctone).
Torniamo a Lucio Battisti e Vito Matera : Lucio cantante nella norma in quanto ad ‘avvenenza’ vocale e Vito scrupoloso studente che si laurea in Filosofia, con una tesi in Estetica dedicata ai problemi dello spazio pittorico; l’autore di «Acqua azzurra, acqua chiara» e tante atipiche eccezionali costruzioni musicali, frutto di un vero autentico talento (riconosciuto, cosa che non sempre si realizza in vita, ‘urbi et orbi’ anche per i sagaci e arguti versi di Giulio Repetti) optò per una pausa di riflessione che lo porterà a legarsi al Panella con una enne in meno e passò « dal profumo di un amore puro» a «L ‘apparenza» e « La sposa occidentale», al contrario il nostro Matera, concluso il costruttivo ciclo delle «Ippografie», intervallato da il «Bestiario minimo’, ‘Tabule pictae e De arte venandi cum avibus», rimase fedele agli occhi innocenti della sua Giovanna e al profumo di quel puro amore, puro come i colori, che lui da sempre ha impiegato e continuerà ad impiegare, in modo da approdare, senza inutili scossoni, ai ‘Tarocchi della Murgia’.
Spero che la redazione del «Giornale di Puglia », con la lungimiranza ampiamente dimostrata in questi anni, pubblichi la foto del polittico ( dal greco : dotato di molte pieghe) realizzato da Matera: si tratta di quattro scomparti dipinti con la voglia di stupire che sembrano il giardino cui la coppia Battisti-Mogol si sia ispirato per «Pensieri e parole, Emozioni, La canzone del sole, Il mio canto libero ». Famosa la frase di Mogol: «Non ci sono musichieri, ma musicisti, e non siamo autori ma parolieri », cui Matera potrebbe ribattere «Non ci sono artisti, ma pittori-scultori-artigiani». Come affermava Hume « L’arte può fare il vestito, ma la natura deve produrre un uomo», chi scrive si limita a considerare che, per l’essere umano, la ‘fatica’ è alla base di tutto e per dirla con Gervaso « L’arte è fatica ispirata».
Vito Matera all’oscuro di questo intreccio di accadimenti, ha continuato la sua tranquilla e rispettabile vita di esponente di un’arte figlia diretta di un evento artistico che nasce sorretto da fondamentali studi classici. Evidente notare che, nei primi anni ’80 del secolo scorso, l’influenza di Francesco De Martino è stata determinante per il ciclo delle Deliadi - opere riprodotte a pagina 1291 di Puglia Mitica ( Levante Bari, 2012) insieme ad un magnifico quadro dal titolo ‘ La via in su e in giù di Eraclito’ «…l’uomo deve destarsi e solo nella veglia autentica, sincera e genuina può conoscere l’ordine nascosto della realtà » - da considerarsi testimonianza assoluta di quanto il Matera sia un vigile osservatore che ‘serve in tavola’ un colore mai troppo invadente per sollecitare in chi guarda pensieri autonomi, inebrianti, un invito a sentirsi artista per pochi minuti o forse ore. Matera ci prospetta un suo mondo : costruito su ricordi personali, che sono tutta la sua vita, una vita spesa per l’arte e l’insegnamento, a cui non ha mai rinunciato e che gli ha regalato momenti esaltanti e negativi, immagazzinati con lo spirito del discepolo che sa che la cattedra è una palestra-maestra di vita, per cui va vissuta alternando le funzioni. Guardando le opere di Matera, quelle che lui realizza riciclando vecchi oggetti di legno, ti accorgi che il ‘mestiere’ - la maestria professionale è un genere che in ogni epoca ha ottenuto stima e rispetto - è sovrano: scultore, pittore, incisore, grafico…in lontananza collaboratore nella bottega paterna di orafo e musicista: un BATTISTero nel DNA (Doti naturali autoctone).
Torniamo a Lucio Battisti e Vito Matera : Lucio cantante nella norma in quanto ad ‘avvenenza’ vocale e Vito scrupoloso studente che si laurea in Filosofia, con una tesi in Estetica dedicata ai problemi dello spazio pittorico; l’autore di «Acqua azzurra, acqua chiara» e tante atipiche eccezionali costruzioni musicali, frutto di un vero autentico talento (riconosciuto, cosa che non sempre si realizza in vita, ‘urbi et orbi’ anche per i sagaci e arguti versi di Giulio Repetti) optò per una pausa di riflessione che lo porterà a legarsi al Panella con una enne in meno e passò « dal profumo di un amore puro» a «L ‘apparenza» e « La sposa occidentale», al contrario il nostro Matera, concluso il costruttivo ciclo delle «Ippografie», intervallato da il «Bestiario minimo’, ‘Tabule pictae e De arte venandi cum avibus», rimase fedele agli occhi innocenti della sua Giovanna e al profumo di quel puro amore, puro come i colori, che lui da sempre ha impiegato e continuerà ad impiegare, in modo da approdare, senza inutili scossoni, ai ‘Tarocchi della Murgia’.
Spero che la redazione del «Giornale di Puglia », con la lungimiranza ampiamente dimostrata in questi anni, pubblichi la foto del polittico ( dal greco : dotato di molte pieghe) realizzato da Matera: si tratta di quattro scomparti dipinti con la voglia di stupire che sembrano il giardino cui la coppia Battisti-Mogol si sia ispirato per «Pensieri e parole, Emozioni, La canzone del sole, Il mio canto libero ». Famosa la frase di Mogol: «Non ci sono musichieri, ma musicisti, e non siamo autori ma parolieri », cui Matera potrebbe ribattere «Non ci sono artisti, ma pittori-scultori-artigiani». Come affermava Hume « L’arte può fare il vestito, ma la natura deve produrre un uomo», chi scrive si limita a considerare che, per l’essere umano, la ‘fatica’ è alla base di tutto e per dirla con Gervaso « L’arte è fatica ispirata».
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Cultura e Spettacoli