di FRANCESCO GRECO - “Avvolto nell’ombra dell’eterna solitudine,/ nella tenebra impenetrabile di fitta luce…” (dai pensieri e diari).
Malato, era in ansia per la salute della madre, la cui malattia lo faceva soffrire (1787). Scriveva amico e fratello con la maiuscola (a questo addirittura dava del “lei”, 1801).
“Spirito degli spiriti, che sei diffuso in ogni porzione/ dello spazio e del tempo smisurato…” .
Grande Beethoven, immortale la sua opera, eterno l’uomo inquieto, tormentato, “eccentrico” disse Goethe dopo una serata a casa sua, in cui suonò al pianoforte: i due furono in rapporto d’amicizia e di stima reciproca (Beethoven musicò “Egmont”).
Visse con i sensi sempre tesi: era cosciente sin dal principio della sua mission. E’ uno dei grandi compositori su cui si scava di più, e si scopre sempre qualcosa di inedito. Come in questa “Autobiografia di un genio”, di Ludwig van Beethoven (Lettere, pensieri, diari), Piano B Edizioni, Prato 2018, pp. 160, euro 14 (a cura di Michele Porzio). E’ una piccola antologia in cui il genio tedesco è ritratto “nature” tramite i suoi scritti (alcune lettere non furono mai inviate). L’osmosi fra arte e vita è strutturale anche nella sua parabola esistenziale. Se si conoscono, anche per sommi capi, gli snodi della sua vita, con tutte le “umane debolezze” e “le fissazioni caratteriali” (Porzio in prefazione), allora si comprende anche la sua arte sublime, inarrivabile: quartetti, sinfonie, ecc. ”Il nuovo e l’originale si manifestano (al compositore) da sé, senza che ci si pensi”.
Beethoven incarna i format del Romanticismo, magari senza volerlo, nè saperlo. Anche il suo rapporto con la donna è romantico: “Mio angelo, mio tutto, mio io…”, scrive, forse, a Antonie Brentano, inizi di luglio 1812. Una lettera che la destinataria (sposata con quattro figli) forse non lesse mai. Gli amori impossibili non sono forse una delle componenti dell’animo romantico? Ma Beethoven apparteneva all’arte, al mondo, all’eternità : il rifugio più sicuro per uno spirito nobile, sensibile, aristocratico: le pene d’amore sono accessori per borghesi e parvenu, “per gente volgare”.
Visse con i sensi sempre tesi: era cosciente sin dal principio della sua mission. E’ uno dei grandi compositori su cui si scava di più, e si scopre sempre qualcosa di inedito. Come in questa “Autobiografia di un genio”, di Ludwig van Beethoven (Lettere, pensieri, diari), Piano B Edizioni, Prato 2018, pp. 160, euro 14 (a cura di Michele Porzio). E’ una piccola antologia in cui il genio tedesco è ritratto “nature” tramite i suoi scritti (alcune lettere non furono mai inviate). L’osmosi fra arte e vita è strutturale anche nella sua parabola esistenziale. Se si conoscono, anche per sommi capi, gli snodi della sua vita, con tutte le “umane debolezze” e “le fissazioni caratteriali” (Porzio in prefazione), allora si comprende anche la sua arte sublime, inarrivabile: quartetti, sinfonie, ecc. ”Il nuovo e l’originale si manifestano (al compositore) da sé, senza che ci si pensi”.
Beethoven incarna i format del Romanticismo, magari senza volerlo, nè saperlo. Anche il suo rapporto con la donna è romantico: “Mio angelo, mio tutto, mio io…”, scrive, forse, a Antonie Brentano, inizi di luglio 1812. Una lettera che la destinataria (sposata con quattro figli) forse non lesse mai. Gli amori impossibili non sono forse una delle componenti dell’animo romantico? Ma Beethoven apparteneva all’arte, al mondo, all’eternità : il rifugio più sicuro per uno spirito nobile, sensibile, aristocratico: le pene d’amore sono accessori per borghesi e parvenu, “per gente volgare”.