ROMA - Una vera e propria selva oscura, ma senza Dante
Alighieri e senza dritte via. Una selva fatta di burocrazia e regolamenti, di
leggi e commi, di scappatoie legali e distinguo. È quanto hanno messo in campo
le amministrazioni locali, dal livello regionale fino a quello comunale, per
regolamentare il più possibile il mondo del gioco dopo l’operatività del
Decreto Dignità. La manovra
che ha cambiato il mondo del gambling italiano, nonostante questa sia una
delle principali voci del bilancio statale, terza per entrate in Italia e con
un gettito di circa 10 miliardi annui.
Una invasività normativa che, a onor del vero, non è neppure
legittima, visto che la regolamentazione del gioco d’azzardo, come si legge
nell’articolo 117 della Costituzione, spetta in via esclusiva alla legislazione
statale. Gli enti locali quindi possono intervenire, ma con il freno a mano
tirato. Il loro raggio d’azione è comunque fomentato da motivazioni valide e
condivisibili, da opinioni degli esperti, dal consenso dell’opinione pubblica.
Se da un lato vengono accettate molte misure, come il distanziometro, strumento
di tutela soprattutto per i minori, o la limitazione oraria, diverso è il discorso
sull’efficacia di un Decreto ricco di divieti. E non sono mancate, in tal
senso, le retromarce e i punti interrogativi.
Il più grande è quello relativo all’intervento regolativo,
da parte del Governo, che non è stato su scala nazionale. Un “distanziometro
nazionale”, uguale e disciplinato in maniera univoca, avrebbe avuto il
vantaggio di rendere più snella la procedura burocratica e legislativa
adottando un criterio uniforme e facilitando la vita alle amministrazioni, agli
operatori e all’utenza. Discorso a parte invece merita il nodo legato alla
ludopatia. Esperti di settore e numerose ricerche hanno sottolineato la totale
inutilità di leggi proibizioniste, come alcuni contenuti del Decreto Dignità,
che non farebbe altro che riportare a galla il gioco illegale, portando danni
economici e sociali all’utenza. Occorrerebbe invece migliorare e potenziare
quei dispositivi di controllo già utilizzati dagli operatori online. Come il
Limite Personale, ovvero la possibilità data ai giocatori di ridurre ulteriormente
il limite di versamento standard stabilità dalla società, o l’Autosospensione,
la possibilità di escludersi dal gioco e di richiedere, per un tempo
determinato o illimitato, il blocco del proprio account, dispositivi
adottati con successo dal casinò Gioco Digitale.
Strenua e tenace è stata la resistenza degli operatori del
settore, con ricorsi legali in tribunale che hanno fatto scattare il campanello
d’allarme anche alla Corte Costituzionale. È attesa a breve infatti la
pronuncia in merito alle regolamentazioni regionali, che differiscono in alcuni
settori dal testo del Decreto, con il rischio però di accendere ancora di più
la disputa. In gioco però ci sono anche i diritti e, soprattutto gli stipendi,
di oltre 150.000 addetti ai lavori, un peso che gli esperti del settore hanno
da subito messo sul piatto della bilancia per dare valore e credito alle loro
rivendicazioni. Intanto lo
scorso 16 novembre Sistema Gioco Italia e Sindacati si sono mobilitati insieme
ad altre imprese. Il loro obiettivo e fare pressione sul Governo e portarlo
alla correzione di alcuni punti della legge. La parola fine all’eterna vicenda
del Decreto Dignità è tutt’altro che vicina.
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