di VITTORIO POLITO - Che Natale sarà quello che ci accingiamo a trascorrere in questo periodo di crisi? Quali sono le tradizioni baresi per questa notevole ricorrenza? Proviamo a ricordarle ricorrendo all’ormai celebre volume “La checine de nononne” di Giovanni Panza (Schena Editore), definito da Franco Sorrentino: «... Bellissimo volume scritto con un amore e con una maestria che lo rendono degno di ogni casa barese».
Panza descrive molto dettagliatamente quello che si mangia nelle cosiddette “feste terribele” (feste terribili), cioè le festività più importanti dell’anno, Natale e Pasqua, in occasione delle quali si prepara un lungo corteo di piatti in perfetto ossequio alle tradizioni culinarie cittadine. Per l’occasione mi limiterò a descrivere il pranzo di Natale, rimandando i lettori all’opera originale per le altre festività .
Vescigghie: vermeciidde cu grenghe o capetone, capetone arrestute mbond’o spiite che le fronze de llore; u ccrute, tomacchie e mignitte, baccalà sott’acìte; sopataue, nusce, aminue, necedde, chiacune, frutte de stagione, pecciuateddre, carteddate, castagnedde, pastriache, ecchie de Sanda Lecì, resolie de lemone, de mandarine, anesette, streghe, stomà deche, ecc.
(Vigilia di Natale: spaghetti con il gronco (pesce di mare affine all’anguilla) o capitone, o con frutti di mare (noci, cozze, datteri, muscoli, o seppie, ecc.); capitone allo spiedo con foglie di alloro; frutta di mare cruda, comacchio (anguille e capitone fritti conservati in salamoia a base di aceto); baccalà e pesciolini fritti e sott’aceto; verdura cruda, cartellate, castagnelle, paste reali, occhi di Santa Lucia (tarallini natalizi ricoperti di glassa), torrone, liquore di limone o di mandarino, anisetta, strega, amaro, ecc.).
Natale: brote de vicce che la verdure o granerise o alde cose ca se fà scene cu bbrote; vicce allesse che l’anzalate; scarcioffe e lambasciune ndorat’e fritte; u ccrute d’avanze, ecc.
(Natale: brodo di tacchino con verdura, riso o altro; lesso di tacchino con contorno di insalata verde; carciofi e lampascioni indorati e fritti; frutta di mare eventualmente avanzata; verdura cruda, frutta di stagione e tutto il resto come il giorno della vigilia).
Sande Stèfene (Santo Stefano): tembane ’o furne, carne a ragù; agniidde arrestute e patane fritte; u reste accom’a l’alde dì.
(Santo Stefano: timballo al forno, carne a ragù, agnello alla brace con contorno di patatine fritte; il resto come i giorni precedenti).
Per i baresi sono irrinunciabili certi antipasti di mare come l’aliscette (alicette); l’alliive (seppioline); le calamariidde (calamaretti); la meroske (piccoli pesci); le pulperizze (piccoli polpi arricciati); le rizze (i ricci) e, dulcis in fundo, u ccrute (il crudo), rappresentato dalla varietà di frutti di mare (cozze pelose, noci, ostriche, canestrelle, tartufi di mare, ecc.). Tutte prelibatezze marine da consumare rigorosamente crude.
È d’obbligo dare atto a Giovanni Panza per il suo particolare attaccamento a Bari ed ai valori storici e morali ad essa collegati, nonché alle tradizioni culinarie miranti a far risaltare il dialetto e le tradizioni, insieme alle sue preziose ricette tanto utili alla casalinga barese e tanto salutari per la dieta mediterranea, ampiamente riconosciuta da dietologi e nutrizionisti.
Panza descrive molto dettagliatamente quello che si mangia nelle cosiddette “feste terribele” (feste terribili), cioè le festività più importanti dell’anno, Natale e Pasqua, in occasione delle quali si prepara un lungo corteo di piatti in perfetto ossequio alle tradizioni culinarie cittadine. Per l’occasione mi limiterò a descrivere il pranzo di Natale, rimandando i lettori all’opera originale per le altre festività .
Vescigghie: vermeciidde cu grenghe o capetone, capetone arrestute mbond’o spiite che le fronze de llore; u ccrute, tomacchie e mignitte, baccalà sott’acìte; sopataue, nusce, aminue, necedde, chiacune, frutte de stagione, pecciuateddre, carteddate, castagnedde, pastriache, ecchie de Sanda Lecì, resolie de lemone, de mandarine, anesette, streghe, stomà deche, ecc.
(Vigilia di Natale: spaghetti con il gronco (pesce di mare affine all’anguilla) o capitone, o con frutti di mare (noci, cozze, datteri, muscoli, o seppie, ecc.); capitone allo spiedo con foglie di alloro; frutta di mare cruda, comacchio (anguille e capitone fritti conservati in salamoia a base di aceto); baccalà e pesciolini fritti e sott’aceto; verdura cruda, cartellate, castagnelle, paste reali, occhi di Santa Lucia (tarallini natalizi ricoperti di glassa), torrone, liquore di limone o di mandarino, anisetta, strega, amaro, ecc.).
Il capitone, un altro piatto tipico barese per il giorno di Natale |
(Natale: brodo di tacchino con verdura, riso o altro; lesso di tacchino con contorno di insalata verde; carciofi e lampascioni indorati e fritti; frutta di mare eventualmente avanzata; verdura cruda, frutta di stagione e tutto il resto come il giorno della vigilia).
Sande Stèfene (Santo Stefano): tembane ’o furne, carne a ragù; agniidde arrestute e patane fritte; u reste accom’a l’alde dì.
(Santo Stefano: timballo al forno, carne a ragù, agnello alla brace con contorno di patatine fritte; il resto come i giorni precedenti).
Per i baresi sono irrinunciabili certi antipasti di mare come l’aliscette (alicette); l’alliive (seppioline); le calamariidde (calamaretti); la meroske (piccoli pesci); le pulperizze (piccoli polpi arricciati); le rizze (i ricci) e, dulcis in fundo, u ccrute (il crudo), rappresentato dalla varietà di frutti di mare (cozze pelose, noci, ostriche, canestrelle, tartufi di mare, ecc.). Tutte prelibatezze marine da consumare rigorosamente crude.
È d’obbligo dare atto a Giovanni Panza per il suo particolare attaccamento a Bari ed ai valori storici e morali ad essa collegati, nonché alle tradizioni culinarie miranti a far risaltare il dialetto e le tradizioni, insieme alle sue preziose ricette tanto utili alla casalinga barese e tanto salutari per la dieta mediterranea, ampiamente riconosciuta da dietologi e nutrizionisti.