di VITTORIO POLITO - Natale, festa prettamente cristiana, è diventata negli ultimi anni, occasione per una corsa al consumismo, un festeggiamento frenetico, sostituendosi da un clima di celebrazione e di riflessione a una gara commerciale, facendo intervenire spesso la Chiesa a promuovere con incisione il significato religioso.
I simboli di Natale sono numerosi ma il più importante e significativo è rappresentato dal Presepe. Nel medioevo prese il nome latino di ‘praesepium’ che significa recinto chiuso o mangiatoia, quella mangiatoia che vide nascere Gesù.
Il simbolismo biblico del bue e dell’asino, sul piano umano rimanda a virtù come umiltà, pazienza, capacità di portare pesi, non di servire in guerra, per quanto riguarda l’asino, mentre il bue esprime fecondità, forza, lavoro costruttivo, fedeltà al padrone. Sul piano teologico i due animali mostrano la continuità tra Antico e Nuovo Testamento, tra figura e realtà, tra profezia e compimento. Mentre i re Magi, il cui numero di tre è fissato da San Leone Magno (gli Evangelisti, quando li citano, non dicono quanti sono), rappresentano le tre età dell’uomo (gioventù, maturità e vecchiaia) e le tre razze in cui si divide l’umanità: semitica (dal nome Sem, figlio di Noè, che secondo la tradizione biblica, sarebbe stato il progenitore dei popoli orientali), camitica (da Cam, figlio di Noè che ha generato i popoli africani nord-orientali), e giapetica (da Giapeto uno dei titani della mitologia greca che ha generato i popoli occidentali). I loro nomi - Gaspare, Melchiorre e Baldassarre - sono mutuati dal vangelo apocrifo armeno e ormai sono accettati anche dalla tradizione occidentale. I doni dei Magi, invece, sono interpretati in riferimento alla duplice natura di Gesù: l’incenso per la sua Divinità, la mirra per la sua umanità, l’oro perché era un dono riservato ai re.
Gli angeli rappresentano gli esempi di creature superiori, i pastori l’umanità da redimere e infine Maria e Giuseppe, in atteggiamento di adorazione, sottolineano la regalità dell’infante.
Il Presepe, ideato da San Francesco nel 1223 a Greccio, e che Giotto ha dipinto nell’affresco della Basilica Superiore di Assisi, è essenzialmente la rievocazione del Mistero dell’Incarnazione del Verbo. Nell’attesa del Natale in famiglia, si può puntare lo sguardo interiore a Betlemme per vivere con gioia l’attesa di Gesù.
Il vischio, pianta natalizia per eccellenza, ne parlava anche Virgilio nell’Eneide, era considerata pianta divina e miracolosa, tanto che la potevano raccogliere, utilizzando un falcetto d’oro solo i sacerdoti.
L’agrifoglio e il pungitopo, considerati portatrici di fortuna, sono piante caratterizzate dalla presenza di foglie dure e spine, simbolo di forza e prevenzione contro i mali, ma secondo la leggenda le foglie spinose ricordano le spine della corona di Gesù. Le bacche rosse simboleggiano il Natale, ma ricordano anche il rosso del sangue.
Il cero natalizio rappresenta la luce, infatti nella notte di Natale arriva la luce tra gli uomini, l’avvento del Bambino Gesù.
La stella di Natale, secondo la tradizione, è stato il regalo di un bimbo a Gesù. In un lontano 25 dicembre un bambino povero entrò in Chiesa per offrire un dono al Signore, ma era talmente povero che offrì solo un mazzo di erbacce, ma su quei rametti cadde una lacrima del Bimbo che, per miracolo, si trasformò in uno splendido fiore rosso: la stella di Natale.
Anche il gioco della Tombola pare avesse origini antiche. Durante i Saturnali che precedevano il solstizio d’inverno, nell’antica Roma, si concedeva il gioco d’azzardo, proibito nel resto dell’anno. Il gioco era quindi strettamente connesso con la funzione rinnovatrice di Saturno, quindi la buona sorte del giocatore non era dovuta al caso, ma al volere della divinità.
Le sfere colorate che appendiamo all’albero pare rappresentino le risate di Gesù bambino. Infatti, un giocoliere che non aveva nulla da portare a Gesù si presentò ugualmente a mani vuote, ma volle offrire quello che meglio sapeva fare, facendo ridere Gesù Bambino, e da quel giorno si dice che le palline colorate da noi utilizzate rappresentano le risate del piccolo Gesù.
Le campane di Natale ricordano la leggenda di un bambino cieco desideroso di andare a far visita a Gesù e non avendo alcun riferimento visivo sentì da lontano il suono di una campana. Pensò si trattasse di una mucca che si trovava nella stalle del sacro neonato e seguendo quel suono, arrivò fino alla mangiatoia dove si trovava il piccolo Re.
L’Albero di Natale, inserito nel contesto religioso delle festività, è segno di pace e speranza. Si diffuse nell’Europa del Nord verso il secolo XI, ma una documentazione certa ne dà la nascita in Alsazia nel 1512. L’abete simboleggia la figura di Gesù, che rinforza e rinsalda la comunione tra Dio e l’uomo.
Buon Natale!
I simboli di Natale sono numerosi ma il più importante e significativo è rappresentato dal Presepe. Nel medioevo prese il nome latino di ‘praesepium’ che significa recinto chiuso o mangiatoia, quella mangiatoia che vide nascere Gesù.
Il simbolismo biblico del bue e dell’asino, sul piano umano rimanda a virtù come umiltà, pazienza, capacità di portare pesi, non di servire in guerra, per quanto riguarda l’asino, mentre il bue esprime fecondità, forza, lavoro costruttivo, fedeltà al padrone. Sul piano teologico i due animali mostrano la continuità tra Antico e Nuovo Testamento, tra figura e realtà, tra profezia e compimento. Mentre i re Magi, il cui numero di tre è fissato da San Leone Magno (gli Evangelisti, quando li citano, non dicono quanti sono), rappresentano le tre età dell’uomo (gioventù, maturità e vecchiaia) e le tre razze in cui si divide l’umanità: semitica (dal nome Sem, figlio di Noè, che secondo la tradizione biblica, sarebbe stato il progenitore dei popoli orientali), camitica (da Cam, figlio di Noè che ha generato i popoli africani nord-orientali), e giapetica (da Giapeto uno dei titani della mitologia greca che ha generato i popoli occidentali). I loro nomi - Gaspare, Melchiorre e Baldassarre - sono mutuati dal vangelo apocrifo armeno e ormai sono accettati anche dalla tradizione occidentale. I doni dei Magi, invece, sono interpretati in riferimento alla duplice natura di Gesù: l’incenso per la sua Divinità, la mirra per la sua umanità, l’oro perché era un dono riservato ai re.
Gli angeli rappresentano gli esempi di creature superiori, i pastori l’umanità da redimere e infine Maria e Giuseppe, in atteggiamento di adorazione, sottolineano la regalità dell’infante.
Il Presepe, ideato da San Francesco nel 1223 a Greccio, e che Giotto ha dipinto nell’affresco della Basilica Superiore di Assisi, è essenzialmente la rievocazione del Mistero dell’Incarnazione del Verbo. Nell’attesa del Natale in famiglia, si può puntare lo sguardo interiore a Betlemme per vivere con gioia l’attesa di Gesù.
Il vischio, pianta natalizia per eccellenza, ne parlava anche Virgilio nell’Eneide, era considerata pianta divina e miracolosa, tanto che la potevano raccogliere, utilizzando un falcetto d’oro solo i sacerdoti.
L’agrifoglio e il pungitopo, considerati portatrici di fortuna, sono piante caratterizzate dalla presenza di foglie dure e spine, simbolo di forza e prevenzione contro i mali, ma secondo la leggenda le foglie spinose ricordano le spine della corona di Gesù. Le bacche rosse simboleggiano il Natale, ma ricordano anche il rosso del sangue.
Il cero natalizio rappresenta la luce, infatti nella notte di Natale arriva la luce tra gli uomini, l’avvento del Bambino Gesù.
La stella di Natale, secondo la tradizione, è stato il regalo di un bimbo a Gesù. In un lontano 25 dicembre un bambino povero entrò in Chiesa per offrire un dono al Signore, ma era talmente povero che offrì solo un mazzo di erbacce, ma su quei rametti cadde una lacrima del Bimbo che, per miracolo, si trasformò in uno splendido fiore rosso: la stella di Natale.
Anche il gioco della Tombola pare avesse origini antiche. Durante i Saturnali che precedevano il solstizio d’inverno, nell’antica Roma, si concedeva il gioco d’azzardo, proibito nel resto dell’anno. Il gioco era quindi strettamente connesso con la funzione rinnovatrice di Saturno, quindi la buona sorte del giocatore non era dovuta al caso, ma al volere della divinità.
Le sfere colorate che appendiamo all’albero pare rappresentino le risate di Gesù bambino. Infatti, un giocoliere che non aveva nulla da portare a Gesù si presentò ugualmente a mani vuote, ma volle offrire quello che meglio sapeva fare, facendo ridere Gesù Bambino, e da quel giorno si dice che le palline colorate da noi utilizzate rappresentano le risate del piccolo Gesù.
Le campane di Natale ricordano la leggenda di un bambino cieco desideroso di andare a far visita a Gesù e non avendo alcun riferimento visivo sentì da lontano il suono di una campana. Pensò si trattasse di una mucca che si trovava nella stalle del sacro neonato e seguendo quel suono, arrivò fino alla mangiatoia dove si trovava il piccolo Re.
L’Albero di Natale, inserito nel contesto religioso delle festività, è segno di pace e speranza. Si diffuse nell’Europa del Nord verso il secolo XI, ma una documentazione certa ne dà la nascita in Alsazia nel 1512. L’abete simboleggia la figura di Gesù, che rinforza e rinsalda la comunione tra Dio e l’uomo.
Buon Natale!