Libri: Caravaggio postumo di se stesso

di FRANCESCO GRECO - Mistero Caravaggio, dura da quattro secoli: i guai con la legge se li cercava o gli franavano addosso? Fumantino lo era di suo (“cattivo carattere”), e anche amante delle armi (“spade e pugnali”). Ma stava sempre nel posto sbagliato. E sì che godette la protezione di nobili e alti prelati (il Cardinal del Monte, a Roma, per cui poteva girare con la spada, ed era un privilegio di pochi), che lo aiutarono capendo il suo genio, anche se visse di stenti, e non potendosi pagare un modello, a volte usò se stesso (“Ragazzo con canestro di frutta” e “Bacchino malato”, oggi alla galleria Borghese di Roma).

Trasgressivo, spirito inquieto, nacque il giorno di San Michele (29 settembre 1571) dalle seconde nozze di Fermo Merisi, rimasto vedovo all’improvviso, nella Milano di disperati, bordelli, bische e osterie, devastata dalla peste.

Anche quella sparsa dal superstizioso cardinale Carlo Borromeo: il terrore della Santa Inquisizione. I Lumi ancora tardavano a splendere.
 
Ansioso di modernità, Michelangelo Merisi, detto Caravaggio (è il borgo rurale del bergamasco dove la famiglia si trasferì per sfuggire alla peste), incarnò il suo tempo. Nacque, come direbbe Nietsche “postumo di se stesso”, e non poteva non scontrarsi con lo spirito conservatore dell’epoca: il vento del nuovo veniva da Nord e nuovi equilibri politici si delineavano all’orizzonte.
 
La Chiesa vacillava sotto i colpi della riforma protestante avviata dal tedesco Martin Lutero, mentre incombeva il Giubileo del 1600, i papi morivano come mosche ed era pronta la pira per l’eretico Giordano Bruno e ardeva quella di migliaia di streghe.

Roma (“stava per trasformarsi in una delle più belle città del mondo”) intuì che le opere del pittori dell’epoca, che arrivavano nell’Urbe da tutta Europa (Spagna, Germania, Francia, Fiandre, Paesi Bassi), con i soggetti del Cristianesimo dei primordi, avrebbero funzionato a scopo propagandistico per “la lotta alle eresie” e per “sottolineare la supremazia universale della Chiesa”.
 
Sulle sue tracce, di città in città, fra cronaca nera e arte, dalla bottega milanese di Simone Peterzano dove 12enne impara i primi rudimenti con una retta di 24 scudi pagata dalla mamma Lucia per quattro anni, a Roma, Napoli, Malta, Siracusa, Messina, forse Palermo, ecc., a ricostruirne la breve, tormentata parabola del grande, un delizioso racconto di Paolo Jorio e Rossella Vodret, “Luoghi e misteri del Caravaggio”, Cairo Editore, Milano 2018, pp. 170, euro 13,00, cover: la “Decollazione di Giovanni Battista”, 1608, sta nella Concattedrale de La Valletta, a Malta.
 
Caravaggio aveva catturato quella luce violenta e pura che svela l’anima dell’uomo, nel suo sguardo, il passato e il futuro: oggi diremmo 3D. Ma anche vaghe tracce di Freud (“I Bari”).
 
Uomo sempre in fuga (dall’accusa di omicidio di Ranuccio Tomassoni, a Campo Marzio, il “suo” quartiere, il 28 maggio 1606, durante una partita di pallacorda, forse per un debito o per bullismo: il perdono papale non giunse mai), fascinoso, intrigante, commovente, vanitoso (si dipinse quasi in ogni sua opera), inarrivabile Caravaggio: una star del suo tempo e di tutti i tempi. La morte - che lo colse a Civitavecchia, il 18 luglio 1610, a meno di 39 anni - lo pose nell’Olimpo, fra gli immortali. Una morte ancora avvolta dal mistero, come poco si sa dei suoi resti.

Questo libro incalzante e ben scritto lo presenta con una luce vivida e aspra (la stessa della pittura del grande, che rende la sua opera “vera, viva e vitale”, “l’evolversi del suo stile era stato rapido, impetuoso…”) e ce lo fa amare ancora di più, per sempre.