di GRAZIA STELLA ELIA - Se il poeta Nicola D’Aprile potesse sapere, dall’aldilà, che la sua famiglia ne rinverdisce la memoria, ripubblicando i suoi versi, sarebbe certamente commosso e felice.
Il Professor Daniele Giancane, che già si era occupato di questo poeta autodidatta e ne aveva fatto la presentazione in Polignano nel 1984, scrive ora una pagina introduttiva e descrive l’autore soprattutto dal punto di vista umano.
“Siamo davanti ad un autentico poeta popolare, dice il critico Giancane, che non si era abbeverato alla grande letteratura e non aveva seguito corsi di studio al di là della quinta elementare, ma che, però, aveva un talento originario. Una rara capacità di utilizzo della ‘parola’, una straordinaria creatività ed una conoscenza intuitiva ma profonda del cuore umano”.
Un poeta autenticamente dialettale, che trova nel suo dialetto la lingua giusta per esprimere la propria ‘identità’.
“Il dialetto è la sua culla e il suo modo di rapportarsi al mondo” dice ancora Giancane.
Significativa è anche la pagina di Giuseppe Miccolis, l’avvocato che nel lontano 1958 presentò l’originario lavoro poetico del “poeta di Polignano al Mare”.
Nella sua Nota introduttiva si legge tra l’altro: “Il D’Aprile ha cantato cesellando con una ‘vis poetica’ veramente schietta e si è servito, in gran parte, del dialetto polignanese che, per immediatezza di immagine e profondità di saggezza, a volte è ineguagliabile”.
Entro nelle pagine poetiche, felicemente imbattendomi in un vero inno al proprio luogo natio, di cui canta col cuore la bellezza del mare, dei frutti e delle donne.
Proseguo piacevolmente nella lettura e trovo che i versi, scorrevoli e musicali, sono canzoni che, tra il serio ed il faceto, raccontano un piccolo – grande mondo popolare in quel linguaggio dialettale autentico, che si parlava circa un secolo fa.
Sfilano i vari personaggi che, descritti con bonaria ironia e una buona dose di humour, si presentano al lettore nella loro specifica umanità.
È poi la volta della descrizione di fatti quotidiani ed eventi, in versi non solo dialettali, ma anche in lingua italiana.
L’assenza del vino vissuta come un grosso problema, il Natale, la posa della prima pietra, le scimmiette del dottore, il viaggio a Ferrandina, le nozze di un amico, compere a rate, l’ape e il contadino, rimpianti e tanti altri sono i temi dei componimenti in lingua italiana.
Con lo humour che non gli manca mai, il poeta racconta fatti effettivamente accaduti, cogliendo con bravura i lati più buffi, con un giusto dosaggio di allusioni popolaresche.
I racconti, scritti in rima baciata e alternata, si leggono col sorriso sulle labbra e mettono buon umore. Molto simpatico risulta, ad esempio, il componimento di pagina 48, che è una sorta di cantilena che inneggia alla donna ed esalta la moglie.
A pagina 65 Nicola D’Aprile, con note davvero poetiche, canta la primavera, vedendola rinascere nel “canto del fringuello” e nello zirlio del “vispo tordo sull’ulivo”, nel “vecchio pero che gonfia le gemme” e nelle “formiche che escono dal chiuso”, chiudendo con questa quartina:
Vorrei gridare all’aria al cielo al vento
una canzone che non ricordo più
il mondo è una eterna gioventù
vorrei gridare all’aria al cielo al vento.
Si succedono pagine e componimenti dai temi più vari: ricordi nostalgici degli anni verdi, eventi contemporanei, viaggi memorabili con il rimpianto del tempo passato che si fa malinconia.
Ecco infine una sorta di appendice, con le poesie in dialetto, che il Professor Tommaso De Russis aveva inserito nel suo libro ‘Polignano a Mare pubblicato nel 1993.
Qui il “poeta rurale” (come amava definirsi), autodidatta nella poesia come nella musica (suonava infatti vari strumenti) viene rievocato attraverso i suoi versi dedicati a personaggi di Polignano, al figlio Giovanni, alla donna che rifiuta il pretendente, al vecchio combattente…
Si può dire che questo libro dal titolo davvero azzeccato ‘Colore e Musica’, uscito in una sobria e pur raffinata edizione fuori commercio di cento copie curata da Levante editori, evidenzia una notevole vivacità di scrittura e pertanto si legge volentieri, fruendo della traduzione che accompagna i testi.
Emergono dagli scritti di Nicola D’Aprile figure emblematiche e significative tradizioni legate ad un contesto pugliese con una spiccata fisionomia di cultura contadina qual è Polignano, dove nacque il grande Domenico Modugno.
Una nota di apprezzamento va espressa all’editore Gianni Cavalli che, con il consueto pseudonimo di Livalca, ha scritto due toccanti pagine a testimonianza che la vera amicizia, pur esigendo confidenza e discrezione, non cessa neanche con la morte.
Il Professor Daniele Giancane, che già si era occupato di questo poeta autodidatta e ne aveva fatto la presentazione in Polignano nel 1984, scrive ora una pagina introduttiva e descrive l’autore soprattutto dal punto di vista umano.
“Siamo davanti ad un autentico poeta popolare, dice il critico Giancane, che non si era abbeverato alla grande letteratura e non aveva seguito corsi di studio al di là della quinta elementare, ma che, però, aveva un talento originario. Una rara capacità di utilizzo della ‘parola’, una straordinaria creatività ed una conoscenza intuitiva ma profonda del cuore umano”.
Un poeta autenticamente dialettale, che trova nel suo dialetto la lingua giusta per esprimere la propria ‘identità’.
“Il dialetto è la sua culla e il suo modo di rapportarsi al mondo” dice ancora Giancane.
Significativa è anche la pagina di Giuseppe Miccolis, l’avvocato che nel lontano 1958 presentò l’originario lavoro poetico del “poeta di Polignano al Mare”.
Nella sua Nota introduttiva si legge tra l’altro: “Il D’Aprile ha cantato cesellando con una ‘vis poetica’ veramente schietta e si è servito, in gran parte, del dialetto polignanese che, per immediatezza di immagine e profondità di saggezza, a volte è ineguagliabile”.
Entro nelle pagine poetiche, felicemente imbattendomi in un vero inno al proprio luogo natio, di cui canta col cuore la bellezza del mare, dei frutti e delle donne.
Proseguo piacevolmente nella lettura e trovo che i versi, scorrevoli e musicali, sono canzoni che, tra il serio ed il faceto, raccontano un piccolo – grande mondo popolare in quel linguaggio dialettale autentico, che si parlava circa un secolo fa.
Sfilano i vari personaggi che, descritti con bonaria ironia e una buona dose di humour, si presentano al lettore nella loro specifica umanità.
È poi la volta della descrizione di fatti quotidiani ed eventi, in versi non solo dialettali, ma anche in lingua italiana.
L’assenza del vino vissuta come un grosso problema, il Natale, la posa della prima pietra, le scimmiette del dottore, il viaggio a Ferrandina, le nozze di un amico, compere a rate, l’ape e il contadino, rimpianti e tanti altri sono i temi dei componimenti in lingua italiana.
Con lo humour che non gli manca mai, il poeta racconta fatti effettivamente accaduti, cogliendo con bravura i lati più buffi, con un giusto dosaggio di allusioni popolaresche.
I racconti, scritti in rima baciata e alternata, si leggono col sorriso sulle labbra e mettono buon umore. Molto simpatico risulta, ad esempio, il componimento di pagina 48, che è una sorta di cantilena che inneggia alla donna ed esalta la moglie.
A pagina 65 Nicola D’Aprile, con note davvero poetiche, canta la primavera, vedendola rinascere nel “canto del fringuello” e nello zirlio del “vispo tordo sull’ulivo”, nel “vecchio pero che gonfia le gemme” e nelle “formiche che escono dal chiuso”, chiudendo con questa quartina:
Vorrei gridare all’aria al cielo al vento
una canzone che non ricordo più
il mondo è una eterna gioventù
vorrei gridare all’aria al cielo al vento.
Si succedono pagine e componimenti dai temi più vari: ricordi nostalgici degli anni verdi, eventi contemporanei, viaggi memorabili con il rimpianto del tempo passato che si fa malinconia.
Ecco infine una sorta di appendice, con le poesie in dialetto, che il Professor Tommaso De Russis aveva inserito nel suo libro ‘Polignano a Mare pubblicato nel 1993.
Qui il “poeta rurale” (come amava definirsi), autodidatta nella poesia come nella musica (suonava infatti vari strumenti) viene rievocato attraverso i suoi versi dedicati a personaggi di Polignano, al figlio Giovanni, alla donna che rifiuta il pretendente, al vecchio combattente…
Si può dire che questo libro dal titolo davvero azzeccato ‘Colore e Musica’, uscito in una sobria e pur raffinata edizione fuori commercio di cento copie curata da Levante editori, evidenzia una notevole vivacità di scrittura e pertanto si legge volentieri, fruendo della traduzione che accompagna i testi.
Emergono dagli scritti di Nicola D’Aprile figure emblematiche e significative tradizioni legate ad un contesto pugliese con una spiccata fisionomia di cultura contadina qual è Polignano, dove nacque il grande Domenico Modugno.
Una nota di apprezzamento va espressa all’editore Gianni Cavalli che, con il consueto pseudonimo di Livalca, ha scritto due toccanti pagine a testimonianza che la vera amicizia, pur esigendo confidenza e discrezione, non cessa neanche con la morte.