di PIERO LADISA - Tra le novità edite dalla casa editrice barese Wip segnaliamo Calzini neri (2018, pp. 37, € 6) di Giuseppina Boccasile. La storia descrive l'incontro tra l'autrice e alcuni alunni, che avevano frequentato l'istituto dove la stessa aveva ricoperto il ruolo di dirigente scolastico, ai quali la Boccasile racconta appunto la storia dei calzini neri - in un misto tra fantasia e triste realtà - ambientata nella città di Bari nel periodo della Seconda Guerra Mondiale. Quell'incontro segna in positivo i ragazzi, che ritrovano così la forza per ripartire da quegli insuccessi scolastici che ne avevano segnato il cammino di studio.
D. Cosa sono i calzini neri?
R. «I calzini neri sono neri per dimostrare la perdita di un caro estinto in guerra. Davanti alle case si vedevano pentoloni posti su un fuoco d'occasione. Nel momento dell'ebollizione si metteva il colorante nero e si aggiungevano i calzini neri dei bambini e gli abiti degli adulti».
D. Come è nata l'idea di pubblicare questa storia?
R. «L’idea è nata casualmente. Ero in pensione da due anni quando ho incontrato in un bar di Bari tre ex alunni della mia scuola. Non stavano attraversando un bel periodo e per tirargli su il morale ho iniziato a raccontargli una storia...».
D. Quando ha prospettato l'idea ai suoi ex alunni, come hanno reagito?
R. «I ragazzi si sono divertiti tanto e mi hanno chiesto di continuare a vederci, anche perchè io li ho spinti a fantasticare su una guerra tra calzini neri e calzini bianchi, tra la guerra e la pace. Alla fine i calzini neri hanno detto: "Anche noi eravamo bianchi e se ci mettete nella varichina diventiamo nuovamente bianchi"».
D. Le sono grati i suoi ex alunni per l'impatto che ha avuto la storia nei loro percorsi di vita professionale?
R. «Certamente gli ex alunni conoscevano già attraverso la storia locale, la storia nazionale per averla "cercata" a volte anche camminando nella città con stracci e secchi per leggere le scritte sui cippi e le lapidi. Questi ragazzi avevano partecipato alla creazione del gioco sulla storia di Bari dal 1000 al 1200; ad esempio avevano scoperto che nell'eccidio del 28 luglio 1943 era morto un maestro della scuola che frequentavano. La narrazione storica è nel loro DNA».
D. Ha nel cassetto altri racconti simili che potrebbero sfociare in una nuova pubblicazione?
R. «I miei cassetti sono pieni, ma ora mi devo impegnare di più nella formazione dei docenti perchè la storia, la filosofia e la geografia sono materie che sono state limitata nei programmi, come anche la storia dell'arte e la musica. Il noto pedagogista Giovanni Maria Bertin diceva che la società cambia se si impostano le conoscenze sull'arte che assume l'obiettivo di guardare al futuro».