LECCE - La nocività del particolato atmosferico è dovuta non solo alla composizione chimica delle particelle che lo compongono, ma soprattutto ai batteri che tali particelle possono trasportare anche per alcune migliaia di chilometri. Lo stabilisce un recente studio dell’Università del Salento, nell’ambito dell’Infrastruttura di Ricerca italiana ed europea ACTRIS e parzialmente finanziato dall’INFN, condotto da un gruppo di ricerca coordinato dalla professoressa Maria Rita Perrone, ordinario di Struttura della Materia presso il Dipartimento di Matematica e Fisica “Ennio De Giorgi”, di cui fanno parte Salvatore Romano, assegnista di ricerca presso lo stesso Dipartimento, e il professor Pietro Alifano, la ricercatrice Adelfia Talà e il dottorando Marco di Salvo del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche e Ambientali.
«I batteri hanno una dimensione di qualche millesimo di millimetro o meno», spiega la professoressa Perrone, «e hanno forme che variano dalle sfere ai cilindretti alle spirali. Essi possono essere presenti nell’aria come cellule individuali, ma molto spesso sono depositati su altre particelle come quelle provenienti dal suolo o dal mare, oppure possono essere trovati come agglomerati di molte cellule. Alcuni di questi batteri possono essere patogeni, cioè dannosi per l’uomo o per l’ambiente, e alcuni di essi contengono anche geni resistenti agli antibiotici. Abbiamo analizzato i batteri presenti in campioni di PM10 (particelle con il diametro minore di 10 millesimi di millimetro) raccolti nell’arco di sei mesi sul tetto della sede del Dipartimento di Matematica e Fisica, e abbiamo potuto osservare che la quantità e il tipo (Phylum) dei batteri raccolti era strettamente dipendente dall’avvezione delle masse d’aria che investono la penisola salentina.
Il nostro gruppo di ricerca ha già dimostrato, in diversi lavori scientifici, che le particelle di particolato presenti nell’aria del Salento sono dovute non solo al contributo delle particelle antropiche e non, di origine locale/regionale, ma anche al contributo di particelle antropiche provenienti dalle aree industrializzate del nord e dell’est dell’Europa, da particelle di origine marina provenienti dal Mar Mediterraneo e dall’Oceano Atlantico e da sabbie desertiche provenienti dal nord Africa. In accordo con tali risultati, abbiamo potuto osservare che anche la quantità e il tipo di batteri monitorati è strettamente dipendente dall’avvezione delle masse d’aria che investono la penisola salentina. In particolare, la quantità e diversità dei batteri monitorati è particolarmente elevata nei giorni in cui la penisola salentina è investita dal trasporto di sabbie dal nord-Africa. Al contrario, sia la quantità che la diversità dei batteri monitorati raggiunge valori minimi quando prevale l’avvezione di masse d’aria provenienti dall’Atlantico: in tali giorni predominano specifici Cianobatteri del genere Calothrix, potenziali produttori di cianotossine.
Lo studio ha anche dimostrato che l’avvezione di masse d’aria provenienti dal nord e dall’est dell’Europa, spesso associata a valori di PM10 piuttosto elevati, trasporta particolari gruppi di batteri psicrotolleranti (tolleranti nei confronti della bassa temperatura) e radio-resistenti appartenenti ai generi Brevundimonas, Roseomonas, Hymenobacter, Geodermatophilus e Rubrobacter», conclude la docente, «molti dei quali sono anche resistenti a elevate concentrazioni di inquinanti ambientali (metalli pesanti, policlorobifenili e idrocarburi policiclici aromatici)».
Per ulteriori informazioni è possibile contattare la professoressa Maria Rita Perrone al numero (riservato alle/ai giornaliste/i) 347 5511893
«I batteri hanno una dimensione di qualche millesimo di millimetro o meno», spiega la professoressa Perrone, «e hanno forme che variano dalle sfere ai cilindretti alle spirali. Essi possono essere presenti nell’aria come cellule individuali, ma molto spesso sono depositati su altre particelle come quelle provenienti dal suolo o dal mare, oppure possono essere trovati come agglomerati di molte cellule. Alcuni di questi batteri possono essere patogeni, cioè dannosi per l’uomo o per l’ambiente, e alcuni di essi contengono anche geni resistenti agli antibiotici. Abbiamo analizzato i batteri presenti in campioni di PM10 (particelle con il diametro minore di 10 millesimi di millimetro) raccolti nell’arco di sei mesi sul tetto della sede del Dipartimento di Matematica e Fisica, e abbiamo potuto osservare che la quantità e il tipo (Phylum) dei batteri raccolti era strettamente dipendente dall’avvezione delle masse d’aria che investono la penisola salentina.
Il nostro gruppo di ricerca ha già dimostrato, in diversi lavori scientifici, che le particelle di particolato presenti nell’aria del Salento sono dovute non solo al contributo delle particelle antropiche e non, di origine locale/regionale, ma anche al contributo di particelle antropiche provenienti dalle aree industrializzate del nord e dell’est dell’Europa, da particelle di origine marina provenienti dal Mar Mediterraneo e dall’Oceano Atlantico e da sabbie desertiche provenienti dal nord Africa. In accordo con tali risultati, abbiamo potuto osservare che anche la quantità e il tipo di batteri monitorati è strettamente dipendente dall’avvezione delle masse d’aria che investono la penisola salentina. In particolare, la quantità e diversità dei batteri monitorati è particolarmente elevata nei giorni in cui la penisola salentina è investita dal trasporto di sabbie dal nord-Africa. Al contrario, sia la quantità che la diversità dei batteri monitorati raggiunge valori minimi quando prevale l’avvezione di masse d’aria provenienti dall’Atlantico: in tali giorni predominano specifici Cianobatteri del genere Calothrix, potenziali produttori di cianotossine.
Lo studio ha anche dimostrato che l’avvezione di masse d’aria provenienti dal nord e dall’est dell’Europa, spesso associata a valori di PM10 piuttosto elevati, trasporta particolari gruppi di batteri psicrotolleranti (tolleranti nei confronti della bassa temperatura) e radio-resistenti appartenenti ai generi Brevundimonas, Roseomonas, Hymenobacter, Geodermatophilus e Rubrobacter», conclude la docente, «molti dei quali sono anche resistenti a elevate concentrazioni di inquinanti ambientali (metalli pesanti, policlorobifenili e idrocarburi policiclici aromatici)».
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