Ciao 'Gigi', avvocato degli 'ultimi'


di FRANCESCO GRECO - Se n’è andato in silenzio, con discrezione, pudore, come in fondo ha sempre vissuto. E com’è destino per tutti gli uomini “scomodi”. Luigi Renna da Racale (ma da anni abitava a Galatina), ci ha lasciati alla fine del 2018 (soffriva di disturbi cardiaci), ma nessuno se n’è accorto (come accade in un racconto dello scrittore albanese Nasho Yorgaqui): non la politica, né il sindacato, né la cultura né il mondo del lavoro.

Non per rendergli omaggio, ne sarebbe stato infastidito e poi la gratitudine non è di questo mondo, ma per scrivere la verità su quel che è accaduto appena ieri in Terra d’Otranto, al tempo dell’industrializzazione selvaggia e delle relazioni sociali da richiamo della foresta.
 
E’ stato un grande avvocato: difendeva gli “ultimi”, a costo zero, ed era una “mente” raffinata: ha scritto molto in materia di diritto del lavoro, saggi innovativi, ancorati ai tempi in tumultuoso cambiamento. In una terra dove lavoro non ce n’è e quando c’è è precario, sfruttato, tossico, sotto ricatto dei nuovi baroni, dove i diritti e le conquiste dei lavoratori nell’altro secolo sono svaporati per lasciar posto agli orrori dei call center e la jeeg-ecomic: resta solo il pupulismo, che non è una soluzione, ma un frutto avvelenato, una patologia del reale di durata effimera ma di lacerazioni irreparabili.
 
Correvano gli Ottanta e Luigi “Gigi” Renna condusse da sinistra memorabili battaglie contro i padroni delle ferriere calzaturiere, quelli che confinavano, deportavano in manovie–ghetto gli operai che osavano parlare di sindacato, rivendicare il diritto alla busta-paga non all’italiana (scritta una cifra, riscossione decurtata), alla salute, allo sviluppo sano, al futuro loro e di Terra d’Otranto e i suoi figli.
 
Orecchio da cui i padroncini delle tomaie non ci sentivano, perché privi di una cultura industriale seria, e intanto mungevano finanziamenti pubblici, anche per delocalizzare nell’Est europeo e in altri continenti dove ci sono poveri ancora più poveri e il costo del lavoro è stracciato e si possono manipolare veleni a proprio capriccio.
 
Gli stessi che, alla prima generazione, senza, si ripete, una cultura d’impresa vera e senza una classe politica che facesse formazione e magari trovasse altri brand e mercati, non poteva che fallire lasciando i vetri rotti dell’archeologia industriale. E che poi hanno interrato rifiuti tossici che si pagano oggi sotto forma di devastanti patologie che dilagano e i cui effetti sono scagliati nel tempo che verrà.
 
“Gigi” difese per anni, nei tribunali, gli operai discriminati, ridotti – con le loro famiglie - alla fame, a vivere di espedienti, spesso di carità. Ne fece reintegrare molti.
 
Riuscì a diventare consigliere provinciale del Pci, ma più in là non lo fecero andare, mentre avventurieri d’ogni risma, autoreferenziali appoggiati da altri banditi entravamo nelle istituzioni, presenza superflua, inavvertita dai territori.         
 
I tempi cambiarono: i comunisti (e successive filiazioni, Pds, Ds, Pd), divennero collo e camicia con i padroni della scarpa, i burocrati (del partito e del sindacato, Cgil) erano ansiosi di fare carriera e fecero accordi, alla luce del sole e soprattutto sottobanco. Come si dice dal Vecchio Testamento: si diedero per un piatto di lenticchie. Così gli operai, e il loro avvocato, si ritrovarono soli.
 
Cani e porci entrarono, come già detto, massicciamente nelle istituzioni (e ancora là stanno, galleggiano borderline, fra un’inchiesta e l’altra, dopo aver depredato il Salento ed essersi arricchiti), e l’avvocato degli “ultimi” aspettò invano per anni una candidatura che avrebbe meritato: al Senato, la Camera, almeno la Regione Puglia, che mai arrivò.
 
Intanto continuava a pubblicare saggi modernizzanti, scagliati nel futuro, in materia di diritto del lavoro, che entravano negli atenei.
 
Lo si incontrava di tanto in tanto, sempre più stanco e disilluso, e se il discorso scivolava alla sua mancata carriera politica, con eleganza “Gigi” lo lasciava cadere e subito parlava d’altro.
 
Snodi, lacerti, dinamiche socio-politiche-culturali della storia di Terra d’Otranto fra Novecento e Terzo Millennio che gli storici del futuro dovranno tenere nella giusta considerazione.
 
Ciao avvocato, i lavoratori che difendesti con passione, da solo, e la comunicazione libera, sana e incorrotta, che ne scriveva fra minacce di ogni specie, anche mafiose, ti saranno riconoscenti per sempre. A futura memoria.

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