Julen è morto lo stesso giorno della caduta
MALAGA - Sono i primi risultati dell'autopsia, riportati dal sito di El Mundo, che si è conclusa sabato pomeriggio nell'Istituto di Medicina Legale di Malaga. Il bimbo, evidenzia Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, è morto il giorno stesso della caduta, secondo fonti investigative. A quanto riportato dalle stesse fonti, sul piccolo Julen sono cadute pietre e altri detriti che hanno causato il trauma cranico. Il corpo è stato ritrovato con le braccia in alto e il bimbo - ha riferito il delegato del governo in Andalusia Rodriguez Gomez de Celis - è precipitato "rapidamente in caduta libera" per 71 metri.
La vicenda di Julen ha fatto ricordare, a tutti coloro che negli anni ’80 seguirono la vicenda, il dramma di Alfredino Rampi. Il bambino di 6 anni precipitò, la sera del 10 giugno 1981, in un pozzo artesiano situato lungo la via di Vermicino, in località Selotta, vicino Frascati. Dopo tre giorni di inutili tentativi per trarre in salvo il bambino, tra cui la costruzione di un pozzo parallelo e le prove di coraggio di tanti volontari che cercarono di calarsi nella cavità per raggiungere il piccolo, Alfredino morì a circa 60 metri di profondità.
I tentativi di costruzione del tunnel parallelo avevano fatto franare il terreno, facendo scivolare il corpo del bambino sempre più in profondità e rendendo drammaticamente impossibili i tentativi di speleologi e gente comune che si fecero calare nel pozzo, arrivando, come nel caso del volontario Angelo Licheri, a raggiungere il bambino senza però riuscire ad imbracarlo per trarlo in salvo. La morte presunta venne dichiarata il 13 giugno e il corpo, dopo che il pozzo era stato riempito di gas refrigerante, recuperato dopo ben 28 giorni dal giorno dell’incidente. La vicenda del bambino ebbe una immensa eco mediatica, anche grazie alla diretta non stop trasmessa dalla Rai e per la prima volta nella storia televisiva venne coniato il termine ‘tv del dolore’.
I tentativi di costruzione del tunnel parallelo avevano fatto franare il terreno, facendo scivolare il corpo del bambino sempre più in profondità e rendendo drammaticamente impossibili i tentativi di speleologi e gente comune che si fecero calare nel pozzo, arrivando, come nel caso del volontario Angelo Licheri, a raggiungere il bambino senza però riuscire ad imbracarlo per trarlo in salvo. La morte presunta venne dichiarata il 13 giugno e il corpo, dopo che il pozzo era stato riempito di gas refrigerante, recuperato dopo ben 28 giorni dal giorno dell’incidente. La vicenda del bambino ebbe una immensa eco mediatica, anche grazie alla diretta non stop trasmessa dalla Rai e per la prima volta nella storia televisiva venne coniato il termine ‘tv del dolore’.
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