di NICOLA RICCHITELLI – L’intervista di quest’oggi ci permette in qualche modo di fare un salto indietro di 365 giorni: la nostra memoria giunge quindi a Trani, in un ventoso pomeriggio del 27 gennaio 2018, quando S.E. Mons. Leonardo D’Ascenzo faceva ufficialmente il suo ingresso nell’Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie, incarico che riceveva il 4 novembre 2017, cui fece seguito l’Ordinazione episcopale avvenuta per le mani di S.E. Mons.Vincenzo Apicella, Vescovo della diocesi di Velletri –Segni nel palazzetto dello sport di Velletri.
L’accoglienza in Piazza Madre Teresa di Calcutta, la visita all’opera di carità “Dormitorio Mons. Giovan Battista Pichierri”, il saluto alle autorità civili e militari in Piazza S. Regia Udienza, quindi l’arrivo nella Chiesa di S. Giovanni per il saluto al Clero diocesano e religioso, ai diaconi, ai seminaristi e ai rappresentanti della vita consacrata e la solenne concelebrazione eucaristica per l’inizio del suo ministero pastorale nella Basilica Cattedrale.
Momenti che rivivono nelle parole di Mons.Leonardo D’Ascenzo nel giorno del primo anniversario del suo ingresso nell’Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie, e lo fa in un lunga intervista dove traccia in qualche modo un bilancio di questi primi 365 alla guida della nostra comunità.
Mons.D’Ascenzo, Le rinnovo i saluti da parte mia e da parte della redazione del Giornale di Puglia e un sentito bentornato sulle pagine virtuali del nostro giornale.
Un anno fa – era il 27 gennaio – prendeva per mano la nostra Arcidiocesi facendo il suo ingresso a Trani. Che peso ha avuto per lei quel momento?
R:«Ricordo che quella fu una giornata molto intensa, percepii ancora di più di trovarmi in una nuova condizione di vita sia dal punto di vista umano e sia pastorale. Dopo il primo contatto con la comunità ecclesiale di Trani-Barletta-Bisceglie, di cui sentii il calore e la vicinanza, in occasione della mia ordinazione episcopale il 14 dicembre a Velletri, quel giorno si realizzò il mio primo incontro diretto con la nuova realtà diocesana che il Signore aveva affidato alla mia cura di Pastore: ebbi modo di salutare i miei fratelli nel sacerdozio, i diaconi, i religiosi e le religiose, consacrati e consacrate, tantissimi fedeli laici, e le autorità della società civile. E cosa che gradii moltissimo, anche per il valore simbolico di attenzione agli ultimi e ai deboli, la visita al dormitorio intitolato al mio predecessore S. E. Mons. Giovan Battista Pichierri. Tra l’altro, ricordo che a tanti chiesi la preghiera per me e pregai tanto il Signore di darmi la sua grazia e il suo aiuto per essere padre e pastore per tutti».
R:«E’ difficile sintetizzare in poche righe la figura e l’opera di Mons. Pichierri. Man mano che passa il tempo, più mi convinco che è stato un Pastore premuroso, capace di mostrare attenzione ai diversi ambiti della vita ecclesiale fornendo nel contempo indicazioni pastorali di spessore. Ma l’eredità più significativa da lui pensata e poi portata a compimento, con l’aiuto e la collaborazione di tantissimi, è rappresentata dal “I Sinodo Diocesano” (2013-2015), di cui il Libro Sinodale, da lui promulgato il 26 gennaio 2016 ed entrato in vigore il 2 febbraio dello stesso anno, è espressione. Quando, giunto in diocesi ma anche prima, mi è stato parlato di esso ed ho potuto visionare il Libro Sinodale, ho compreso che il mio compito dovesse essere quello di dare un contributo in ordine all’applicazione nel tessuto diocesano e nella vita delle comunità ecclesiali del Sinodo Diocesano. Per questo motivo, proprio alcuni giorni fa, ho istituito un Gruppo di lavoro per lo studio del Libro Sinodale, nel cui decreto istitutivo, tra l’altro, ho scritto che il I Sinodo Diocesano ha una portata storica, va considerato come un evento di grazia per avere contribuito ad imprimere con più vigore “lo stile sinodale nell’opera di discernimento della realtà alla luce del Vangelo e trai vari gruppi, movimenti e associazioni della diocesi”. Pertanto l’istituzione di un apposito Gruppo di lavoro deve essere considerato come volere “agevolare la ricezione da parte del popolo di Dio di questa Chiesa diocesana del predetto Libro Sinodale, deducendone linee programmatiche e obiettivi concreti per l’azione pastorale”».
“Oggi gli viene affidato questo ministero e lui si fa carico di essere guida e maestro con rigore e con la sua naturale inclinazione a non scendere a compromessi”: queste sono solo alcune delle parole pronunciate nell'omelia da Mons. Vincenzo Apicella un anno fa, in occasione della sua ordinazione. Che significa guidare un’Arcidiocesi e quante le responsabilità che il Pastorale di un Arcivescovo deve affrontare?
R:«E’ un compito di grande responsabilità! La mia opera di Pastore è quella di tenere fisso lo sguardo verso il Vangelo della Carità che è Gesù Cristo e, camminando assieme con i miei diretti collaboratori, che sono i sacerdoti, e con tutto il popolo di Dio di questa Chiesa particolare, nella preghiera, studio, riflessione, confronto e testimonianza, discernere quello che il Signore ci chiede nel tempo che viviamo».
Mi permetta di soffermarmi ancora per qualche momento sulle parole dette da Mons. Apicella in occasione della sua ordinazione. Di lei disse: «E' un uomo vero che ama, dice e fa la verità…»: quanto è importante la verità nella vita di un uomo?
R:«In generale la verità è fondamentale per ogni uomo. Senza la verità soprattutto su se stessi è come navigare nel mare senza bussola! Essa è legata al senso della vita. Non può esservi verità senso avere scoperto il senso e il significato della propria esistenza. Per noi credenti la verità rimane basilare e necessaria! Essa va intercettata con le forze di cui disponiamo, ma non possiamo tutto da soli! Di qui uno dei compiti, forse tra i più complessi ed importanti, della comunità ecclesiale: quella di essere comunità del discernimento di ciò che il Signore chiede a ciascuno come persona singola e come comunità. La verità è già dentro di noi in quanto Dio ci chiama ad un progetto che è sempre ordinato al bene. Il compito educativo e formativo consiste nel fare affiorare il progetto di Dio su noi e armonizzarlo con la nostra libertà che Dio stesso non vuole intaccare e mortificare».
R:«Quella verità che ci portiamo e che deve affiorare per percepire sempre più chiaramente il progetto di bene che Dio ci propone richiede umiltà e invocazione. Si, è proprio così, bisogna porre in Dio la nostra vita e invocare da lui il dono di poter cogliere ciò che Egli ci propone. Bisogna stare attenti perché una delle tentazioni da cui possiamo essere assaliti è quella di piegare Dio ai nostri progetti! Bella la preghiera semplice e sobria: “Signore, cosa mi chiedi? Che vuoi che io faccia? Dammi il dono di poterlo capire! Fa che lungo la mia strada incontri anche chi possa darmi una mano a realizzare ciò per cui sono nato!”».
Che significa essere servitore del Vangelo di Gesù?
R:«E’ entrare nella logica di cui parlavo poco fa. Che è poi la logica dei santi che sono apparsi nella scena di questo mondo! Or ora mi sovviene la grande lezione di San Paolo, in cui vita e fede si intersecano a tal punto che egli giunse a dire “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me”».
Essere successore e raccogliere la testimonianza degli Apostoli di Gesù. Quale il peso di questa investitura?
R:«Essere successore degli apostoli innanzitutto è un dono del Signore! Gli sono grato per esso! Quando fui eletto Vescovo di Trani-Barletta-Bisceglie mi sentii chiamato dal Signore che si servi del Santo Padre Francesco. Non so perché il Signore mi abbia scelto, so solo che non avevo meriti perché potessi vantare una tale nomina. E’ un dono che non posso sciupare, ma che devo, soprattutto con la vita di preghiera, alimentare e tenere vivo perché possa essere sempre più Pastore secondo il disegno che Dio ha su di me! Un dono come servizio ad una chiesa particolare!».
Nel suo stemma è riportato il suo motto – “Messis quidem multa” – tratto dal Vangelo secondo Luca. Che peso ha per lei questa frase?
R:«Sono le parole di Gesù che, individuati altri settantadue discepoli, prima di inviarli in tutte le direzioni per predicare la Parola di Dio alle genti, rammenta loro che “La messe è molta ma gli operai sono pochi. Pregate perciò il padrone del campo perché mandi operai nella sua messe”. Nel mio motto pertanto ho desiderato esprimere uno dei tratti portanti del mio ministero sacerdotale di Arcivescovo. Essere al servizio del discernimento vocazionale di ciò che il Signore chiede alla Chiesa di Trani-Barletta-Bisceglie e di fare il possibile perché il discernimento della volontà di Dio possa essere tra le priorità in tutte le realtà educative e formative operanti in diocesi».
Nello stemma sono tra l’altro disegnati due monti di verde uscenti dalla punta, caricati di un fascio di spighe. Immagino che sia per il legame con la sua terra?
R:«Come ho avuto modo di dire in diverse occasioni, il fascio di spighe di grano, in basso, richiama il fil rouge della vita e del mio ministero, caratterizzato dall’impegno nell’ambito della pastorale delle vocazioni e rimanda alla terra di Puglia, granaio d’Italia. Al centro, le colline e la valle, sono un riferimento il mio paese natale Valmontone, città adagiata sui vari colli e valli. La stella piccola, che sovrasta il paesaggio, richiama il cielo stellato di tanti campi scuola estivi, passati in tenda, che hanno segnato la mia storia vocazionale. In alto, la stella a otto punte, richiama le beatitudini, simboleggia Gesù».
Con la nostra terra, invece, che legami è riuscito a costruire in questi 365 giorni?
R:«Questo è stato soprattutto un anno di ascolto e conoscenza della realtà diocesana che si dipana su sette centri. Ho scoperto una chiesa viva, bella, carica di entusiasmo, animata dal desiderio di lavorare per il Signore. Una terra quella del territorio diocesano che ama la Chiesa e si attende da essa tanto, dall’essere al servizio della Parola di Dio all’attenzione agli ultimi».
Nell’augurarle di vivere numerosi giorni di festa come quelli del 14 gennaio, quali saranno i punti cardini su cui imposterà la sua Azione pastorale?
R:«A chi mi chiede se abbia in mente un progetto pastorale, dico subito che, al momento, esso non c’è! Ma camminando nello stile sinodale il Signore ci farà capire quello che, dati i tempi che viviamo, sia più giusto fare e migliorare. O, per dirla con le parole di Papa Francesco, il Signore ci farà vedere quali “processi di trasformazione e rinnovamento” porre in essere!».