di DOMENICO MACERI* - “Non siamo più fessi. E nessuno ci considera fessi”. Con queste parole Donald Trump spiegava a un gruppo di soldati americani in Iraq che non possono fare le guerre degli altri senza essere ricompensati. Per l'attuale inquilino della Casa Bianca questi pagamenti includono anche “ricompense monetarie”.
Trump cercava di giustificare le ragioni per il suo annuncio di ritirare le forze armate americane dalla Siria e anche di quelle dell'Afghanistan. Nella sua campagna elettorale Trump aveva criticato il coinvolgimento militare americano in altri Paesi prendendo le distanze dalla guerra in Iraq e quella in Afganistan per le spese enormi e i minimi risultati ottenuti. Adesso da presidente ha il potere di cercare di mantenere le sue promesse.
Sfortunatamente Trump lavora di istinto e con il suo annuncio del ritiro delle truppe dalla Siria è riuscito a unificare l'establishment di destra e di sinistra nella loro opposizione. Ciononostante, l'istinto del 45esimo presidente non è completamente sballato.
Si ricorda che anche Barack Obama era stato contrario alla guerra in Iraq. Nelle primarie democratiche Obama prese le distanze dalla sua avversaria Hillary Clinton la quale aveva invece votato a favore della guerra in Iraq.
Da presidente, Obama fece del suo meglio per riportare i soldati americani a casa anche se non vi riuscì completamente. Il 44esimo presidente capì che bisognava agire con cautela perché quando l'America si isola dai punti caldi del mondo, conseguenze negative possono emergere.
Trump non sembra capire queste conseguenze basando le sue decisioni sui suoi istinti. L'annuncio del ritiro delle truppe dalla Siria, avvenuto subito dopo una conversazione telefonica con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, ha causato la dimissioni del ministro della Difesa Jim Mattis. Inoltre, l'establishment democratico e repubblicano si sono dichiarati contrari.
Favorevole invece Vladimir Putin il quale ha applaudito la mossa di Trump. L'assenza delle 2mila truppe americane dalla Siria favorisce il terreno ai russi e i loro alleati nella zona come la Turchia. Il presidente turco Erdogan è anche lui soddisfatto perché indebolisce i curdi in Siria che rappresentano un pericolo date le loro ambizioni di creare uno stato curdo indipendente nel Medio Oriente. L'assenza degli americani in effetti dà carta bianca a Erdogan ma rappresenta un pericolo per i curdi, alleati americani, che molto hanno fatto per combattere l'Isis. Svantaggiati anche altri alleati nel Medio Oriente come l'Israele e l'Arabia Saudita.
L'isolazionismo degli Stati Uniti auspicato da Trump rappresenta anche un passo falso per il resto del mondo poiché crea un vuoto che regimi autoritari saranno ben contenti di riempire specialmente la Russia ma anche la Cina. Inoltre manda un segnale ad altri Paesi che guardano all'America come leader e vedono invece un colosso che si rifiuta di contribuire alla stabilità globale.
Ciononostante il ritiro delle truppe americane in alcuni luoghi come l'Afghanistan non sarebbe una grossa perdita poiché manca una vera strategia per risolvere la situazione in quel martoriato Paese. Non si tratta di completare un vittoria militare ma di creare una stabilità politica in una nazione i cui problemi millenari non saranno risolti da forze armate americane. Innestare un sistema politico democratico è quasi impossibile. Trump non ha dunque tutti i torti. Paradossalmente in questo senso la sinistra americana è d'accordo con lui vedendo le due guerre in Iraq e Afghanistan come disastri che hanno fatto poco oltre ad aumentare il potere dell'Iran data la loro vicinanza religiosa con l'Iraq.
Se l'istinto di Trump di ritirare le truppe americane dalla Siria e l'Afghanistan appare positivo la sua implementazione si deve scontrare con la realtà basica. Trump ha detto che l'America ha sconfitto l'Isis e quindi le truppe americane possono ritornare a casa. L'Isis però è stato sconfitto solo dal punto di vista militare poiché ha perso la stragrande maggioranza del territorio che controllava. L'ideologia del terrorismo dell'Isis rimane però una costante minaccia che potrebbe colpire in qualsiasi momento. Non si tratta dunque di celebrare la sconfitta militare dell'Isis che era scontata in partenza. Per sconfiggere il terrorismo, però, la strada è lunga ma Trump non sembra avere nessun'idea sul come farlo.
Riportare i soldati a casa da alcuni Paesi però dovrebbe fare ripensare al ruolo dell'America nel mondo. Trump però si interessa solo superficialmente al governo. La soluzione ai problemi mondiali richiede pazienza e diplomazia anche se la forza militare può ovviamente fare parte di una strategia politica internazionale. Obama lo aveva capito. L'accordo sul nucleare con l'Iran, che l'ex presidente americano era riuscito ad approvare, intendeva ridurre la possibilità di proliferazione nucleare nel Medio Oriente. Il 44esimo presidente intendeva altresì incanalare l'Iran a fare parte in futuri negoziati per stabilizzare il Medio Oriente. Sfortunatamente Trump ha fatto un passo indietro revocando l'accordo firmato dagli iraniani anche se gli altri Paesi firmatari continuano a seguirlo. In questo caso si è trattato di un istinto sbagliato. L'isolazionismo americano auspicato da Trump riflette anche un altro istinto errato che rende gli Stati Uniti meno sicuri ma allo stesso tempo fa il gioco di Putin, lasciandogli spazi più ampi per la sua politica di espansione globale.
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Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.
Trump cercava di giustificare le ragioni per il suo annuncio di ritirare le forze armate americane dalla Siria e anche di quelle dell'Afghanistan. Nella sua campagna elettorale Trump aveva criticato il coinvolgimento militare americano in altri Paesi prendendo le distanze dalla guerra in Iraq e quella in Afganistan per le spese enormi e i minimi risultati ottenuti. Adesso da presidente ha il potere di cercare di mantenere le sue promesse.
Sfortunatamente Trump lavora di istinto e con il suo annuncio del ritiro delle truppe dalla Siria è riuscito a unificare l'establishment di destra e di sinistra nella loro opposizione. Ciononostante, l'istinto del 45esimo presidente non è completamente sballato.
Si ricorda che anche Barack Obama era stato contrario alla guerra in Iraq. Nelle primarie democratiche Obama prese le distanze dalla sua avversaria Hillary Clinton la quale aveva invece votato a favore della guerra in Iraq.
Da presidente, Obama fece del suo meglio per riportare i soldati americani a casa anche se non vi riuscì completamente. Il 44esimo presidente capì che bisognava agire con cautela perché quando l'America si isola dai punti caldi del mondo, conseguenze negative possono emergere.
Trump non sembra capire queste conseguenze basando le sue decisioni sui suoi istinti. L'annuncio del ritiro delle truppe dalla Siria, avvenuto subito dopo una conversazione telefonica con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, ha causato la dimissioni del ministro della Difesa Jim Mattis. Inoltre, l'establishment democratico e repubblicano si sono dichiarati contrari.
Favorevole invece Vladimir Putin il quale ha applaudito la mossa di Trump. L'assenza delle 2mila truppe americane dalla Siria favorisce il terreno ai russi e i loro alleati nella zona come la Turchia. Il presidente turco Erdogan è anche lui soddisfatto perché indebolisce i curdi in Siria che rappresentano un pericolo date le loro ambizioni di creare uno stato curdo indipendente nel Medio Oriente. L'assenza degli americani in effetti dà carta bianca a Erdogan ma rappresenta un pericolo per i curdi, alleati americani, che molto hanno fatto per combattere l'Isis. Svantaggiati anche altri alleati nel Medio Oriente come l'Israele e l'Arabia Saudita.
L'isolazionismo degli Stati Uniti auspicato da Trump rappresenta anche un passo falso per il resto del mondo poiché crea un vuoto che regimi autoritari saranno ben contenti di riempire specialmente la Russia ma anche la Cina. Inoltre manda un segnale ad altri Paesi che guardano all'America come leader e vedono invece un colosso che si rifiuta di contribuire alla stabilità globale.
Ciononostante il ritiro delle truppe americane in alcuni luoghi come l'Afghanistan non sarebbe una grossa perdita poiché manca una vera strategia per risolvere la situazione in quel martoriato Paese. Non si tratta di completare un vittoria militare ma di creare una stabilità politica in una nazione i cui problemi millenari non saranno risolti da forze armate americane. Innestare un sistema politico democratico è quasi impossibile. Trump non ha dunque tutti i torti. Paradossalmente in questo senso la sinistra americana è d'accordo con lui vedendo le due guerre in Iraq e Afghanistan come disastri che hanno fatto poco oltre ad aumentare il potere dell'Iran data la loro vicinanza religiosa con l'Iraq.
Se l'istinto di Trump di ritirare le truppe americane dalla Siria e l'Afghanistan appare positivo la sua implementazione si deve scontrare con la realtà basica. Trump ha detto che l'America ha sconfitto l'Isis e quindi le truppe americane possono ritornare a casa. L'Isis però è stato sconfitto solo dal punto di vista militare poiché ha perso la stragrande maggioranza del territorio che controllava. L'ideologia del terrorismo dell'Isis rimane però una costante minaccia che potrebbe colpire in qualsiasi momento. Non si tratta dunque di celebrare la sconfitta militare dell'Isis che era scontata in partenza. Per sconfiggere il terrorismo, però, la strada è lunga ma Trump non sembra avere nessun'idea sul come farlo.
Riportare i soldati a casa da alcuni Paesi però dovrebbe fare ripensare al ruolo dell'America nel mondo. Trump però si interessa solo superficialmente al governo. La soluzione ai problemi mondiali richiede pazienza e diplomazia anche se la forza militare può ovviamente fare parte di una strategia politica internazionale. Obama lo aveva capito. L'accordo sul nucleare con l'Iran, che l'ex presidente americano era riuscito ad approvare, intendeva ridurre la possibilità di proliferazione nucleare nel Medio Oriente. Il 44esimo presidente intendeva altresì incanalare l'Iran a fare parte in futuri negoziati per stabilizzare il Medio Oriente. Sfortunatamente Trump ha fatto un passo indietro revocando l'accordo firmato dagli iraniani anche se gli altri Paesi firmatari continuano a seguirlo. In questo caso si è trattato di un istinto sbagliato. L'isolazionismo americano auspicato da Trump riflette anche un altro istinto errato che rende gli Stati Uniti meno sicuri ma allo stesso tempo fa il gioco di Putin, lasciandogli spazi più ampi per la sua politica di espansione globale.
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Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.