LECCE - Cassa integrazione di nuovo in salita a Lecce e provincia. Nel mese di febbraio, sono state autorizzate 133.833 ore, il 35 per cento in più rispetto a gennaio. Lo rileva il nuovo rapporto mensile elaborato dalla Uil – Servizio Politiche del Lavoro sulla base dei dati Inps. Le richieste riguardano esclusivamente la cig ordinaria, che nel primo mese dell’anno registrava 98.995 ore autorizzate. Invariata la situazione della cassa integrazione in deroga, ciò per effetto della cessazione dell’ammortizzatore: le poche ore richieste a livello nazionale derivano da un residuo degli anni precedenti.
Il quadro diventa ancor più preoccupante se si cumulano le ore autorizzate nel primo bimestre dell’anno: ben 232.828 ore contro le 156.232 registrate nel bimestre gennaio-febbraio del 2018, con un incremento pari al 49 per cento. Il dato provinciale è linea con quello regionale (+150%) e nazionale (+9,4%).
“L’aumento del ricorso agli ammortizzatori sociali evidenzia, ancora una volta, il persistere della sofferenza del nostro tessuto produttivo e conferma le nostre preoccupazioni su una ripresa economica ancora molto timida e instabile”, commenta il segretario generale della Uil di Lecce, Salvatore Giannetto. “Servono interventi urgenti e concreti – aggiunge - che riportino al centro dell’agenda politica-amministrativa il tema del lavoro, a cominciare dallo sblocco dei tanti cantieri fermi che potrebbero dare una boccata d’ossigeno alle nostre imprese e ai lavoratori, sostenendo lo sviluppo di un Salento altrimenti condannato a un cronico isolamento”.
Rispetto al primo bimestre del 2018, a livello pugliese, le richieste di cassa integrazione aumentano nel settore industriale (+261%) e nell’edilizia (+9,5%), a fronte di una flessione nel commercio (-68,8%). Il rapporto Uil stima ben 18mila posti di lavoro salvaguardati in Puglia nel periodo gennaio-febbraio (contro i 7mila dello stesso bimestre del 2018). “Ciò solo grazie a uno strumento che, potrebbe, se migliorato e adattato alle esigenze specifiche e nuove dei diversi settori, garantire la conservazione di un più alto numero di posti di lavoro, scongiurando l’uscita di lavoratori non sempre facilmente ricollocabili in un mercato del lavoro ancora statico”, conclude Giannetto.