C’era una volta… 'Fiabe e leggende' di Herman Hesse

di FRANCESCO GRECO - Sul molo, una sera, il vecchio Cecco iniziò a raccontare… una storia vecchissima, che parla di una bella dama, di un nano, di una pozione magica, di fedeltà e di infedeltà, di vita e di morte… (“Il nano”, 1903).  
  
Chi ha amato “Demian” (1919), “Siddharta” (1922) e “Il lupo della steppa” (1927), e considera Herman Hesse (1877-1962) uno scrittore-cult, parte del dna fondante della formazione dell’identità europea, ritroverà tutto il suo mondo magico e delirante in “Fiabe e leggende”, Piano B Edizioni, Prato 2019, pp. 190, euro 13,00 (Collana La Mala Parte). 
  
Che, essendo antecedenti alle sue opere più note, possono essere considerate “laboratorio”, prosa di formazione, prove di uno stile che poi muterà con le fasi della vita dello scrittore, contaminandosi con la psicoanalisi e le filosofie orientali, introspettive, di ricerca parossistica di se stessi, del senso, del mistero, dell’umano-divino.
   
Se i luoghi delle fiabe sono non-luoghi (per citare Marc Augè) rarefatti, metafisici, quelli di Hesse (Premio Nobel 1946) sono popolati da creature eteree ma ben ancorate al mondo reale: un cordone ombelicale definito, quasi edipico. 

In fondo la sua è la patria di Hegel, Schopenauer e Nietsche, oltre che di Goethe, Schiller e Beethoven.
   
In via Mostacker abitava una giovane donna, che in seguito a una disgrazia aveva perso il marito dopo il matrimonio… Accanto alla povera Elisabeth viveva un vecchietto, che raramente usciva di casa, un uomo piccolo e grigio… (“Augustus”, 1913).     
  
Queste “Fiabe e leggende” annunciano in nuce uno degli scrittori più letti e amati di sempre, i suoi long-seller contengono al nucleo più intimo quel mood di contemporaneità e aderenza all’animo umano e al divenire del mondo e la vita che hanno consegnato Hesse all’immortalità.

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